Cap.
3
La
letteratura psicoanalitica sulla guerra
LIndex
of Psychoanatytic Writings di Alexander Grinstein
riporta alcune centinaia di lavori di psicoanalisi attinenti alla
guerra. La gran parte di tali lavori riguarda il problema delle nevrosi
di guerra e lo studio di alcune reazioni psicologiche individuali,
sia in adulti che in bambini, durante le ultime due guerre mondiali.
Ho ritenuto opportuno però, anziché passare in rassegna in modo necessariamente
succinto un numero sterminato di lavori, limitare lesame a pochi
contributi e specialmente a quelli che trattano il problema delle
implicazioni inconsce della guerra in generale. Riferirò quindi abbastanza
per esteso i contributi che ho ritenuto essenziali come punti di riferimento
per un dibattito sul problema della guerra da un punto di vista psicoanalitico.
Si deve a Simmel un contributo importante allo studio della nevrosi
di guerra. Psichiatra militare, egli ha messo in rilievo la trasformazione
dell"Io di pace nell'"Io di guerra. Secondo
Simmel il soldato sviluppa una nevrosi di guerra (a una grave psicosi)
quando lIo non riesce più a far fronte ad un pericolo reale.
Il soldato allora regredisce e rivolge laggressività verso se
stesso o verso i propri ufficiali.
Allinizio lodio è rivolto verso il nemico, come cattivo
padre; ma in seguito è il proprio ufficiale che diventa il cattivo
padre, che espone i soldati al pericolo e che quindi non può più essere
considerato un Super-Io accettabile. Le tendenze aggressive vengono
perciò rimosse, e da ciò deriva un aumento della rigidità del Super-io
interno, che conduce a sua volta ad un sentimento di colpa paralizzante,
che apre il passo alla nevrosi di guerra.
In quanto la situazione atomica pone in crisi le funzioni di sopravvivenza,
essa è in procinto di farci sentire lo Stato sovrano come cattivo
padre, che non garantisce più la sopravvivenza dei cittadini. Esiste
quindi il pericolo che, pur sentendo lo Stato sovrano come un Super-io
non accettabile, lostilità dei cittadini (che inconsciamente
viene vissuta verso lo Stato sovrano come un cattivo padre) venga
coinvolta in un senso di colpa paralizzante che impedirebbe ai cittadini
stessi di affrontare realisticamente le necessità di mutazione dei
rapporti tra i cittadini e lo Stato in riferimento alla Sovranità.
1. La
posizione di Freud in rapporto alta guerra
Oltre
a Psicologia delle masse e Analisi delllo, alla quale
ci riferiremo nel prossimo capitolo dedicato alla fondazione dei gruppi,
degli scritti di Freud dedicati alla guerra prenderemo in esame le
Considerazioni attuali sulla guerra e la morte e Perché
la guerra?
Nel primo di questi due lavori Freud parla della delusione della
guerra. La guerra costringe gli uomini a disilludersi del valore della
loro civiltà in quanto li conduce a riscoprire la barbarie che credono
di aver superata. Nota però ironicamente che anche la nostra impressione
che la guerra ci faccia cadere molto in basso, nella barbarie, è a
sua volta illusoria, perché in realtà non siamo andati così
in alto come riteniamo; insomma la barbarie è sempre presente nel
nostro inconscio.
In realtà i nostri concittadini non sono sprofondati così
in basso come temiamo perché non erano mai saliti così in alto
come credevamo... Questa guerra rappresenta per il cittadino di qualunque
nazione loccasione per capire ciò che in tempo di pace potrebbe
capire solo per caso: cioè che lo Stato proibisce allindividuo
di commettere iniquità non perché desideri abolirle, ma perché vuole
averne il monopolio, come per il sale e i tabacchi. Freud distingue
poi due morali esistenti in tempo di pace. Una è quella fondata sul
dominio degli impulsi erotici sopra quelli aggressivi sottostanti,
sempre presenti. Laltra invece si fonda sul timore della punizione
e della disapprovazione da parte della comunità e sul controllo esterno.
Freud considera questultima morale artificiosa, e, in definitiva,
ipocrita. Essa cede prontamente non appena manca il controllo esterno
ed è di gran lunga più diffusa della morale.
La guerra non solo toglie il controllo, ma incoraggia le tendenze
crudeli e disoneste che lindividuo in tempo di pace cerca di
tenere a freno.
Jones racconta che quando Abraham lesse questo saggio, richiamò lattenzione
di Freud sullanalogia tra il fenomeno guerra e il rito della
festa totemica nei popoli primitivi, in quanto in ambedue i casi gli
uomini si associano e collettivamente possono fare cose vietate al
singolo individuo. Lazione in comune è la condizione necessaria
perché lorgia delittuosa possa essere compiuta impunemente.
Freud fu pienamente daccordo con la tesi di Abraham e si meravigliò
di non averla pensata lui stesso.
La fondamentale reazione di Freud alla guerra sembra nascere dalla
reazione individuale, o meglio, dalla eticità individuale di fronte
al fenomeno guerra, intesa nel suo complesso come fatto criminoso.
Che la posizione di Freud di fronte alla guerra si collochi in una
dimensione etica individuale (anziché in una prospettiva obbiettivistica
che consideri la guerra neutralmente come istituzione sociale
multifunzionale [Leeds], o come una cosa del mondo
fisico estranea ai singoli soggetti che la vivono in prima persona)
è dimostrato dal fatto che alle considerazioni sulla guerra seguono
le note osservazioni sul nostro atteggiamento di fronte alla morte.
Queste a loro volta terminano con il motto si vis vitam para
mortem, che sembra preso dalle meditazioni di un Padre della
Chiesa.
Questo atteggiamento di Freud di fronte alla guerra potrebbe dunque
essere sospettato da qualcuno di non scientificità. Per parte mia,
ritengo invece che la radicale presa di posizione etica di Freud di
fronte alla guerra, associata alla aperta denuncia dello Stato come
monopolizzatore della violenza privata, possa costituire il punto
di partenza di una ricerca tendente a chiarire specifiche modalità
di alienazione dellindividuo nello Stato, rendendo cosciente
ciò che in noi è incoscio.
Ma forse la tesi freudiana, dalla quale partire per comprendere i
fondamentali meccanismi inconsci che conducono luomo alla guerra,
è contenuta nellAl di là del principio del Piacere e
in particolare nel processo di deflessione allesterno dellistinto
di morte. La guerra dei popoli primitivi, che abbiamo inquadrato nellambito
generale di unelaborazione paranoica del lutto, sembra far toccare
con mano, a livello collettivo, levidenza del processo di deflessione
allesterno dellistinto di morte, che ad alcuni è sembrato
una pura speculazione.
Anche le riflessioni che Freud svolge nella corrispondenza con Einstein
in Perché la guerra? sembrano dettate da una ispirazione etica.
Gran parte di questo scritto è infatti dedicato alla chiarificazione
del significato delle leggi. Qui il riferimento allistinto di
morte è esplicito per definire le tendenze distruttive che spingono
gli uomini alla guerra. Freud ha poi commesso leresia di derivare
la morale dallistinto di morte, collegando il Nomos a
Thanatos. In tal modo, sia la guerra che le leggi morali che
dovrebbero impedirla, vengono ricondotte alla stessa fonte.
Ne nasce una posizione nei riguardi del problema della guerra e della
condizione umana in generale, che è insieme drammatica e ambigua.
Sappiamo da Jones che Freud era rimasto infastidito del colloquio
con Einstein sulla guerra che giudicò in seguito sterile e noioso.
Perché?
Lo stesso Jones ci parla dei brevi sogni militaristi di Freud adolescente
e li riconduce ai suoi rapporti col padre e in particolare ad un episodio
in cui questi apparve al piccolo Sigmund imbelle per non aver accettato
di battersi con un antisemita, che gli aveva buttato il cappello nel
fango. Lidentificazione del giovane Freud con Annibale (al quale
il padre Amilcare aveva fatto giurare vendetta) e lidentificazione
con il generale napoleonico Massena (ritenuto ebreo) potrebbero aprirci
la strada verso le fonti inconsce del modo di vivere la guerra da
parte di Freud, declinato nei propri fantasmi edipici. Freud nei primi
mesi della prima guerra mondiale era entusiasta della guerra. Era
inebriato e passava il giorno a discutere dei fatti quotidiani con
il fratello Alexander, trascurando di scrivere lavori. Una sua
frase il furore dei tedeschi sembra una garanzia di vittoria
lascia addirittura trasparire una certa dose di fanatismo. (2)
Una tale euforia durò in realtà solo poche settimane. Dal racconto
di Jones, sappiamo che durante la guerra Freud ebbe dei momenti di
depressione, che vennero forse elaborati sul piano culturale nella
sua condanna della guerra. Ma la vera risposta culturale riparativa
al travaglio profondo, suscitato in Freud dalla guerra, è rappresentata
- almeno per quelli che la ritengono
una delle sue opere più geniali dal saggio Al di là del
principio del Piacere.
