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LETTERA AL DIRETTORE di Franchino Bellizzi
Il mio amico Giorgio Siepe è, fra le persone che conosco, quella che amo di più. Lo amo anche più di molti parenti. Ci frequentiamo dall'infanzia e da allora non ha mai smesso di affascinarmi, di farmi ridere e sognare, di farmi sentire parte della sua vita avventurosa e insieme drammatica. Non che sia senza difetti, tutt'altro. E' un misto di autoritarismo e di ribellione, di quelli che fanno paura quando è in posizione di forza, ma che sono ammirevoli quando sono in posizione di debolezza, perchè non si sottomettono mai. E' diretto fino alla volgarità, ma anche incapace del perbenismo farisaico che pesa su di me e la mia famiglia. E' un po'Achille e un po' Brancaleone, un misto di ritualità teatrale e di irruenza e semplicità contadina. Non è molto riflessivo o sensibile o consapevole, per cui evito di parlare con lui di cose serie ma è un perfetto compagno di bevute e di gaudenti weekend, un fidato sostegno per molte "questioni di mondo", e una conoscenza avere la quale fa invidia a molti. E' sanguigno, passionale fino alla violenza, ma anche romantico e pronto a stare dalla parte di un amico. E' benestante, anzi ricco, un po' di famiglia e un po' per merito suo. Non ho mai capito bene che lavoro fa, anche se ogni tanto parla delle sue "imprese finanziarie". Quando gli chiedo chiarimenti risponde :"Affari", con un ammiccamento che mi ha fatto spesso pensare alla sottintesa inesistenza del confine fra legalità e illegalità.

Abbiamo passato praticamente una vita insieme. Per cui gli episodi che rafforzano il mio amore per lui (non so in verità quanto corrisposto) sono infiniti. Non posso dimenticare, per esempio, l'inizio della nostra amicizia. Un rapinatore mi aveva puntato un coltello alla gola ed era incerto fra il derubarmi e lo sgozzarmi. Giorgio mi ha salvato, buttandosi sul malvivente con tutte le sue forze. In verità non lo fece solo per me. Poco prima il rapinatore l'aveva tramortito e gli aveva strappato il portafogli, ma non posso fare a meno di essergli ugualmente grato, tanto più che nella lotta si ruppe entrambe le gambe. Da allora divenne l'eroe mio e della mia famiglia, e lo è tuttora anche se, in tutti questi anni, non si può dire che non ne abbia approfittato. Inviti a cena mai ricambiati, prestiti mai restituiti, qualche confidenza di troppo con mia sorella: insomma Giorgio è di quelli che non riesci a non amare, anche se non stimi fino in fondo. La sua idea di amicizia è che io e molti altri lo adoriamo, e lui in cambio ci frequentarci. Nel farlo però è grandioso, e sono molti quelli che invidiano la sua cerchia di intimi. Ci ha guidato in safari per tutta l'Africa; spesso ci travolge in vacanze insieme faticose ed entusiasmanti; divide con noi i biglietti gratuiti - che non ho mai capito come ottiene- ai migliori spettacoli della città. Ogni tanto ci invita a feste, cene e parties in cui lui è l'ospite d'onore. Ci dà consigli o ci chiede favori cui è difficile dire di no. Per esempio, dal fatto della rapina, si è fatto dare la nostra casa al mare per ristabilirsi, ed ora (sono passati un sacco di anni) la considera sua, al punto che praticamente non possiamo più metterci piede. Anni fa ci chiese di tenergli nel nostro grande giardino alcune macchine agricole "per qualche tempo", e sono ancora lì con un vai e vieni di operai che vengono a tenerle in buono stato. Il suo modo di pensare è semplice, anche se non è ignorante: per lui prima si agisce e poi si discute; i buoni si riconoscono al volo e i cattivi vanno punti in ogni modo; chi non è con noi è contro di noi. Uno psicologo una volta gli disse che aveva un "ego oceanico" e lui per tutta risposta non pagò la visita.

In tutti questi anni ci siamo frequentati assiduamente, e ogni volta che mi ha chiesto un aiuto concreto o una semplice solidarietà morale, non riuscito a dire di no. Anche quando si trovò coinvolto in una rissa con un lontano conoscente che a suo dire, maltrattava un vicino. Andò a casa dei due e pesto' il "colpevole" lasciandolo in stato penoso. Forse non l'ho ancora detto, ma Giorgio è alto, forte e muscoloso, una roccia: ha fatto il militare nei parà e si tiene in forma con ogni sport possibile.

