AMMAZZARE IL TEMPO di John Zerzan
   

Tempo per pregare, tempo per lavorare

Lo stoico Crisippo diceva che "il tempo non è mai interamente presente" mentre il concetto di tempo veniva ulteriormente ampliato dal dogma giudaico-cristiano che prevedeva un percorso lineare e irreversibile fra creazione e salvezza. Questa visione essenzialmente storica del tempo è il vero nucleo della cristianità; tutte le nozioni fondamentali sul tempo misurabile a senso unico si possono trovare negli scritti di Sant'Agostino (V secolo). Con la diffusione della nuova religione si rese necessaria a livello pratico una rigida regolazione del tempo per mantenere la disciplina della vita monastica. Le campane che invitavano i monaci a pregare otto volte al giorno erano udite ben oltre le mura del convento e quindi una misura della regolazione del tempo veniva imposta alla società nel suo insieme. Secondo Marc Bloch (1940), durante l'epoca feudale la popolazione continuò a mostrare "una grande indifferenza al tempo", ma non è un caso che i primi orologi pubblici furono quelli che adornavano le cattedrali occidentali. A questo proposito si può osservare che il richiamo a ore precise di preghiera divenne la principale esternazione del credo islamico medievale.

"Il progetto di arricchimento dello spazio-tempo vissuto passa per l'analisi di ciò che lo impoverisce. Il tempo lineare non ha presa sugli uomini se non nella misura in cui vieta loro di trasformare il mondo, nella misura in cui li costringe dunque ad adattarsi. Per il Potere, il nemico numero UNO è la creatività individuale che si irradia liberamente"

L'invenzione dell'orologio meccanico fu una delle svolte più importanti nella storia della scienza e della tecnologia, in realtà di tutta l'arte e la cultura umana (Synge, 1959). Il miglioramento della precisione offrì alle autorità maggiori opportunità di oppressione. Uno dei primi appassionati di elaborati orologi meccanici fu per esempio il Duca Gian Galeazzo Visconti, descritto nel 1381 come "un posato ma astuto governante con un grande amore per l'ordine e la precisione" (Fraser, 1988). Come scrisse Weizenbaum (1976), l'orologio iniziò a creare "letteralmente una nuova realtà ... che fu e rimane una versione impoverita di quella vecchia".

Fu introdotto un cambiamento qualitativo. Anche quando non avveniva nulla, il tempo non smetteva di scorrere. Gli eventi, da quest'era in poi, vennero inseriti in questo involucro mobile, omogeneo, misurato oggettivamente, e questa progressione unilineare stimolò movimenti di resistenza. I più estremi furono i movimenti chiliastici e millenaristici che comparvero in diverse zone dell'Europa dal XIV al XVII secolo. In generale, assunsero la forma di rivolte contadine che miravano a ricreare lo stato egualitario originario della natura e si opponevano esplicitamente al tempo storico. Queste esplosioni utopiche furono soffocate, ma residui delle precedenti concezioni del tempo persistettero come strato "inferiore" di coscienza popolare in molte zone.

Durante il Rinascimento, il dominio del tempo raggiunse un nuovo livello, poiché ora gli orologi pubblici suonavano tutte le ventiquattro ore del giorno ed erano dotati di nuovi bracci per indicare il passaggio dei secondi. Una forte sensazione della presenza divoratrice del tempo costituì l'enorme scoperta dell'epoca e nulla offre una migliore rappresentazione grafica della figura di Padre Tempo. L’arte rinascimentale fuse il dio greco Crono con il dio romano Saturno per formare la familiare e truce divinità che rappresenta il potere del tempo, armata di una falce fatale, simbolo della sua associazione con l'agricoltura/addomesticamento. La Danza della Morte ed altre rappresentazioni medievali memento mori precedettero Padre Tempo, ma il soggetto è ora il tempo piuttosto che la morte.