2.
Il contributo di Glover
Le
riflessioni di Glover sulla guerra riguardano essenzialmente il ruolo
che nei conflitti armati hanno gli impulsi sadici e masochistici.
(3) La guerra sarebbe una dimostrazione particolarmente evidente
di come gli impulsi distruttivi possono esplicarsi nelluomo
in una dimensione del tutto separata da una finalità biologica.
Egli considera perciò le teorie politico-economiche che vedono
nella guerra lespressione di una lotta per la vita rivolta alla
autoconservazione, come teorie reazionarie e oscurantiste, perché
di fatto le vere funzioni della guerra sono distruttive. Perciò lo
scopo della psicoanalisi rispetto al fenomeno guerra sarebbe di chiarire
luniverso sadomasochistico nel quale esso si esprime, riconducendolo
alle sue fonti inconsce e alla sua genesi infantile.
Glover sottolinea, in modo particolare, la fondamentale identità dellorganizzazione
inconscia che conduce sia alla pace che alla guerra, luna e
laltra differendo solo nei loro prodotti finali. Anche il pacifismo
infatti viene collegato (come difesa) al sadismo inconscio.
Nella misura in cui mobilizza fantasie inconsce, lattacco ad
un paese piccolo e indifeso suscita facilmente la rievocazione di
fantasie infantili, nelle quali il buon bambino e la buona madre sono
vittime di un cattivo padre.
Per quello che concerne il rapporto del singolo cittadino con i dirigenti
rispetto alla responsabilità della guerra, Glover giudica il problema
della leadership come non decisivo. Il fatto che luomo della
strada attribuisca la sola responsabilità ai potenti nasconderebbe
uninconscia ipocrisia. Linfluenza bellicosa dei governanti
sui governati non deriverebbe comunque dallistinto del gregge,
ma dal fatto che i governanti prendono il posto dei genitori. Sul
piano antropologico Glover ritiene che la guerra adoperi essenzialmente,
per la sua espressione psicologica, gli stessi meccanismi che sono
coinvolti nel cannibalismo e in tutto luniverso sadico presente
nelle guerre dei popoli primitivi.
Rispetto però ai popoli primitivi, le società civilizzate sarebbero
in netto svantaggio in quanto le società civilizzate hanno perso alcuni
degli originari controlli ritualistici delluccisione, per cui
le nostre guerre sono enormemente più devastatrici di quelle dei popoli
primitivi. Insomma nei popoli civilizzati le guerre sono razionalizzate
attraverso finalismi illusoriamente obiettivi e così le loro cause
inconsce e irrazionali possono essere più facilmente occultate. I
popoli primitivi non esitano a dichiarare di voler fare la guerra
per mettere il lutto nella tribù straniera, mentre i popoli cosiddetti
civilizzati si sforzano di considerare le guerre giustificate da motivi
obiettivi: per esempio interessi economici o difesa di sistemi politicoeconomici.
Glover, a testimonianza della sopravvivenza nella nostra cultura di
riti bellici primitivi, cita il caso di un procuratore legale, in
tutto il resto normale, che approfittava delle vacanze per andare
a raccogliere denti da crani di soldati morti in guerra i cui resti
erano rimasti abbandonati nella terra di nessuno: si tratterebbe di
un rito compulsivo che ripete, in una persona altrimenti irreprensibile,
le usanze dei cacciatori di teste del Borneo. Nellanalisi di
un caso portatomi in controllo, trovai io stesso che una ragazza preadolescente,
che aveva subito una violenza sessuale, faceva sogni nei quali le
apparivano teste infilzate su dei pali, disposte davanti alla casa:
nella stessa posizione cioè nella quale le tengono infilzate i cacciatori
di teste. Rimasi sorpreso di riscontrare nel caso descritto lo stesso
significato di trasformazione delloggetto nemico (aggressore
sessuale) in amico, che abbiamo illustrato nei cacciatori di teste.
La guerra, nella sua essenza, viene paragonata da Glover al disturbo
psichico in generale, nel senso che la guerra, come il disturbo psichico,
sarebbe un tentativo di risolvere angosce individuali interne; la
guerra sarebbe cioè un drammatico tentativo di risolvere conflitti
individuali, una specie di processo curativo, che, iniziato allo
scopo di prevenire un disastro interno, termina in una disintegrazione
senza speranza.
Nel suo complesso la guerra porterebbe il mondo esterno in un
conflitto interno. E questa la ragione per cui il guardare
solo gli aspetti politici o economici della guerra, trascurando il
problema inconscio, conduce secondo Glover fuori strada
ed è di fatto un atteggiamento reazionario.
A proposito del masochismo, Glover nota che esso contribuisce considerevolmente
a creare una disposizione inconscia a tollerare e ad accogliere con
soddisfazione i disastri della guerra, perché, oltre il piacere della
sofferenza, contiene la possibilità di elaborare sentimenti di
colpa inconsci.
In quanto la guerra coinvolge profondamente luomo nei suoi
conflitti inconsci, Glover è scettico nei riguardi del disarmo e considera
pericoloso spingere le forze pacifiste esclusivamente in quella direzione.
Insiste perciò sulla necessità urgente di cercare di approfondire
le conoscenze del le cause della guerra, considerata come una specie
di epidemia causata da un virus sconosciuto, cominciando magari
ad interessarsi di quanti governanti o diplomatici sono impotenti,
o hanno uninconscia paura dellimpotenza.(4)
Durante la crisi di Monaco, Glover mandò un questionario a dei colleghi
psicoanalisti per osservare le reazioni dei pazienti alla crisi politica.
Nonostante alcune differenze di opinioni tra gli osservatori, si poté
stabilire che qualsiasi potesse essere la natura dellultima
reazione alla crisi di Monaco, la sua forma e la sua intensità erano
dovute a conflitti interni e a modi di comportamento infantili e per
la maggior parte inconsci. Ci fu accordo tra tutti gli osservatori
nella constatazione che i soggetti osservati reagivano alle situazioni
politiche dei paesi coinvolti nella crisi e dei personaggi che vi
avevano un ruolo dominante (Chamberlain, Churchill, Hitler, Goebbels
ecc.) trattandole come se fossero vicende delle imago parentali. Ponendosi
il problema di quali siano i rapporti tra avvenimenti reali e risonanze
inconsce, Glover arriva alla conclusione per cui al momento attuale
può essere affermato con certezza che gli impulsi sessuali infantili
(fantasie inconsce), usando i modi arcaici del pensiero infantile,
sono responsabili di una confusione tra il pensiero adulto (e i pericoli
reali) e il pensiero infantile (e i pericoli sia immaginari che reali).
Glover rileva comunque, come fatto particolarmente interessante, la
constatazione che i cambiamenti che avvengono come risultato di una
situazione di minaccia di guerra sono quasi identici sia nei gruppi
patologici che in quelli normali.
A proposito delle nevrosi di guerra, egli prende in esame la teoria
traumatica e la teoria conflittuale elaborata da Bibring e Kris per
la guerra 1915-1918.
Limplicazione degli impulsi omosessuali nelle nevrosi di guerra
viene ricondotta al fatto che i conflitti originari riguardanti lomosessualità
inconscia sono in realtà implicati nella dinamica degli impulsi sadici
o masochistici, pure operanti in modo specifico nella dinamica istintiva
della guerra.
