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Il ciclo di vita delle comunita' virtuali

 

Come nasce ed evolve (in via teorica) una comunita’ virtuale

Costruire una comunita’ su Internet non e’ cosa da poco; servono tempo, energie, passione, interesse, e anche un po’ di fortuna. Il dispendio di risorse spesso e’ invisibile ai partecipanti della comunita’, che possono beneficiare di un ambiente loro consono, e usufruire delle risorse messe in condivisione grazie anche all’impegno di chi crea e gestisce la comunita’ virtuale.

E’ gia’ difficile e impegnativo essere un buon "comunitario", uno di quelli attivi e partecipi, interessato alla vita della comunita’, per i benefici di conoscenza condivisa che ne possono derivare. Si parla forse poco di quello che dovrebbe fare un partecipante ad una qualunque comunita’ virtuale, sia essa un forum, un newsgroup, una mailing list, una chat, un MUD o qualunque altra forma; ma probabilmente la democrazia della rete consente anche a chi non e’ perfettamente "educato" di far parte di una comunita’, salvo poi esserne escluso alla prima infrazione e scorrettezza.

Non serve dunque stabilire a priori cosa deve fare chi partecipa alla comunita’, ma esistono alcuni consigli condivisi che ogni creatore di comunita’ dovrebbe avere presente perché la sua "impresa" funzioni al meglio:

    • cercare di rendere partecipi nella comunita’ le persone piu’ eterogenee, che naturalmente condividano lo stesso interesse per l’argomento trattato o per la "mission" della comunita’

    • lasciare che gli utenti dirimano le loro questioni, nei limiti dell’educazione, senza intervenire troppo spesso

    • fornire una memoria "istituzionale", un archivio che sia facilmente consultabile da chiunque

    • promuovere la continuita’, con interventi appropriati al momento giusto, sollecitando continuamente la condivisione di conoscenze

    • mettere di tanto in tanto i partecipanti di fronte ad una domanda, una questione che li interessi, che stimoli il loro intervento e li porti a confrontarsi con un problema o un argomento nuovo, tra di loro e con sé stessi.

Lo scopo di tutte le comunita’ che si creano a diverso titolo sulla rete e’ quello di consolidare relazioni interpersonali e scambi di conoscenze non di tipo broadcasting (che irradiano cioe’ da una fonte unica a molti utilizzatori), ma di tipo diffuso e narrowcasting (in cui piu’ persone scambiano opinioni e intrecciano "conversazioni" su argomenti di interesse per la comunita’).

Ci sono tre cose essenziali per ottenere risultati positivi dalla presenza (a qualunque titolo) sulla rete: cooperazione, insegnamento, comunita’. Tutte e tre sono correlate; Internet non e’ una autostrada dell’informazione, e questo l’avevamo gia’ capito da qualche tempo. La radio e la televisione sono autostrade dell’informazione, visto che da questi mezzi una élite "elargisce" messaggi alle masse. Internet e’ al contrario una rete, in cui ciascuno cerca di attirare differenti visitatori che vogliono imparare qualcosa; l’enfasi e’ sulla conoscenza e sulla sua condivisione, visto che di solito nelle comunita’ virtuali si scambiano servizi "intellettuali" e non beni fisici.

Il modo migliore per imparare e’ di comunicare e scambiare idee; in altre parole cooperare, non competere. L’enfasi che la societa’ reale pone sul prodotto non fa che stimolare la competizione; se il nostro vicino ha una bella macchina (o un bel computer), vorremmo essere come lui, e ci mettiamo in competizione. Su Internet, al contrario, l’enfasi e’ sulle idee, e la cooperazione assume un significato molto piu’ importante; se ho una idea, posso condividerla con un altro, senza che essa venga intaccata in alcun modo, ma con la possibilita’, anzi, che possa essere arricchita da un parere intelligente.

Lo scambio di idee e la comunicazione si possono esplicare al meglio all’interno di una comunita’; tuttavia mettere insieme un gruppo di persone con gli stessi interessi non e’ sufficiente a creare una comunita’. Non c’e’ comunita’ finché ogni membro (o la maggioranza) non aiuta attivamente gli altri con lo scopo di imparare e condividere esperienze. Molte mailing list, ad esempio, sono mantenute in vita artificialmente, attraverso interventi pilotati o troppo distanti nel tempo per essere utili a qualcuno degli iscritti; in queste liste manca la linfa vitale degli interventi quasi giornalieri che alimentano invece le liste sane, e favoriscono a loro volta altri interventi.

Non sentirete parlare oltre dell’importanza delle comunita’ virtuali in questo articolo, perché nonostante se ne discuta poco, la creazione (ma soprattutto la partecipazione attiva) a queste comunita’ e’ sempre piu’ diffusa e apprezzata nel mondo Internet. Forse ne sentirete parlare piu’ avanti, o forse non ne sentirete mai, nella convinzione che non e’ la quantita’ di inchiostro speso a parlare di uno strumento che ne determina il successo o l’insuccesso (basti pensare alla storia del telefono, di cui si e’ parlato ben poco, su cui non si sono mai fatti convegni e seminari quando e’ stato creato, eppure e’ uno strumento di cui non potremmo fare a meno).

