Teorie, tecniche ed esperienze nei processi di verifica e valutazione dei Servizi e Progetti Immateriali
UNA COSTELLAZIONE DI STRUMENTI PER LA QUALITÀ SOCIALE: LA PROPOSTA DI IMPRESA A RETE di Cristina Galliera

Oggetto nel tempo a progressiva formalizzazione, il modello di bilancio sociale
sviluppato nell’ambito di Impresa a Rete da Pares, piccola società cooperativa aderente
al Consorzio Lavorint, ha trovato finora applicazione in numerosi interventi formativi e
consulenziali rivolti a cooperative sociali di tipo A e B, associazioni e consorzi del
territorio nazionale. In questa sede verrà descritto il modello nella sua architettura e
razionalità complessiva di funzionamento, evidenziandone le peculiarità rilevanti.

IL BILANCIO SOCIALE COME STRUMENTO DI UNA COSTELLAZIONE DI STRUMENTI
Caratteristica fondamentale del modello è quella di concepire la rendicontazione
sociale come una costellazione o circolo di strumenti che, seppur implementabili in
maniera autonoma, rappresentano le fasi rappresentano le fasi necessarie alla costruzione del bilancio sociale, in quanto aiutano le organizzazioni a stabilire basi complete ed articolate di valutazione sociale (fig. 1).

Il concetto di bilancio sociale è, quindi, declinabile nel modello sia per indicare in senso
estensivo l’insieme di tutti i documenti/strumenti propedeutici alla redazione e diffusione finale del bilancio sociale vero e proprio, alcuni con funzioni di analisi (mappa degli stakeholder), altri di orientamento (politica della qualità, mission, carta etica), altri ancora di comunicazione (rapporto sociale); sia per intendere in senso intensivo e circoscritto le attività di contabilità sociale (quale raccolta e archiviazione incrementale di indicatori) e di riclassificazione di dati economici (conto economico a valore aggiunto) necessarie a costruire l’ossatura informativa del bilancio sociale come documento rendicontativo.

LA METODOLOGIA DI LAVORO PARTECIPATA
Secondo il modello, l’elaborazione del bilancio sociale non dovrebbe avvenire in maniera né verticistica né esternalizzata, ma attraverso un percorso di lavoro che, seppur supportato dalla dirigenza, dagli organi di governo dell’organizzazione ed eventualmente coadiuvato da consulenti esterni, dovrebbe garantire un’adeguata partecipazione di tutti gli stakeholder. Per questo è essenziale la costituzione di un gruppo di lavoro il più possibile rappresentativo dei vari settori dell’organizzazione (dirigenti, responsabili amministrativi, coordinatori di servizi ed operatori, soci, volontari, ecc.).
Compito del gruppo è lavorare alla costruzione degli strumenti, mantenendo comunque modalità di interlocuzione con la restante base sociale e la più vasta platea di stakeholder esterni, per evitare che la scrittura (di norma annuale) del bilancio si riduca ad un mero atto amministrativo ed autoreferenziale. Non è escluso, benché gli esempi siano ancora limitati, che anche rappresentanti di stakeholder esterni (utenti, committenti, reti non profit, ecc.) possano prendere parte al gruppo già nella fase di ideazione del bilancio sociale.

QUALI PASSI PER REALIZZARE IL BILANCIO SOCIALE?
1. Il piano di lavoro

Primo passo del gruppo di lavoro è l’elaborazione della politica del bilancio sociale, un documento programmatico in cui si fissano ed illustrano le motivazioni e gli obiettivi che hanno spinto l’organizzazione alla stesura del bilancio sociale, i tempi, le risorse, le modalità secondo cui essa intende operare. Tutta la costellazione ruota attorno a quest’ipotesi di lavoro, che svolge una funzione orientativa e di verifica del percorso sia per il gruppo di lavoro che per i destinatari finali del bilancio: se posta in apertura (come dichiarazione del Consiglio di amministrazione e nota metodologica), la politica del bilancio sociale può fungere da agile chiave di lettura del documento nei suoi aspetti contenutistici e metodologici (fig.2).