I fattori che conducono alle nevrosi di guerra sono inoltre collegati,
per Glover, alla riattivazione dellinconscia credenza di non
essere amati, a qualcosa cioè che riduce il proprio inconscio potenziale
damore, o a qualsiasi situazione che susciti il sentimento di
essere trascurato, senza offrire contemporaneamente uno sbocco agli
impulsi ostili così suscitati. Tali fattori farebbero parte della
disposizione alla guerra degli individui normali. Questa diagnosi
di Glover delle nevrosi di guerra come disfattismo collegato al non
sentirsi amati, si accorda con ciò che Freud affermò a proposito della
sconfitta tedesca nella guerra 1915-18, e secondo noi
potrebbe essere uno dei punti dai quali partire per indagare
i problemi della situazione atomica in rapporto alla crisi della guerra,
sia come difesa sia come offesa. La crisi della guerra sembra impedire
il rapporto di fiducia nellautorità (dalla quale ci si aspetta
di essere protetti) e la possibilità di deviare sul nemico laggressività.
In tal modo la crisi della guerra avrebbe determinato una specie di
nevrosi di guerra collettiva, con tutte le incongruenze che
a tale situazione si collegano.
Ritornando allimplicazione dei conflitti omosessuali nella guerra
e nelle manifestazioni sadomasochistiche, si apre il discorso più
generale riguardante la simbologia sessuale delle armi di guerra,
che ogni psicoanalista riscontra nella sua pratica quotidiana: problema
che sembra avvalorare la tesi per cui le fantasie di guerra, intimamente
mescolate ai simboli della sessualità infantile, sono da considerarsi
una specie di fenomeno pandemico, quasi quotidiano e stabile del preconscio
di ogni uomo, anche in tempo di pace, per cui si può affermare che
gli strati inconsci della mente non sono diversi in pace e in guerra:
sembrano anzi sempre in guerra.
Le nevrosi di guerra vengono comunque viste da Glover come contenenti
possibili misure di prevenzione della guerra e di fatto costituiscono
un mezzo, per il paziente, per interrompere la sua partecipazione
alla medesima.
Sviluppando considerazioni sulla guerra nei suoi termini generali,
Glover sottolinea paradossalmente il pericolo insito nel valorizzare
le motivazioni politiche concrete, avvertendo che quanto pia giusti,
retti, virtuosi e legittimi appaiono i motivi immediati della guerra,
tanto pia gli uomini se ne servono per negare levidenza delle
motivazioni inconsce, in quanto quelli permettono di razionalizzare
la guerra come difensiva, riservando al proprio paese solo le motivazioni
dellauto-conservazione, mentre le motivazioni inconsce vengono
messe nel nemico. In base a questa radicale presa di coscienza
dellinconscia ipocrisia della guerra, Glover non esita (diversamente,
come vedremo, da Money-Kyrle) ad affermare che i propri concittadini
inglesi, accettando lidea ingenua di fare la guerra per por
fine al fascismo e di combattere il fascismo per por fine alle
guerre si ponevano in una posizione scientificamente reazionaria
e oscurantista.
Circa la periodicità delle guerre, la tesi che una guerra avvenga
ogni 30 anni circa, e ciò come risultato dellurto tra le generazioni
susseguenti (per cui bisogna che i figli crescano perché i padri li
possano mandare a fare la guerra), trova il suo riferimento più abituale
al complesso di Crono. Oltre che al complesso di Crono, la periodicità
delle guerre viene collegata anche alla circolarità della vicenda
maniaco-depressiva.
La propaganda di guerra viene interpretata come una fondamentale
organizzazione per impedire la depressione nel proprio paese e per
indurre la depressione nel nemico.(5) A tale riguardo
vorrei rilevare che la propaganda delle democrazie nella seconda guerra
mondiale era psicologicamente più adeguata di quella dellAsse
che si basava sulla sadicizzazione dei propri soldati, anziché sulla
colpevolizzazione del nemico. Per ciò che riguarda la psicologia del
gruppo, Glover vede nel gruppo una rassomiglianza con le esperienze
psicotiche e in modo particolare con la schizofrenia.
Lindividuo vive lesperienza di gruppo attraverso la group-mind,
la quale viene considerata come una dotazione dellIo di
ogni individuo ed esprime le modalità dellindividuo di vivere
nel gruppo. Egli nota che certi aspetti regressivi della vita psichica
possono essere meglio studiati nel gruppo che non nellindividuo,
perché nel gruppo agiscono e conservano vitalità sistemi arcaici e
superstiziosi, che nellindividuo singolo sono andati dispersi.
La guerra sarebbe anzi una tipica istituzione arcaica che si è resa
sempre più estranea alla mentalità individuale, per cui lindividuo
la può assumere solo attraverso larcaicità della propria groupmind.
In modo particolare la guerra viene vista come un disturbo
mentale della stessa mentalità di gruppo. In quanto però la group-mind
fa parte di ogni individuo, la cura delle guerre dovrebbe incidere
sugli individui. Poiché la guerra è un disturbo mentale dei
gruppi e poiché la groupmind è una parte della psiche individuale
sembra probabile che i principi applicati ai disturbi individuali
siano validi anche per i disturbi di gruppo.
Vediamo quindi che Glover, per fondare la legittimità di una ricerca
psicoanalitica sul fenomeno guerra, attua una riduzione al soggetto
della psicologia di gruppo, in quanto la group-mind è una
parte dellIo individuale.
Poiché la guerra si svolge, secondo Glover, specialmente nella dimensione
sadica, come dimensione inconscia della vita istintiva umana, lo scopo
precipuo di una ricerca psicoanalitica consiste nellarrivare
ad una completa comprensione dei meccanismi di difesa attraverso i
quali noi riusciamo ad occultare i nostri impulsi sadici.
Benché più volte, nella sua opera, metta in guardia che lorganizzazione
psichica che conduce alla pace e lorganizzazione psichica che
conduce alla guerra facciano uso degli stessi fattori inconsci originari
(differenziandosi solo nei loro prodotti finali), Glover non si pone
in una posizione agnostica e neutrale nei riguardi del problema dei
principi e della pratica della prevenzione. Tra i suoi suggerimenti,
quello di tenere conto dellorganizzazione interna di quei paesi
che per molto tempo non hanno fatto la guerra e quello della costituzione
di ununione federale tra Stati sovrani, non escono dal buon
senso comune. Vorrei però sottolineare un altro consiglio, che dal
punto di vista psicoanalitico si presta ad un profondo esame: lapplicazione
agli Stati sovrani di misure legali simili a quelle adoperate dagli
stessi Stati per reprimere i delitti tra individui. E evidente
che una proposta di questo genere implica la desovranizzazione dello
Stato.
Un contributo alla possibilità di uscire dalla paranoia dei gruppi
può essere considerata la riflessione che Glover fa sulla situazione
della guerra difensiva.
Concependo i rapporti dei gruppi in guerra in una reciprocità sadomasochistica,
Glover pone di fatto sullo stesso piano sia gli aggressori che
i difensori.
Egli osserva infatti che gli attaccati sono pia fanatici nel
voler vincere una guerra difensiva di quanto non lo siano gli stessi
aggressori. Se ricordiamo la puntualizzazione di Bouthoul relativa
alla trasformazione psicotica operata dal fanatismo, come tipica situazione
del sadismo bellico, si rimane colpiti nel constatare che in guerra
laver ragione nel difendersi non rende meno psicotici degli
aggressori, riguardo al processo di fanatizzazione. Come vedremo,
Money-Kyrle dà una diversa impostazione al problema della difesa di
fronte allaggressione; la posizione di Glover sembra però scientificamente
sostenibile. Le misure di prevenzione che Glover propone partendo
dalla dinamica individuale della vita istintiva consistono:
1. Nel tentativo di ridurre la tensione
istintiva (cioè del sadismo); scopo al quale potrebbe contribuire
un particolare tipo umanistico di educazione del bambino. A questo
proposito vorrei ricordare che molte volte si è discusso, anche in
sede scientifica, se sia bene o no dare al bambino delle armi-giocattolo,
se sia bene o no concedere al bambino di giocare con le armi. Lopinione
più diffusa tra gli psicologi è che nel bambino il gioco con le armi
assolve funzioni di rassicurazione contro angosce profonde. Ciò che
invece sembra importante nelleducazione di tipo umanistico del
bambino è latteggiamento umanistico dei genitori nei riguardi
del bambino stesso. La prevenzione della guerra, se operata a livello
pedagogico, implica cioè che i genitori non facciano uso della dominazione
nel rapporto con il bambino.
