L'industria della solidarietà (M.Meti) Siamo l'unico paese al mondo che dedica quasi ogni programma televisivo e quasi ogni manifestazione pubblica, alla cosidetta "solidarietà". La parola indica una raccolta di fondi, per azioni che una volta venivano chiamate di carità o beneficienza. La solidarietà che i cittadini forniscono coi loro soldi
è prima di tutto diretta a coloro che organizzano queste
raccolte di fondi. E' rarissimo che i portatori del bisogno ricevano
più del 20% dei fondi raccolti. Circa l'80% del ricavo (salvo
eccezioni: in qualche caso va quasi tutto ai bisognosi, in altri
casi non va nulla) viene speso per l'organizzazione della raccolta,
il che significa anzitutto per gli stipendi o le prebende dei promotori.
L'Italia è il solo Paese al mondo ad aver fatto della beneficienza
un' industria. La solidarietà non solo fornisce posti di
lavoro, ma anche un discreto potere a chi controlla le organizzazioni
promotrici. I capi di questi enti vengono ospitati in televisione
come "maestri di pensiero", vendono libri, diventano addirittuta
consulenti di ministri e assessori. Naturalmente, nella veste di
opinionisti e consulenti, puntano a fare in modo che lo Stato e
le Regioni regalino sempre di più soldi e potere alla loro
organizzazione di "solidarietà". L'Italia è uno dei Paesi del mondo in cui i cittadini sono più gravati dalle tasse. Lo Stato si sforza di far accettare ai cittadini il salasso fiscale, dichiarando a gran voce che i prelievi servono a finanziare, oltre al resto, la sanità, la cultura, l'università, le politiche assistenziali. Poi non passa ora senza che i cittadini vengano sollecitati a versare un obolo per la ricerca medica, per il restauro dei monumenti, per il sostegno a certe disabilità. Pur essendo i primatisti del mondo in fatto di prelievo delle tasse, gli italiani scoprono che la metà dei servizi pubblici dipende dall'elemosina che i volonterosi elargiscono tramite sms. Tutto ciò serve a garantire il lavoro a migliaia di sedicenti ma finti "volontari", e a fornire potere ad un intero ceto cresciuto all'ombra della solidarietà. Ma è utile anche ad una miriade di cialtroni che scrivono libri che nessuno comprerebbe se non fossero "per finanziare le scuole dei bambini brasiliani"; che recitano o cantano in spettacoli dove nessuno li chiamerebbe e che nessuno pagherebbe, se non fosse per "aiutare le donne indiane". Insomma, la solidarietà è anche un sostegno alla carriera di sedicenti e variopinti artisti. E i veri volontari? Il carrozzone della solidarietà prende in giro il pubblico, illude i bisognosi, e sfrutta i veri volontari. Coloro che gratuitamente, senza nulla in cambio (nè soldi, nè notorietà, nè potere), forniscono un aiuto a chi ha bisogno, finiscono per essere il mezzo per gli affari ed il potere degli imprenditori della beneficienza.
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