2. L’adozione di un approccio multi – stakeholder
Chiarite le premesse generali, il punto di partenza effettivo per la stesura del bilancio sociale è costituito dalla mappa degli stakeholder, una sorta di raffigurazione dell’ambiente sociale in cui l’organizzazione è inserita ottenuta identificando e classificando tutti quei gruppi o individui con cui essa interagisce in modo significativo. Ragionare sulla rete di relazioni tracciata dalla mappa dovrebbe permettere di chiarire quali sono i bisogni conoscitivi degli stakeholder e gli impegni di responsabilità sociale dell’organizzazione nei loro confronti, che proprio le informazioni del bilancio sociale dovrebbero soddisfare e verificare. È evidente che un tale ragionamento attorno alla mappa non può che giovarsi di un confronto diretto con gli stakeholder, che dovrebbero poter esprimere direttamente le proprie aspettative.
La costruzione del bilancio sociale nella prospettiva multi-stakeholder suggerita dal modello, invita, quindi, a considerare gli stakeholder secondo tre modalità:

(1) come destinatari del bilancio sociale, a tal punto da modulare, a secondo delle loro
attese conoscitive, forma, contenuto e modalità di comunicazione del documento stesso;
(2) come base di rendicontazione, nel senso che a ciascun stakeholder individuato dalla
mappa possono associarsi in sede di bilancio sociale una o più aree tematiche su cui
produrre valutazione;
(3) come attori da coinvolgere nel processo, individuando modalità con cui gli stakeholder possano partecipare direttamente nelle fasi di elaborazione del bilancio, aldilà della semplice diffusione finale dei risultati.
Tutto questo perché, se l’organizzazione si considera effettivamente al centro di un crocevia di scambi fra una pluralità di portatori di interessi diversi (multistakeholder), essa dovrebbe prendere in considerazione i bisogni e le aspettative dei propri interlocutori, assumendoli come punti di riferimento nei processi decisionali.
Realizzare processi di rendicontazione sociale partecipati comporta, tuttavia, attivare risorse e competenze non sempre disponibili o vincere resistenze all’apertura; per questo il modello consiglia un approccio graduale di attivazione degli stakeholder che parta dalla consultazione di alcuni gruppi più rilevanti e disponibili per muovere verso il loro coinvolgimento diretto in seno al gruppo di lavoro.

3. La fissazione di obiettivi e di valori
Se per valutare l’utilità sociale prodotta è necessario adottare il punto di vista dei soggetti che beneficiano o sono danneggiati dalle attività dell’organizzazione, un passaggio non meno rilevante è quello che aiuta a chiarire, attraverso una dichiarazione di missione ed una carta etica, rispettivamente le finalità ultime che l’organizzazione si pone ed i valori alla base delle sue scelte e dei suoi comportamenti. Data l’elevata arbitrarietà di giudizio nel campo della rendicontazione sociale che porta le organizzazioni spesso a pubblicare documenti inventariali, dove tutto ciò che è citato è positivo, oppure a rimettersi al giudizio pur sempre soggettivo di esperti esterni, solo la presenza di questi strumenti orientativi rende l’agire dell’organizzazione valutabile proprio alla luce degli obiettivi e dei valori che essa dichiara di perseguire.
Il bilancio sociale si dimostra, quindi, nel modello come uno strumento di misurazione di coerenza fra impegni/principi enunciati nella mission e nella carta etica, e fatti gestionali, mentre la rendicontazione sociale diventa la trattazione numerica e verbale, attraverso opportuni indicatori, della misura di questa concordanza. Solo così il bilancio sociale permette agli stakeholder di capire quali obiettivi di missione e criteri etici l’organizzazione abbia rispettato oppure no.