2. Nei dispositivi rivolti allinibizione della scarica aggressiva.
A tale proposito vorrei rilevare che tutta la civiltà umana è fondata
sul cambiamento di scopo delle tendenze aggressive attraverso inibizione,
sublimazione, spostamento, fusione con lEros, ecc. Non si può
infatti dimenticare che mentre la gran maggioranza degli uomini arriva,
bene o male, allorgasmo sessuale, solo unesigua ed eccezionale
minoranza di criminali o di pazzi tende individualmente alluccisione
di un altro uomo, come equivalente aggressivo dellorgasmo genitale.
La guerra pertanto, vista in una dinamica molto generale del dualismo
della vita istintiva, costituirebbe un orgasmo collettivo distruttivo.
(Le conclusioni alle quali è arrivato Gaston Bouthoul delle funzioni
della guerra come funzioni distruttive potrebbero concordare con tale
denominazione.)
La società quindi, attraverso la guerra, regalerebbe agli individui
lorgasmo distruttivo, che sul piano individuale è di solito
irrealizzabile. In tal senso la guerra sarebbe intimamente
legata alle vicissitudini individuali di privazione dellorgasmo
aggressivo. Per quello che riguarda la maturazione in senso inibitorio
e di trasformazione delle tendenze aggressive, lindividuo di
fatto ha già raggiunto un pacifismo integrale, nel senso che la stragrande
maggioranza degli uomini rinuncia alluccisione concreta come
soddisfazione normale delle tendenze aggressive. Quelli che perciò
auspicano una repulsione individuale per la guerra, non tengono conto
che la repulsione alluccisione è già stata raggiunta sul piano
individuale; per cui tutto il problema della guerra si riduce alle
modificazioni degli individui rispetto alla società in rapporto alle
istituzioni legate alla guerra anziché a modificazioni degli individui,
considerati individualmente.
Sul piano collettivo sembra perciò che abbia più importanza il problema
della mancata inibizione degli impulsi aggressivi, per cui
luccisione-guerra è considerata un fatto normale, piuttosto
che la diminuzione di tensione degli impulsi distruttivi stessi. Nella
misura in cui il Super-Io dellindividuo è collegato alla società,
che ne assume le funzioni, il problema della guerra porta nel punto
focale dellindagine psicoanalitica il problema della coincidenza
dellEs con il Super-Io operata dal fenomeno guerra, attraverso
procedimenti specificamente sociali. Ritornando ora al problema della
prevenzione come è visto da Glover, egli ritiene che il primo passo
verso un pacifismo di marca psicoanalitica sia quello di scoprire
i sentieri in favore di unazione concreta, particolarmente nella
direzione della inibizione e poi concentrare lattenzione sia
sulla natura delle forze psichiche coinvolte che sui sistemi psichici
attraverso i quali tali forze passano.
Prendendo in esame il significato psicologico delle varie scuole pacifiste,
Glover le riconduce a modalità varie di trattare la tensione istintiva.
Le tendenze pacifiste, che affermano principalmente la necessità di
creare organismi giuridici sotto forma di corte internazionale di
giustizia o attraverso il federalismo (intese come misure inibitorie
coercitive dellaggressività), sono, considerate meno efficaci
di quelle posizioni pacifiste che si preoccupano di rallentare la
tensione istintiva, o 1) nel senso di determinare uno spostamento
dellaggressività su oggetti diversi dagli oggetti primari (cura
del football, che impiegherebbe lo stesso meccanismo di spostamento
adoperato dal marito che, tradito dalla moglie, va a fare una passeggiata
e si mette a dar calci ai sassi innocui che trova sul sentiero); oppure
2) nel diminuire la tensione intervenendo direttamente nelle vicende
delleccitamento istintivo.
La posizione comunista viene da Glover inclusa in questa ultima prospettiva
e considerata come tendente a cambiare i comportamenti istintivi delluomo
modificando le strutture sociali. Il comunismo viene cioè considerato,
sotto laspetto istintivo, come un sistema politico il cui scopo
principale è quello dellinibizione degli impulsi al possesso
e, in particolare, al possesso degli strumenti di produzione allinterno
dei gruppi.
Per quello che riguarda le tendenze al possesso nei rapporti tra i
gruppi (tendenze che sarebbero specificamente responsabili delle cause
economiche della guerra), il comunismo pensa che possano essere eliminate
attraverso un identico fine sociale posto a tutti i gruppi, cioè attraverso
la soppressione delle classi e dei loro antagonismi. Alla posizione
comunista comunque Glover rimprovera di ignorare completamente
la natura dellamore e dellodio inconsci e di puntare
esclusivamente sulla struttura della società, a sua volta interpretata
esclusivamente in funzione degli istinti al possesso. Per la psicoanalisi
le tendenze al possesso economico rappresenterebbero impulsi che nellinconscio
si collegano particolarmente alle modalità anali di rapporto oggettuale.
A mio modo di vedere però la posizione comunista della necessità di
agire sulle strutture sociali allo scopo di modificare le modalità
di esperienza dellindividuo nel gruppo, non può essere facilmente
elusa dalla psicoanalisi. Se è vero, come afferma Glover, che il potere
che lindividuo ha perso, per ragioni pratiche, nel suo socializzarsi
nel gruppo, viene recuperato attraverso le attività distruttive, o
meglio eterodistruttive del gruppo, la ricerca psicoanalitica non
può eludere queste funzioni del gruppo di togliere e di ridare il
potere o la possibilità allindividuo di esplicare o no certe
attività aggressive. In realtà la società capitalistica offre agli
individui più grandi possibilità di esprimere la propria aggressività
che non ne conceda la società socialista: ciò in riferimento alla
proprietà privata legittima o no dei mezzi di produzione. Per quello
però che concerne la possibilità degli individui di esprimere la propria
aggressività distruttiva nella guerra, non sembra possibile distinguere
gli Stati capitalisti dagli Stati socialisti. Non sembra inoltre possibile
al momento attuale stabilire una netta differenza tra i due sistemi
in rapporto alla dominazione esercitata sui cittadini dallo stesso
processo di industrializzazione che, privata o statuale che sia, rischia
di porsi contro i cittadini anziché servirli. La psicoanalisi, se
può accettare la tesi marxista relativa alla necessità di trasformazione
delle istituzioni sociali, afferma tuttavia che tale necessità va
molto al di là delle trasformazioni attuate dai regimi socialisti.
In modo particolarmente urgente sembra imporsi la necessità di modificare
gli attributi dello Stato sovrano che, nellespressione di Freud,
monopolizza e capitalizza la violenza risparmiata dagli
individui. A sua volta una trasformazione di questo tipo non sembra
concepibile che come processo rivoluzionario del tutto nuovo, che
esige una riduzione al singolo individuo di tutta la violenza e di
tutta la colpa espressa dal fenomeno guerra.
Prendendo in esame lo Stato che con la sua sovranità è ora larbitro
della pace e della guerra, Glover afferma esplicitamente che un ministero
degli esteri non può essere in alcun modo unorganizzazione di
pace. Lo Stato in genere è in realtà la più arida e priva di amore
delle istituzioni umane. Ciò vale per qualsiasi Stato, anche se le
dittature sono semplicemente una perversione di un tale stato di cose.
Glover auspica perciò il ritorno alla cultura familiare e la valorizzazione
dei gruppi professionali e culturali attraverso i quali la nazione
respira e si augura che vengano affiancate tecniche di organizzazione
scientifica alle norme della prassi politica. Nella lotta contro
lo Stato Glover non esita a proporre lo studio di procedimenti adatti
ad indebolirne il potere, cercando i mezzi più idonei per far prevalere
lautorità culturale della famiglia sullo Stato e per prevenire
la superstiziosa reverenza alle autorità. Egli esprime inoltre lopinione
che se anche una sola nazione stabilisse uneffettiva organizzazione
di pace fondata su ricerche scientifiche, linaspettata fortuna
dei frutti di pace, in forma di aumentata ricchezza e felicità e salute
della comunità, tenterebbe presto altre nazioni a seguirla.
Prendendo in esame le misure di pace che sono state poste in atto
dopo la seconda guerra mondiale, Glover non esita a condannare in
modo radicale i principi e la prassi del processo di Norimberga. Rileva
inoltre che la bomba atomica è stata scoperta e adoperata per prima
da un popolo che aveva costantemente ostentato lidealistico
desiderio di mettere fine ai metodi di guerra tedeschi.
E affacciandosi infine ai problemi dellèra atomica e alle sue
inquietudini, Glover sembra incline allottimismo: lumanità
non perirà se le oscure fantasie di bene e di male, che sono nel nostro
inconscio, manterranno lequilibrio che ora hanno.