II XVII secolo fu il primo in cui la gente pensò di vivere in un determinato secolo. Era ora necessario assumere la propria posizione all’interno del tempo. The Masculine Birth of Time (1603) e A Discourse Concerning a NewPlanet(1605) di Francis Bacon abbracciarono la dimensione dell'approfondimento e rivelarono come un elevato senso del tempo potesse servire il nuovo spirito scientifico. "Scegliere il tempo significa risparmiare tempo", scrisse, e "La verità è figlia del tempo". Seguì Cartesio, che introdusse il concetto di tempo infinito. Fu uno dei primi sostenitori dell'idea moderna di progresso, strettamente collegata a quella di tempo lineare illimitato, idea che veniva caratteristicamente espressa nel suo famoso invito a diventare "possessori e dominatori della natura".

L'universo meccanicistico di Newton fu il coronamento della Rivoluzione Scientifica nel XVII secolo; esso era radicato nella concezione di un "tempo assoluto, vero e matematico che, di per sé e per sua natura, scorre uniformemente senza relazione ad alcunché di eterno". Il tempo è ora il grande dominatore che non risponde a nessuno, non viene influenzato da nulla, è completamente indipendente dall'ambiente: modello di autorità incontestabile e perfetto garante di alienazione Immutabile. Nonostante l'evoluzione della scienza, la fisica classica newtoniana rimane infatti la concezione del tempo predominante.

La comparsa del tempo astratto indipendente trova il suo parallelo nell'emergere di una classe lavoratrice crescente, formalmente libera ma costretta a vendere la sua forza-lavoro come un bene astratto sul mercato. Benché già assoggettata al potere disciplinare del tempo, prima dell'arrivo del sistema delle fabbriche questa forza-lavoro era l'opposto del tempo sovrano: libera e indipendente solo di nome. Secondo Foucault (1973) l'occidente da questo momento in poi diventò una "società carceraria". Forse più pertinente è il proverbio balcanico "Un orologio è una gabbia".

Nel 1749 Rousseau gettò l'orologio, un rifiuto simbolico della scienza moderna e della civiltà. Più rappresentativo dello spirito dominante dell'epoca fu tuttavia il regalo di cinquantuno orologi a Maria Antonietta per il suo fidanzamento. La gente osserva sempre più spesso l'orologio e questo diviene presto uno dei primi beni di consumo durevoli dell'era industriale. William Blake e Goethe attaccarono entrambi Newton, simbolo del nuovo tempo e della nuova scienza, per il suo separare la vita dal sensuale e ridurre il naturale al misurabile. L’ideologo del capitalismo Adam Smith d'altro canto ricalcò e ampliò le teorie di Newton sollecitando una maggiore razionalizzazione e l'ottimizzazione dei processi routinari. Smith come Newton lavorò sotto l'incantesimo di un tempo sempre più potente e inesorabile per promuovere una maggiore divisione del lavoro quale progresso oggettivo ed assoluto.

I Puritani avevano proclamato la perdita di tempo, il primo e in linea di principio il più mortale dei peccati (Weber, 1921); questo divenne, circa un secolo dopo, "Il tempo è denaro" di Benjamin Franklin. Il sistema delle fabbriche venne avviato dai produttori di orologi e l'orologio fu il simbolo e la fonte dell'ordine, della disciplina e della repressione necessari per creare un proletariato industriale.

Il grandioso sistema di Hegel agli inizi del XIX secolo annunciò la "spinta nel tempo" e cioè lo stimolo della Storia e definì il tempo nostro "destino e necessità". Postone (1993) fece notare che il "progresso" del tempo astratto è strettamente legato al "progresso" del capitalismo come stile di vita. Le onde dell'industrialismo annegarono la resistenza dei luddisti; valutando questo periodo in generale Lyotard (1988) affermò: "la malattia del tempo è ora incurabile".

Una società classista sempre più complessa richiede una serie ancora più ampia di segnali del tempo. Come fecero notare Thompson (1967) e Hohn (1984) le lotte contro il tempo lasciarono il posto agli scontri sul tempo; la resistenza ad essere sottomessi al tempo e alle sue esigenze intrinseche fu in generale sconfitta e sostituita dalle controversie sulla giusta determinazione degli orari o della durata della giornata lavorativa (In un discorso alla Prima Internazionale -28 luglio 1868- Karl Marx sostenne fra l'altro che l'età di nove anni fosse quella a cui si dovrebbe iniziare a lavorare).