Qualche tempo dopo si mise a perseguitare un tale che a suo dire "aveva idee intollerabili" e minacciava i coinquilini: fra risse, pestaggi, agguati, lettere minatorie, cause e vendette incrociate, la cosa durò un'eternità. L'altro ne uscì malissimo, ma anche Giorgio ebbe parecchi fastidi economici, fisici ed affettivi: in quel periodo suo figlio se ne andò di casa per solidarietà coll'odiato antagonista del padre. Ma Giorgio non ha mai avuto un tentennamento: è convinto di avere ragione, e con le buone (è generoso, va detto) o con le cattive, gli piace che le cose vadano come gli sembra meglio. E' sinceramente sorpreso quando trova qualcuno che non condivide le sue idee ed il suo modo di vivere. In tutti questi dissidi lui ha voluto che io e tutta la sua cerchia di amici, amanti (piace molto alle donne), e parenti, manifestassimo piena adesione e solidarietà alle sue iniziative. Spesso abbiamo anche concretamente partecipato, ostacolando la carriera, rovinando un affare, o provocando piccoli danni alle proprietà di qualche nemico di Giorgio. Quando uno del giro si permise di dire che forse era il caso per Giorgio, di riflettere sulle sua possibili responsabilità, il nostro eroe gli ha tolto il saluto, lo ha minacciato di vendicarsi e ci ha chiesto di non invitarlo più alle nostre feste. Noi l'abbiamo fatto: ve l'ho detto che non so, non sappiamo dirgli di no. Fra l'altro si mormora che in qualche caso Giorgio abbia effettivamente fatto ritorsioni su amici che considerava infedeli. Non necessariamente fisiche, ma di tipo economico, facilitando il fallimento di un'impresa; o sentimentale, impedendo un matrimonio. Però a noi non piace indagare troppo su questi dettagli. Amiamo Giorgio, lo ammiriamo, e ci piace quando ci fa sentire suoi amici.

Ora però è successo un fatto molto grave. Qualcuno ha dato fuoco alla casa di Giorgio e nell'incendio sono morti il vecchio padre, da anni invalido, la sorella vedova ed il piccolo figlio di questa di nove anni, unico amato nipotino di Giorgio. Comprensibilmente il nostro eroe è sconvolto dal dolore, ma dice a tutti di essere certo che il colpevole è il fratello di uno dei tanti che in questi anni hanno avuto a che fare (per "affari") con Giorgio. I fatti non sono tanto chiari, né sulla dinamica dell'incendio, né sul presunto colpevole. Tuttavia Giorgio giura di essere certo di quello che dice per avere ricevuto a suo tempo lettere minatorie dalla persona in questione, per avere saputo da un lontano amico comune che giravano voci su un'ipotesi di vendetta verso Giorgio, per avere sentito da un amico poliziotto che il sospetto da anni frequenta la malavita e più volte è stato accusato di essere un piromane. Insomma, sembra proprio che sia chiaro chi è il responsabile della strage e del dolore di Giorgio. La cosa è già tristissima in sé, ma ora c'è la parte peggiore. Da una settimana Giorgio compra armi e si allena al poligono. Ha chiesto a due o tre noti picchiatori di pedinare i parenti del sospettato, per intimidirlo e per arrivare a sapere dove si nasconde. Ieri ci ha chiesto di allenarci anche noi al poligono per andare la prossima settimana a casa del sospettato a prenderlo "vivo o morto" , punendo nel contempo tutti i familiari che ne proteggessero la clandestinità. Paolo e sua moglie sembra che non vedessero l'ora. Hanno subito tirato fuori un enorme fucile da caccia e un arpione subacqueo dicendo che non hanno bisogno di allenarsi perché sono armi che usano ogni domenica. I figli di Federica, la convivente di Giorgio, si sono presentati alla riunione con mazze da baseball e scarpe chiodate dicendo che avevano già "strizzato" un po' le due nipoti del sospettato, loro compagne di scuola. Altri amici hanno giurato di essere pronti a fare giustizia, appena Giorgio lo chiede.

Mia moglie, mia madre ed io vogliamo bene a Giorgio, come se fosse un fratello o un figlio, ma siamo cattolici e buoni cittadini: crediamo nel valore della vita e nella giustizia pubblica, non privata. Pensiamo che non avremo più il coraggio di parlare ai nostri figli (che ora hanno solo 8 e 10 anni, quindi non sono stati coinvolti da Giorgio) del valore della vita e della giustizia, se assecondiamo il nostro amico amatissimo. Ci siamo anche detti che essere veri amici significa dirsi quello che si pensa e aiutarsi a vicenda a non sbagliare. Poi ci siamo detti che "giustiziare" il colpevole innescherà una faida interfamiliare di quelle che siamo abituati a vedere solo in certi paesi della Calabria. Infine abbiamo, fra noi, ventilato l'ipotesi delle conseguenze, nel caso in cui si venisse a scoprire che l'indiziato non c'entra. Nessuna di queste cose abbiamo tuttavia avuto il coraggio di dirla in pubblico, a tutta la cerchia di amici, né tantomeno a Giorgio, in privato. Sappiamo che dirle significa essere messi al bando da tutti, magari anche assimilati da Giorgio ad amici del piromane. Sappiamo che tutto il quartiere direbbe che, se non stiamo con Giorgio- avendo per anni goduto della sua amicizia- significa che vogliamo coprire il colpevole, e che siamo una famiglia di vigliacchi. A scuola i nostri figli rischiano di essere sbeffeggiati ed emarginati e sul lavoro mia moglie ed io potremmo dire addio alla carriera: i nostri datori di lavoro sono amici della famiglia di Giorgio (per la verità è lui che ci ha aiutato a trovare il lavoro).

Da una settimana io e mia miglie non dormiamo, non usciamo di casa, e i bambini - che fino a giorni fa giocavano col nipotino di Giorgio- hanno gli incubi e piangono! Egregio direttore, Lei che è persona tanto colta e sensibile, ci dia un consiglio, ma al più presto, La prego ! Giorgio ha detto che entro una settimana al massimo………


Un affezionato lettore che non firma
per i motivi che Lei comprenderà