3. Il
contributo di Money-Kyrle
Money-Kyrle
può essere considerato come lelaboratore del kleinismo applicato
alla guerra e alla vita politica in generale: problemi alla trattazione
dei quali ha dedicato articoli vari e monografie. (6)
Nellarticolo Lo sviluppo della guerra, dopo aver
passato brevemente in rassegna le più comuni teorie della guerra (teorie
economiche, lotta per la vita, superpopolazione, ambizione, spirito
di vendetta, paura, ecc.), riconosce ad ognuna di esse una verità
parziale, nel senso che tutti i fattori elencati possono essere impiegati
per stimolare lo spirito bellicoso di base.
Passando poi ad affrontare le evidenze che la psicoanalisi può offrire
nellindagine sulla guerra, ricavandole dalla esplorazione dellinconscio,
espone tre teorie.
La prima è la teoria sessuale della guerra.
Limplicazione della sessualità nel fenomeno guerra si basa essenzialmente
sullevidenza offertaci dallesplorazione dellinconscio,
in quanto troviamo, si può dire quotidianamente, che le armi compaiono
abitualmente come simboli fallici. La teoria sessuale della guerra
implicherebbe lapplicazione alla guerra delle scoperte fondamentali
fatte dalla psicoanalisi nei riguardi della sessualità, nel suo primitivo
sviluppo.
La seconda teoria psicoanalitica della guerra può essere considerata
la teoria edipica.
Le conoscenze psicoanalitiche del complesso edipico permettono
di comprendere lorigine dei legami con cui gli uomini si uniscono
nel gruppo sociale. Lambivalenza inconscia verso il padre sarebbe
intollerabile per il bambino umano, il quale è spinto ad evitare i
conflitti generati dalla ostilità verso il padre attraverso uninversione
parziale, che determina il cambiamento da una posizione ostile
verso il padre, in una posizione passivo-femminile. La cooperazione
e la lealtà richieste nella convivenza nel gruppo, e in modo specifico
nella cooperazione degli individui in guerra, sarebbero rese possibili
dai legami omosessuali tra gli individui di uno stesso gruppo e nel
rapporto col capo.
Linversione parziale spiegherebbe però solo la solidarietà del
gruppo. Listinto bellicoso, in quanto impulso aggressivo rivolto
verso il nemico, troverebbe la sua origine nel fatto che lodio
verso il padre continua ad esistere nellinconscio ad onta dellinversione
parziale. Tale odio inconscio cerca poi un simbolo paterno verso cui
indirizzarsi e lo trova nel nemico. La predisposizione alla guerra
nascerebbe pertanto da una disposizione affettiva inconscia per cui
esistono due simboli di padre, luno amato e laltro odiato.
La guerra offrirebbe uno sbocco allodio verso il padre odiato,
messo simbolicamente nel nemico. La dicotomia tra il proprio capo
come buono e il capo straniero come cattivo, sembra aumentare con
lo sviluppo della civiltà. La teoria edipica della guerra spiega le
idealizzazioni opposte dei capi come simboli paterni.
Mussolini e Hitler erano divinità per i loro popoli, mentre il loro
nome suonava come qualcosa di diabolico per gli altri. Quando la dicotomia
dellimmagine paterna avviene allinterno di un popolo,
tende a scoppiare la rivoluzione, per cui esiste una relazione inversa
tra questa e la guerra, a cui appunto ricorrono i dittatori, per consolidare
il proprio potere.
La terza teoria psicoanalitica della guerra può essere considerata
la teoria paranoica.
Essa si collega alle scoperte di Melanie Klein relativamente allo
sviluppo iniziale del bambino. Per il bambino la madre originariamente
è il primo deposito di ogni cosa buona, ma anche, e paradossalmente,
il primo deposito di ogni cosa cattiva. Tale condizione originaria
nascerebbe dal fatto che il bambino, nei primi processi di animazione,
vive le proprie emozioni piacevoli e spiacevoli come prodotte da entità
fantasmatiche illusorie, che vengono tuttavia declinate in concrete
vicende fantasmatiche. In queste condizioni il bambino tende a introiettare
e a proiettare parvenze di fate e di streghe che egli stesso ha create,
attraverso lanimazione autoplastica del piacere e del dispiacere.
In quanto i fantasmi, che nascono dalle vicende di internalizzazione
ed esternalizzazione delle parvenze di fate e di streghe, operano
su entità illusorie, è invalsa labitudine di definire il contenuto
di tali fantasmi in termini psicotici. Così quando il bambino vive
sui piano fantasmatico streghe esternalizzate, si parla di ansie persecutorie,
nel senso che si sente minacciato da un nemico creato da lui stesso.
Allorché, sempre sui piano fantasmatico, una tale entità nemica viene
internalizzata, il bambino può sentirsi minacciato da un nemico interno.
Money-Kyrle chiama processo maniacale il processo attraverso
il quale il bambino si identifica con loggetto cattivo (nemico)
internalizzato, in quanto da tale identificazione nasce un particolare
senso di onnipotenza. ( Se sono io stesso lentità cattiva
di cui avevo tanta paura, non devo avere più paura di nulla.)
Il processo maniacale del bambino è per Money-Kyrle
il prototipo della psicologia di guerra delladulto.
Come evidenza del processo maniacale del bambino, viene citato il
caso di un bambino di due anni che sviluppa una crisi di terrore in
quanto vedeva un leone in un ceppo dalbero. Dopo un po
di tempo il bambino cominciò a dire che era lui stesso un leone, e
da allora diventò tanto coraggioso da andare a sfidare il leone che
aveva sentito esistere nel ceppo dalbero. In altre parole il
bambino introiettava e successivamente si identificava con la terribilità
persecutoria (nemico) che aveva prima vissuto proiet-tivamente nel
leone-ceppo dalbero.
Trasportando questa esperienza infantile sul piano adulto, e sul piano
della psicologia della guerra in modo particolare, si deve riconoscere
che i popoli non vivono tra di loro come ceppi dalbero inerti
e incapaci di aggredirsi. I gruppi umani possono in realtà avere tra
di loro dei conflitti. La teoria paranoica della guerra implica però
che tali conflitti si trasformino in conflitti bellici, in quanto
i contrasti reali tendono ad essere trattati, anziché con procedimenti
realistici, con deformazioni di realtà e con radicalizzazioni distruttive.
Vorrei qui sottolineare la radicalizzazione distruttiva del rapporto
con laltro come uno degli aspetti più tipici dellodio
e della guerra come paranoia persecutoria. Nella esperienza damore
la esistenza dellaltro è indispensabile allesistenza del
Sé fino a diventare costitutiva del Sé. Nellesperienza di odio
al contrario lesistenza dellaltro è sentita negatrice
della esistenza del Sé.
La declinazione dei conflitti nella modalità bellico-distruttiva trova
quindi origine nella assolutizzazione del pericolo dellaltro,
come opponente nel conflitto. In tal modo il fatto stesso che laltro,
esistendo, limiti la nostra onnipotenza, si trasforma in un pericolo
radicale della nostra sopravvivenza, al quale non può essere contrapposta
che la distruzione dellopponente, percepito come distruttore.
La radicalizzazione distruttiva del conflitto non viene però tanto
operata dallopponente come pericolo reale quanto invece dalla
sua deformazione psicotica.
La teoria paranoica della guerra afferma perciò che questultima
ha alla sua radice il fatto di trattare difficoltà reali attraverso
modalità psicotiche. Ciò che espone luomo alla guerra non
sarebbe quindi tanto la sua dotazione aggressiva originaria, una sua
particolare malvagità, quanto una specie di pazzia innata con la quale
egli costituisce i suoi rapporti primitivi col mondo, che originariamente
è la madre.
La disposizione psicotica originaria può essere in modo relativamente
facile riattivata e intensificata dai governanti. In periodi di scontento,
in cui si suscitano ansie depressive collettive, i gruppi umani possono
facilmente scegliersi come leader un individuo che eviti loro la sofferenza
depressiva, attraverso unoperazione paranoicale, un individuo
cioè che, anche diventato adulto, tende a vedere leoni negli opponenti
e che tende a sfidare leoni fantasticati, fantasticando di diventare
egli stesso leone.