Parleremo, invece, di ciclo di vita, un concetto mutuato dal marketing di prodotto, che e’ stato applicato anche al marketing delle persone, portando a stabilire alcune fasi della esistenza di una comunita’ virtuale, fasi che sono state poi applicate ad una mailing list, considerata a buon grado uno degli esempi piu’ diffusi e apprezzati di comunita’ virtuale.

 

    1. Entusiasmo iniziale – gli iscritti si presentano, e iniziano le prime discussioni, principalmente su temi molto generici, o introdotti dal moderatore. La prima fase del ciclo di vita ricorda quella dell’introduzione di un nuovo prodotto in un mercato qualsiasi. La diffidenza iniziale, o la scarsa conoscenza dell’evento impediscono la sua diffusione capillare, e ne limitano l’utilizzo a pochi pionieri.

    2. Evangelizzazione – dopo la fase iniziale in cui i pochi iscritti quasi si autocompiacciono di far parte di una "comunita’" particolare che discute di temi specifici, si passa ad una fase in cui si cerca di far entrare piu’ persone possibili nella comunita’, con una azione quasi di evangelizzazione. In questa fase gli iscritti cercano i modi piu’ efficaci per pubblicizzare la lista nel proprio gruppo di riferimento, oppure il moderatore sperimenta differenti metodi per ampliare il numero di iscritti. Le azioni che si possono intraprendere per ottenere questo scopo sono di varia natura; si va dalla pubblicizzazione della lista in rete (su newsgroup, in altre liste di discussione, in motori di ricerca…), al classico passaparola nel gruppo delle conoscenze gia’ acquisite.

    3. Crescita – si assiste alla rapida crescita degli iscritti, nonché al correlato aumento della lunghezza dei messaggi inviati alla lista, e contemporaneamente all’apparizione di alcuni messaggi fuori tema. Il compito del moderatore si fa sempre piu’ importante e determina il proseguimento "pacifico" delle discussioni, senza che qualche intervento fuori luogo provochi reazioni negative da parte dei partecipanti alla lista. La fase di crescita si puo’ presentare a piu’ riprese nella vita di una mailing list, essendo collegata con eventi spesso fuori dalla influenza sia del moderatore che degli iscritti (eventi legati al panorama economico, a accadimenti esterni che stimolano discussioni interessanti, a disponibilita’ di tempo diverse per i partecipanti e il moderatore nel seguire la lista…)

    4. Comunita’ – sulla lista si affiancano discussioni su argomenti differenti, alcuni piu’ importanti, altri meno; chi ha piu’ esperienza in qualche campo la mette a disposizione dei meno esperti, cosi’ da creare uno scambio proficuo e da far sentire importanti anche coloro i quali non hanno esperienze dirette da portare alla discussione. Si intuisce facilmente che questo e’ lo "stato di grazia" di qualunque mailing list; ogni gestore di liste vorrebbe che la sua passasse spesso dalla fase 3 di crescita a quella di comunita’, senza soluzione di continuita’. In questo modo si creerebbe e manterrebbe l’obiettivo primario di raggruppare un numero (piu’ o meno "grande") di persone che hanno lo stesso interesse condiviso sulla lista.

    5. Sconforto – i partecipanti alla lista potrebbero, ad un certo punto, essere sottoposti ad un carico eccessivo di messaggi, che trattano argomenti non di interesse condiviso dalla maggioranza; sembra che la maggior parte del tempo venga spesa a lamentarsi del fatto che alcuni messaggi sono off-topic, e che chi li ha scritti non dovrebbe partecipare a quella lista.

    6. Prima ipotesi: Stagnazione – i puristi e i vecchi iscritti si scagliano contro chiunque ponga domande a cui hanno gia’ risposto, il numero di messaggi cala notevolmente (o al contrario aumenta in modo da non consentire di seguire le discussioni in modo continuativo) e si trattano argomenti di scarso interesse, tutte le discussioni importanti avvengono privatamente via mail tra pochi degli iscritti.

    7. Seconda ipotesi: Maturita’ – pochi iscritti si cancellano, il resto dei partecipanti continua a credere e ad alimentare la comunita’, anche se talvolta si affaccia la fase 5, quella di sconforto, in cui gli iscritti cancellano molte delle mail che ricevono, ma la lista continua a prosperare grazie agli interventi degli altri.

 

In conclusione: come ci sono diversi tipi di comunita’ virtuali, e diverse fasi nella vita di queste comunita’, cosi’ ci sono diversi modi di costruirle. Le domande da porsi, in ogni caso, prima di intraprendere la creazione di qualunque comunita’ sono: chi potrebbe essere interessato? Che bisogni hanno le persone interessate? Hanno bisogno di una newsletter, di una mailing list, di un forum sul Web, di una citta’ virtuale?

Ma soprattutto, se volete diventare moderatori o creatori di mailing list, chiedetevi: ho tempo da dedicare costantemente a questa comunita’?

In uno dei prossimi articoli percorreremo insieme le fasi reali della creazione di una comunita’ virtuale (nella fattispecie una mailing list sul marketing, che si chiama appunto MKTG): conoscerete le varie fasi di crescita (naturalmente a partire dalla creazione e dai primi messaggi), per poi (mese dopo mese) vedere crescere questa lista non tanto come un esperimento "in vitro", ma proprio come ha case history da vivere per imparare tutti insieme da questa esperienza.