La Guerra come fatto economico di Sbancor | |
Un'analisi dei debiti americani, pubblici e privati
e delle strategie per uscire dalla crisi. "Le cifre dellincubo
americano si possono facilmente estrarre da una serie di siti disponibili
sulla rete. Ma lincubo prende forma solo quando a questi dati
si cerca di dare un senso e una successione logica. Questo, in poche
parole, è il mio mestiere. Ed ecco allora che le cifre, accumulate
con solerte minuzia da schiere di ossequienti contabili assumono i
cupi toni propri alle guerre. A dimostrazione che la guerra nella
attuale situazione è parte essenziale delleconomia degli
scambi, non una sua temporanea sospensione, causa militari, ma la
sua ovvia continuazione, con altri mezzi".
Dunque, la crisi in America scoppia nel Marzo 2001. E in quel mese
che in principali indicatori delleconomia reale cominciano a
flettere. Dalla produzione industriale alla crescita del P.I.L. Ma
il vero crollo della Borsa avviene allinizio di settembre 2001.
Pochi giorni prima dell 9/11. Ovviamente il P.I.L. americano, gonfiato dalla spesa militare crescerà intorno al 3,3 % . Di questo incremento, l1,75 circa è dovuto alla spesa militare, che viaggia oltre circai 400 miliardi di dollari lanno ed il resto dallaumento dei consumi. Il bello è che sia la spesa pubblica, sia i consumi, sono finanziate con debito. Debito pubblico e credito al consumo sono infatti i due motori finanziari della ripresa americana. Il debito pubblico americano è arrivato sopra i 3.340 miliardi di dollari, di cui circa il 40% collocato sui mercati internazionali (era solo il 17% nel 1982) . Il credito al consumo è arrivato al circa il 26% delle entrate personali, i mutui immobiliari sono arrivati a circa 850 miliardi di dollari. Fra i principali creditori del debito americano figurano i paesi asiatici, Giappone e Cina in testa, per circa il 40% del totale debito estero. Linfluenza dei paesi OPEC si è ridotta al 2%, segno di massicci disinvestimenti negli ultimi anni. Ora, nonostante il dollaro debole, nel II° trimestre del 2003 i flussi di entrata di capitali finanziari in America sono aumentati, fino a raggiungere i 959 miliardi di dollari, più di quanti ne entravano nel 2000, quando la bolla di Wall Street non era ancora scoppiata. Limpero dunque continua a drenare risorse dal resto del mondo per finanziare una bilancia commerciale in deficit cronico e i molti debiti di Stato e cittadini. Il problema è: fino a quando questo precario equilibrio potrà reggere la discesa del dollaro? Lultimo G7 a Dubai ha decretato che non è il dollaro a scendere (come avvenne invece nellaccordo del Plaza degli anni 80) ma sono le altre monete a doversi rivalutare. Prima fra tutti lo yuan Cinese. apprezzabile ipocrisia di banchieri centrali: "non sono io ad essere debole, sono gli altri ad essere forti". Tutti i giorni, sui mercati, avviene però che yuan e yen non
si rivalutino quanto gli Euro. Così, per ora, grazie allidiozia
delle burocrazie finanziarie della Unione Europea è leuro
che si apprezza a fronte del dollaro: da 0,85, nel momento di massima
forza del dollaro, a 1,17 di questi giorni. Oltre il 37% di apprezzamento.
Quel che si dice una moneta forte. Peccato che il mercato si metta
in movimento solo nel pomeriggio, quando apre Wall Street. Segno inequivocabile
che è il dollaro che scende, non leuro che sale. Insomma
lAmerica sta svalutando la sua moneta, migliorando quindi lappeal
del suo export e, contemporaneamente, ridimensionando il suo debito
estero, ovviamente denominato in dollari. Fino a quando potrà
farlo, senza provocare una fuga dal dollaro, disastrosa sia per Wall
Street sia per i Treasury Bonds? La mia banale risposta è che
potrà farlo finché la produttività in America
sarà superiore a quella di tutti gli altri paesi. Schumpeter
annoverava linnovazione tecnologica fra le cause della crisi.
E la crisi made in U.S.A. è certamente dovuta al
fatto che agli incrementi di produttività non ha fatto seguito
un aumento della produzione, la domanda, cioè, non ha seguito
lofferta e quindi si è diffusa una tendenza deflazionistica,
diminuzione diffusa dei prezzi, soprattutto nei settori high tech.
Ma, come diceva Heidegger, dove cresce il pericolo, cresce anche
ciò che salva. E ora gli americani stanno usando il tono
deflazionista del loro mercato, per poter aumentare spesa pubblica
e svalutare la propria moneta, senza rischiare un inflazione. Cosa
che noi europei, con industrie obsolete e a bassa produttività
non possiamo mai permetterci. God bless America. |
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