Passando ora dalle fonti psicologiche inconsce della guerra alle modalità
in cui la guerra si esplica nei popoli primitivi, Money-Kyrle trova
nel mondo magico dei popoli primitivi le stesse tendenze alla fantasmatizzazione
illusoria di oggetti parentali buoni e cattivi come caratteristica
specifica umana. I processi di proiezione e introiezione di tali immagini
parentali illusorie, sotto forma di spiriti buoni e cattivi, declinati
nel rapporto col capo, amplificano enormemente i poteri del capo.
I processi di identificazione o proiezione di entità illusorie creano
la sensazione di una potenza molto maggiore di quella che può essere
ricavata dalla reale forza delle braccia e ditale amplificazione illusoria
di forza e di potere partecipano tutti i membri del gruppo. Il poter
mettere le numinose potenze benefiche nel proprio capo o nel proprio
gruppo e il poter mettere invece quelle malefiche nel gruppo straniero
finisce per dare alla guerra un preciso carattere rituale di controllo
delle presenze invisibili.
Per quanto delle guerre primitive facciano parte momenti realistici,
come la difesa o un attacco ad un territorio, razzie di schiavi, ecc.,
questi appaiono tuttavia largamente interferiti dai prevalenti meccanismi
di regolazione dei rapporti con le illusorie presenze invisibili,
con il bisogno cioè di negare quelle presenze cattive e di affermare
quelle buone.
Per sottrarsi agli autorimproveri e alle vendette delle presenze
cattive, alle quali si collega il senso di colpa nei riguardi dei
propri morti defunti, le parti cattive devono essere proiettate al
di fuori di sé a dispetto di tutte le evidenze realistiche. Ha così
origine ciò che ho chiamato lelaborazione paranoica del lutto.
A tale proposito Money-Kyrle, citando unosservazione di Haddon
sui cacciatori di teste, parla della storia dei Kwoian, nella quale
uno degli eroi venerati negli Stretti Torres aveva preteso una guerra,
come vendetta del sangue per la morte della madre, che lui stesso
aveva ucciso.
Nei popoli semicivilizzati o civilizzati il movente della guerra
viene progressivamente desessualizzato, razionalizzato e moralizzato,
ma ritorna qual era in origine nellidealismo sublimato dei soldati
che sentono di dover combattere, oltre che per il loro re, anche per
la loro moglie e i loro figli e la propria terra-madre, la cui invasione
viene descritta metaforicamente come uno stupro. Daltra parte
il nemico è solitamente accusato di commettere atrocità sulle donne.
Nel suo insieme, il simbolismo dellinvadere, dellattaccare
e delluccidere, conserva nellinconscio un significato
di stupro. Per cui di fatto ogni belligerante accusa laltro
di commettere quegli atti che ognuno fantastica nel proprio inconscio.
Il desiderio di prestigio, di potenza e di possesso, che ci sembrano
ovvii come motivazioni di guerra, appaiono come dei veri puzzle per
i relativamente felici Duau dellIslanda. Motivi paranoicali
sono perciò individuabili anche dietro la cosiddetta politica di potenza.
Nel complesso luomo della civiltà europea appare a Money-Kyrle
come sospinto da una angoscia paranoicale a porsi in una continua
posizione di sfida nei riguardi del mondo, dal quale si sente continuamente
sfidato: come leroe del mito faustiano egli deve cioè continuamente
conquistare qualcosa, altrimenti cade nella depressione.
Questa tendenza ad evitare la depressione ponendosi in posizioni di
sfida verso pericoli esterni assume svariate forme e quando assume
quella politica, sfocia nella guerra.
La fondamentale natura paranoidea del rapporto tra le nazioni spiega
il perché ogni nazione trova nelle misure difensive del proprio vicino
una conferma e una base realistica della propria paura di essere aggredita.
Ciò che vorrei qui sottolineare è il fatto che lintricata confusione
di ansie psicotiche e di difese reali sotto forma di armamenti, fa
sì che le concrete opere militari sorte come difesa da minacce illusorie
acquistano poi esse stesse il significato di minacce reali, che occultano
lorigine psicotica di tutta la situazione.
Money-Kyrle riconduce lopposizione cosciente alla guerra e in
genere il pacifismo a meccanismi riparativi insorgenti dalle ansie
depressive infantili, relative alla paura di aver distrutto loggetto
buono: fantasia di danni prodotti a privati oggetti damore che
verrebbero confusi con i danni prodotti dalla guerra. Le tendenze
pacifiste nascerebbero pertanto da uninconscia responsabilizzazione
individuale dei danni prodotti dalla guerra, e il pacifista si sentirebbe
spinto a porsi contro la guerra in quanto percepisce in essa gli attacchi
distruttivi che egli vorrebbe portare alla propria imago materna buona.
Una tale operazione nasce da uno sfondo depressivo che può essere
però pesante da sopportare e allora la difesa antidepressiva ci induce
a credere facilmente che il nostro oggetto buono è danneggiato non
da noi, ma da alcuni cattivi oggetti sui quali noi abbiamo proiettato
la nostra aggressività. Noi diventiamo perciò indi a mettere questi
cattivi oggetti in reali e supposti nemici della pace (industrie belliche,
capitalisti, comunisti, autocrati, nazioni straniere, ecc.).
Da questa analisi del pacifismo proposta da Money-Kyrle risulterebbe
quindi che anche il pacifismo, come il bellicismo, è esposto al pericolo
di una elaborazione paranoica del lutto.
Nel suo libro Psychoanalysis and Politics, Money-Kyrle si pone
il problema se sia possibile, sui terreno scientifico, andare al di
là di una neutralità imparziale nei riguardi delle ideologie politiche.
Alla fine della seconda guerra mondiale, Money-Kyrle fece parte di
una commissione alleata (G.P.R.B.), che aveva per scopo di svolgere
unindagine sui tedeschi, onde poter selezionare quelli adatti
a diventare capi della nuova Germania Democratica. Tale indagine rivelò
che, messi di fronte agli orrori dei campi di concentramento, i tedeschi
esaminati reagivano in modo diverso. Alcuni mostravano un senso di
sofferenza e sentimenti di responsabilità e di colpa personali; altri
invece, dopo una reazione di negazione ansiosa, chiedevano che i colpevoli
fossero puniti. Mentre nei primi esisteva un senso di colpa elaborato
coscientemente nella responsabilità, nei secondi invece si rilevava
una difesa della responsabilità, che a sua volta si collegava al fatto
che sentimenti di colpa inconsci venivano negati e proiettati sugli
altri. Quelli che esprimevano negazione e proiezione della colpa mostravano
contemporaneamente una lealtà ossessiva verso qualsiasi autorità essi
servissero: essi furono perciò classificati da Money-Kyrle come autoritaristi,
mentre quelli che avevano coscientemente sentimenti di colpa che
elaboravano in una responsabilità individuale venivano classificati
come umanisti.
Gli autoritaristi non erano necessariamente brutali, ma non sentivano
alcuna obbligazione morale a resistere alla brutalità degli altri,
né avvertivano alcuna sofferenza quando erano incapaci di resistervi.
Il tipo autoritarista non mostrava una specifica dedizione ad un codice
morale particolare, ma tendeva piuttosto ad accettare qualsiasi codice
morale imposto dalla società, fosse essa rappresentata dagli Hohenzollern,
dalla Repubblica di Weimar o da Hitler.
Nellaffrontare il problema del modo in cui i processi inconsci
influenzino i nostri desideri e le nostre opinioni politiche, Money-Kyrle
pone due quesiti:
1)Quali siano i mezzi migliori per raggiungere un dato fine
politico.
2)Quale sia lo scopo politico migliore da raggiungere.
Premesso che possono essere indagate scientificamente le situazioni
a cui si può applicare il criterio di vero-falso, egli sostiene che
mentre al primo quesito può essere data una risposta scientificamente
motivata, la risposta al secondo quesito è praticamente impossibile
perché dipende in larga parte dai desideri individuali, ai quali non
si può applicare il criterio di vero o falso; il secondo quesito dunque
sarebbe al di fuori di una possibilità di indagine obiettiva. Egli
infatti ritiene che possa essere indagata scientificamente la modalità
etica in cui un individuo vive lesperienza politica. Modalità
disturbate di vivere letica dellesperienza politica vengono
inquadrate nelle anomalie del carattere.