4. Dal piano delle intenzioni al piano delle azioni
Nella logica del modello la presenza dei primi tre strumenti del ciclo (mappa, mission e carta etica) facilita, quindi, il percorso di bilancio sociale, che però può non esaurirsi in essi: come l’organizzazione può decidere, tenendo fisso il piano degli stakeholder, di rendere conto su obiettivi centrali della mission o temi critici della carta etica, può altresì identificare altri temi sociali rilevanti su cui produrre rendicontazione (ad es. tratti da leggi, statuti o regolamenti interni, protocolli di intesa, contratti, ecc.).
Da qui il senso di un bilancio sociale “estensivo” per indicare una rendicontazione che si produce di volta in volta su elementi né rigidi né immutabili nel tempo. Come certi temi possono scomparire così altre variabili inserirsi nel mutevole sistema di relazioni fra l’organizzazione e gli stakeholder, per cui se mission e carta etica sono strumenti orientativi costantemente aggiornati così da enunciare quali obiettivi e criteri operativi l’organizzazione s’impegna a perseguire nelle relazioni con gli stakeholder, allora il bilancio sociale può essere uno strumento di valutazione sempre attuale ed efficace non solo per rendere conto dei risultati raggiunti alla luce delle intenzioni dichiarate, ma anche per progettare e definire linee future d’azione.
Il modello sviluppato in Impresa a Rete, intende, quindi, il bilancio sociale non solo come strumento primario di comunicazione verso gli stakeholder circa i risultati raggiunti sotto il profilo sociale, ma anche come strumento di governo che permette all’organizzazione di valutare, programmare e pianificare di anno in anno le proprie strategie in funzione degli obiettivi e dei valori sociali in cui si riconosce.

5. Governare e comunicare
La potenzialità gestionali del bilancio sociale si accentuano anche grazie alla connessione fra dati economici e informazioni sociali prevista dal modello attraverso il richiamo in seno al bilancio sociale del conto economico riclassificato secondo il valore aggiunto.2 Mostrare come l’organizzazione produce ricchezza e la distribuisce ai suoi interlocutori, pur non essendo un indicatore diretto del grado di benessere sociale indotto sugli utenti, permette di leggere nella performance economica elementi di socialità, tanto più che il valore aggiunto rappresenta una forma di ricchezza socializzata più affine alla logica non privatistica e utilitaristica dell’organizzazione non profit.
Nonostante le connessioni sotto il profilo gestionale, il bilancio sociale rimane, tuttavia, un potente strumento di comunicazione rivolto agli stakeholder. Per questo motivo, tenendo presente la difformità dei destinatari in termini di competenze, conoscenze ed interessi, il modello traccia una distinzione tra la produzione di un bilancio sociale più tecnico e corposo, ed uno o più rapporti sociali, più sintetici e leggeri, maggiormente fruibili per gli interlocutori. Anche se la proposta di un rapporto sociale come selezione semplificata di dati indirizzata a determinati interlocutori può sembrare rischiosa nell’idea che l’impresa tenti di celare informazioni negative e deludenti, in realtà tale distinzione è nata per sottolineare come non tutti gli strumenti di comunicazione sociale (volantini, brochure, relazioni, ecc.) siano “vendibili” come bilanci sociali. Se si vuole affiancare al bilancio sciale un documento di più facile lettura, è necessario comunque che i dati di partenza siano rispettati e che la selezione delle voci rispecchi le attese informative degli interlocutori e non le pretese comunicative dell’organizzazione. Il rapporto sociale, come selezione semplificata di dati del bilancio sociale indirizzata agli stakeholder, chiude così il ciclo di rendicontazione sociale ed apre a quello successivo, nella misura in cui l’organizzazione saprà fare tesoro - in sede di diffusione dei risultati - dei ritorni, dei suggerimenti e delle critiche provenenti dai propri interlocutori.

Bibliografia
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