L'orologio scese dalla cattedrale al tribunale e al palazzo di giustizia, vicino alla banca e alla stazione ferroviaria e infine al polso e nella tasca di ogni cittadino perbene. Il tempo doveva diventare più "democratico" per riuscire realmente a colonizzare la soggettività. Come Adorno e altri avevano intuito, la sottomissione della natura esterna ha successo solo in rapporto alla conquista della natura interna. Per dirlo in altre parole, lo scatenamento delle forze della produzione dipendeva dalla vittoria del tempo nella sua lunga guerra contro una coscienza più libera. L’industrialismo portò con sé una più completa mercificazione del tempo, il tempo in una forma predatoria finora mai vista. Fu questo che Giddens (1981) vide come "la chiave alle trasformazioni più profonde della vita sociale quotidiana provocate dalla comparsa del capitalismo".

"Il tempo è una forma di percezione dello spirito, non evidentemente un'invenzione dell'uomo ma un rapporto dialettico con la realtà esterna, e di conseguenza una relazione subordinata all'alienazione e alla lotta degli uomini in e contro questa alienazione. Assolutamente sottomesso all'adattamento, l'animale non possiede la conoscenza del tempo. L'uomo, invece, rifiuta l'adattamento e pretende di trasformare il mondo. Ogni volta che incorre in un fallimento nella sua volontà di demiurgo, conosce l'angoscia di adattarsi, l'angoscia di sentirsi alla passività dell'animale. La coscienza dell'adattamento necessario è la coscienza del tempo che passa. Per questo il tempo è legato all'angoscia umana. E più la necessità di adattarsi alle circostanze prevale sul desiderio e la possibilità di cambiare, più la coscienza del tempo prende l'uomo alla gola. Il male di sopravvivere è forse qualcosa di diverso dalla coscienza acuta del trascorrere nel tempo e nello spazio dell'altro, della coscienza dell'alienazione? Rifiutare la coscienza dell'invecchiamento e le condizioni oggettive dell'invecchiamento della conoscenza implica una più grande esigenza di voler fare la storia, con una maggior conseguenza e secondo i desideri della soggettività di tutti."

"Il tempo vola" dice il detto, in un mondo che dipende sempre più dal tempo e in cui il tempo è sempre più unificato. Un unico gigantesco orologio sovrasta il mondo e lo domina, pervade tutto: nel suo tribunale non esiste appello. L'unificazione del tempo a livello mondiale segna una vittoria per l'efficiente macchina sociale, un universalismo che elimina l'individualità con la stessa determinazione con cui i computer portano all'omogeneizzazione del pensiero.

A parte tali voli teorici, vi sono comunque numerose prove e testimonianze in merito al ruolo centrale del tempo nella società. In "Time - The Next Source of Competitive Advantage" (Harvard Business Review, luglio-agosto 1988), George Stark Jr. lo considera un elemento di cardinale importanza per l'affermazione del capitale. "Come arma strategica, il tempo equivale a denaro, produttività, qualità, persino innovazione". La gestione del tempo sicuramente non è confinata alle imprese; lo studio di Levine del 1985 sugli orologi accessibili al pubblico in sei paesi dimostrò che la loro precisione forniva una misura esatta del livello di industrializzazione della vita nazionale. Nel suo contributo all'Harvard Business Review di gennaio-febbraio 1993, "Time-and-Motion Regained", Paul Adler difende apertamente la standardizzazione e l'inquadramento del lavoro neo-tayloristi: dietro la tanto pubblicizzata "democrazia sul posto di lavoro" in alcune fabbriche non vi è altro che "la disciplina tempo-e-moto e le strutture burocratiche formali essenziali per l'efficienza e la qualità nelle operazioni routinarie".





 

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