I disturbi della formazione del carattere si esprimono in ciò
che è manifesto nelle operazioni dei meccanismi di difesa contro ansie
persecutorie e depressive. Quando questi includono la negazione della
depressione o della colpa depressiva, implicano anche un disturbo
della coscienza morale.
Money-Kyrle distingue tre tipi di moralità disturbata:
-Il primo tipo è lautoritarista che fa diventare
inumani nel raggiungimento di ciò che viene considerato come un dovere.
-Il secondo tipo è quello ipomaniacale, nel quale il Super-Io
sembra padroneggiato dallIo. Sono le personalità della storia
del mondo che, se hanno successo, fondano nuovi codici morali.
-Il terzo tipo è lipoparanoide che proietta il senso
di colpa sugli altri ed è dominato dalla tendenza ad esprimere indignazione
contro i peccati reali o immaginari del prossimo.
Kant apparterrebbe al primo tipo; Napoleone, come è descritto da Raskolnikoff,
al secondo tipo, e Hitler, inteso come un Don Chisciotte perverso,
viene preso ad esemplificazione del terzo tipo. Il primo tipo, ossessivamente
legato alla moralità autoritaria, nasce dalla fantasia di una buona
madre, attaccata da un cattivo padre; nel primo tipo si verifica cioè
parte della vicenda di San Giorgio, ma prevale la paura del drago.
In tal caso per controllare lansia persecutoria lindividuo
tende a sottomettersi alloggetto temuto, negando le sue qualità
cattive. Lautoritarista nega inoltre le qualità buone della
madre aggredita dal padre, sia per evitare la sofferenza di averla
tradita, che per paura del padre persecutore.
Si verifica dunque nellautoritarista la resa senza condizioni
al persecutore interno.
La moralità di tipo ipomaniacale nasce invece da una specie di identificazione
con loggetto persecutore, per mezzo della quale si vuole controllare
il persecutore stesso (vedi il bambino che ha paura e si identifica
con il leone). Anche in questo caso troviamo, persistente nellinconscio,
una rappresentazione persecutoria del mondo non corretta da processi
di verificazione. Oltre a questo, però, nel caso ipomaniacale viene
negato lamore. Come in Faust questi soggetti ricevono lonnipotenza
dalloggetto-diavolo persecutore, a patto però di fare quello
che il diavolo persecutore vuole. Se Faust si commuove per Margherita
(cioè non nega più lamore), il diavolo schiavo diventa un tremendo
padrone. Il tipo di moralità disturbata dellipomaniacale si
fonda perciò sulla negazione di importanti verità verso se stessi.
Esistono sentimenti di pietà, di colpa e di sofferenza inconsci, ma
vengono negati. Altrimenti sopravviene il collasso depressivo. Anche
il tipo di moralità disturbata ipoparanoide ha a che fare
con una grande quantità di ansia persecutoria. Egli però si difende
dal persecutore interno proiettandolo, piuttosto che arrendendosi
a lui, identificandosi con lui, come fanno lautoritarista o
lipomaniacale.
Passando a considerare i problemi relativi al gruppo e alle sue relazioni
con gli altri gruppi, Money-Kyrle osserva che, secondo alcuni, le
relazioni tra gruppi devono essere sempre accanitamente competitive
(teoria darwiniana della selezione del gruppo), secondo altri, invece,
lo stato naturale delluomo, e quindi del gruppo, è quello della
pace e della fratellanza.
Le concezioni ottimistiche o pessimistiche della natura umana derivano
da situazioni inconsce. Quelli che vedono solo la natura aggressiva
delluomo negano la colpa che coesiste nelluomo con laggressività:
quelli che vedono luomo in modo idillico negano invece la predatorietà,
che coesiste nelluomo con la colpa.
Insomma quando impulsi predatori generano colpa, per evitare la sofferenza
che ciò determina possono essere negati o luna o gli altri:
può nascere cosi una certa prevalenza di impulsi egoistici o di impulsi
altruistici. Di fatto però gli impulsi egoistici indirettamente e
gli impulsi altruistici direttamente favoriscono la sopravvivenza
della specie. E pericolosa la negazione sia delluomo
sia dellaltro istinto. Secondo la Mead sia i Mundugumor che
gli Arapesh sarebbero in pericolo di estinzione in quanto i Mundugumor
difettano di altruismo e gli Arapesh di egoismo: gli uni sarebbero
troppo cattivi, gli altri troppo buoni. Perciò quando un gruppo vuole
essere altruistico verso gli altri, bisogna che tutti gli altri lo
siano.
Ogni uomo può essere simultaneamente amato e odiato, la completa distribuzione
o scissione dellambivalenza può essere però influenzata da fattori
culturali.
La tradizione culturale non crea lambivalenza, ma la può aumentare;
la cultura determina quali sono i vicini da amare e gli stranieri
da odiare. Nello sviluppare le emozioni di paura, la natura sembra
aver adoperato lodio; noi troviamo infatti che i primi oggetti
temuti sono quelli sui quali viene proiettato il nostro odio. La selezione
culturale aumenta la solidarietà del gruppo aggiungendo la paura di
uccidere i vicini alle altre forme di coesione. La selezione culturale
incoraggia però anche lodio verso i nemici in guerra. I conflitti
tra lodio e la paura appaiono però a Money-Kyrle come originari
rispetto alla selezione culturale, e vengono considerati come causa
di deformazioni della realtà.
La persona normale deforma solo la parte del mondo che non le è familiare.
La realtà può essere svisata sia immaginando pericoli o nemici inesistenti
sia negando pericoli reali.
Il nevrotico, per difendersi dalla sofferenza che dà il vivere nel
sospetto, tratta gli imbroglioni come amici. In rapporto alla costituzione
di realtà il mondo della politica è considerato a metà strada tra
il mondo dellesperienza quotidiana e il mondo religioso, per
cui troviamo nel mondo politico la facile proliferazione di astrazioni
personificate.
Una persona normale, che è abbastanza realistica nel mondo domestico
di oggetti concreti, è esposta facilmente a un modo di pensare irragionevole
non appena si trova di fronte alle astrazioni personificate. Ciò avviene
perché in casi del genere le risposte emotive sono suscitate
da oggetti di fantasia piuttosto che dagli oggetti reali, ai qua le
astrazioni personificate sono collegate.
Money-Kyrle cita Jones a proposito del fatto che anche gli psicoanalisti
non sono diversi dai non analizzati per quello che riguarda le controversie
politiche. Commenta tale constatazione dicendo che gli Io politici
delle persone possono essere sede di una malattia incapsulata in un
individuo altrimenti normale.
Il meccanismo maggiormente responsabile di distorsioni politiche è
quello di splitting,(7) che sta alla base dellesagerazione
delle differenze tra quelli della nostra e quelli de laltra
parte.
Le angosce inconsce tendono a produrre false identificazioni. Lidentificazione
di un gruppo con linterno oggetto cattivo ci rende indebitamente
sospettosi e ci induce ad attaccare per supposte necessità di difesa.
Può però esistere anche il meccanismo opposto, per il quale uno può
cercare di sottrarsi allansia persecutoria inconscia negando
un pericolo reale. Come esempio di un atteggiamento di questo tipo
Money-Kyrle cita il fatto che molti, contro levidenza, credevano
che Hitler si sarebbe soddisfatto attraverso un sistemazione onorevole.
Limprovviso cambiamento di parti è
pure impiegato come difesa dallansia. Il nostro gruppo viene
allora tradito e il nemico viene invece idealizzato. Lidealizzazione
in questo caso viene molto esagerata. La nuova lealtà deve essere
ora senza limiti, perché inconsciamente loggetto è ancora odiato
(resa al nazismo nel fenomeno del Quisling).
Un altro atteggiamento di difesa dallansia persecutoria può
essere lapatia cinica e depressiva. Nel primo caso s
pensa che il bene da difendere non ha alcun valore e noi merita di
essere difeso: nel secondo caso si ritiene che noi vale tentare una
difesa senza speranza. (Questi atteggia menti erano comuni negli oppositori
al fascismo.)
Le ansie persecutorie, suscitate dal considerare laltro gruppo
come oggetto cattivo, possono perciò produrre tanto
un aumento di aggressività quanto una diminuzione di resistenza verso
oggetti realmente pericolosi.
In ogni caso però, sia laumento sia la diminuzione di aggressività
sono irrazionali perché nascono da false identificazioni. Le false
identificazioni vengono pure favorite dalle ansie depressive.
Quando un popolo aggressivo senza essere provocato fa una guerra
brutale e contro un inoffensivo vicino, il nostro intervento in difesa
di questultimo sembra del tutto legittimo. Ci sentiremmo in
colpa anzi se non facessimo così. Ma poiché il gruppo aggressore non
è solo ciò che realmente è, ma è anche falsamente identificato con
le parti buone scisse e collegate nelle fantasie inconsce con le parti
cattive, inconsciamente viene attivato il senso di colpa.
La difesa dal senso di colpa consiste nel negarla e metterla nel nemico
il quale viene punito non solo per i suoi peccati, ma anche per i
nostri: questa è la ragione per la quale le guerre di liberazione
si trasformano in guerre di vendetta e in genere la negazione e la
posizione della colpa stanno alla radice della vendicatività politica
in generale. Altra difesa dal senso di colpa può essere latteggiamento
pacifista, che, per paura della violenza, rimane paralizzato,
nella capacità di difendere ciò che ama.
Così la difesa della colpa può determinare unimprovvisa resa
alloggetto cattivo, come nei convertiti al nazismo. Sentimenti
di colpa inconsci sorgono anche quando cè una aggressione reale
da cui difendersi; ma diventano più forti quando i motivi reali sono
minori. In casi estremi il senso di colpa può essere negato con linvenzione
delirante di un presunto attacco.
Secondo Money-Kyrle la negazione, la proiezione, e alcune volte la
esagerazione della colpa, giocano un enorme ruolo in tutti i conflitti
di classe. (8)
Le classi in lotta fra loro si deformano reciprocamente
attraverso false identificazioni.
Le classi che sono ingordamente determinate a conservare o a rifiutarci
le cose che noi vogliamo (capitalisti) o intenzionate a toglierci
le cose che già abbiamo (socialisti) rappresentano il cattivo genitore
che non ci vuol dare ciò di cui abbiamo bisogno urgente e che
rivuole indietro ciò che già abbiamo ottenuto. Questo cattivo
genitore e i beni che sono in contestazione sono originariamente parti
del corpo che non Possono cambiare proprietà senza che venga operata
una mutilazione distruttiva. I conflitti economici tra capitale e
lavoro, visti in tale prospettiva psicologica inconscia, determinano
così grande quantità di sentimenti di colpa in tutte e due le classi
implicate, dando origine sia a paralisi che ad esagerazione
dellaggressività
La paralisi dellaggressività si può avere non solo in gruppi
di dominati, che accettano, in certe epoche e luoghi, ogni malversazione,
ma anche nei gruppi di dominanti che in qualche circostanza diventano
incapaci di difendersi.
Noi in realtà abbiamo più familiare il processo per cui la colpa,
essendo proiettata, giustifica laumento dellaggressività.
Questo processo sembra stare alla base sia del concetto ottocentesco
del povero che è tale per sua colpa, e che perciò deve essere abbandonato
senza pietà alla sua triste condizione sia dellimmagine del
capitalista vampiro.
La presa di coscienza delle distorsioni, operate dalle false identificazioni,
renderebbe, secondo Money-Kyrle, la lotta di classe e la vita dei
gruppi più razionale. A mio avviso ciò sembra poco probabile, vista
la constatazione citata di Jones. Per diventare operante una presa
di coscienza ha bisogno di inserirsi in un rapporto interumano. Nellanalisi
individuale, la presa di coscienza delle distorsioni dellIo
diventa operante nel rapporto transfertale. Nella situazione di gruppo
in che modo diventa operante? Dovremo ritornare su questo argomento.
Affrontando il problema del gruppo nelle sue relazioni con gli individui,
Money-Kyrle afferma che linfluenza dello Stato sui cittadini
dipende dal fatto che in esso viene proiettata una figura parentale.
In tal modo lautorità dello Stato viene fantasticata nei termini
in cui contiene le proiezioni del Super-Io individuale. Lo Stato influisce
sulla natura dei cittadini adulti allo stesso modo in cui i genitori
reali influenzano il bambino.
Limmagine che il bambino ha dei genitori è in parte dovuta
a ciò che questo proietta su di loro. Un aumento di autoritarismo
nello Stato porta ad un aumento dellautoritarismo nel Super-Io
degli individui. Così uno Stato umanistico dovrebbe aumentare le tendenze
umanistiche dei cittadini. Money.Kyrle cita lultima storia della
Germania e dellInghilterra come esemplificazioni tipiche di
una situazione a spirale tra cittadini e Stato nel primo caso di tipo
autoritarista e nell'altro di tipo umanistico.
Nella sua analisi delle motivazioni politiche Money-Kyrle considera
normale come equivalente a razionale e riduce la razionalità,
in senso psicoanalitico, alla conoscenza del proprio inconscio, per
impedire la deformazione delle nostre funzioni di realtà da parte
di ignorate fantasie inconsce.
Secondo questo autore scopo dellanalisi non è quello di rendere
un individuo ben adattato ad una determinata società. Essere analizzati
significa diventare razionali, comprendendo le confusioni tra mondo
interno e mondo esterno. Lanalisi non ha bisogno di sapere che
cosa lindividuo farà, quando è guarito, per guarirlo. Così non
sembra necessario un concetto di Stato buono per provocare i cambiamenti
adatti a produrlo.
Money-Kyrle avverte
inoltre che una ricerca psicoanalitica sulla guerra può determinare
molte avversioni verso chi la fa. Ad un certo punto della sua indagine,
Money-.Kyrle si domanda quali disturbi nel pensiero politico in generale
possono essere prodotti dalle ansie psicotiche.
Lansia
persecutoria si inizia con un senso di indefinita
e terrificante minaccia al Sé da parte di qualcosa dentro di sé. La
Prima difesa è la proiezione.
E di dominio abbastanza comune la paranoia Politica di Hitler;
la gente però è molto meno familiarizzata con le modalità in cui le
ansie persecutorie in genere Possono disturbare la vita politica.
Quando le astrazioni personificate o le ideologie di un altro partito
suscitano ansie persecutorie, allora sorgono ha fantasia di attaccarle
e la paura di subire Io stesso attacco. Tali paure non creano pericoli
inesistenti, ma esagerano enormemente pericoli reali. La Vittoria
di un altro partito può essere temuta perché vengono diminuiti i guadagni,
perché aumentano le tasse, perché aumenta magari il potere della burocrazia
o dei militari su di noi. Ma la reale paura che sorge può essere molto
aggravata da ansie paranoidi nelle quali, più che testimoniare la
realtà, si assiste senza saperlo alla proiezione del proprio sadismo.
Laumento dellansia determina laumento dellodio
in un cerchio chiuso.
Non esiste però solo la tendenza ad esagerare il pericolo reale. Come
già abbiamo visto, per evitare di riconoscere negli altri la nostra
malignità alienata, noi possiamo negare la cattiveria realmente esistente.
Tra queste due tendenze, luna a esagerare e laltra a minimizzare
o a negare i pericoli reali, non è facile conservare un giudizio oggettivo.
Così il pericolo di certe situazioni politiche tende ad essere esagerato
come un incubo proveniente dal di fuori o trascurato come un problema
del tutto senza fondamento. La sottovalutazione del pericolo reale,
tramite la negazione della reale malignità di un oggetto terrificante,
può complicarsi attraverso lidealizzazione delloggetto
temuto.
La relativa indifferenza nei riguardi del pericolo atomico e nello
stesso tempo la ingenua fiducia che le bombe atomiche pongano fine
alla guerra sembrano derivare, a mio parere, dalla combinazione di
questi due meccanismi.
Dopo aver esaminato gli effetti politici dei meccanismi di difesa
da ansie persecutive, Money-Kyrle passa a considerare gli effetti
politici delle operazioni dei meccanismi di difesa contro le ansie
depressive.
La colpevolezza depressiva si inizia quando il bambino realizza che
ha attaccato loggetto damore e lo ha distrutto. Nella
sua forma primaria è il risultato dellambivalenza. Ma la colpa
depressiva appare anche sotto forma di colpa per aver tradito il proprio
oggetto damore, per paura e terrore delloggetto cattivo.
Se ciò che noi odiamo è per il nostro inconscio anziché un oggetto
cattivo un oggetto misto, (un oggetto cioè che è percepito
simultaneamente buono e cattivo), si suscita senso di colpa se lo
distruggiamo. Inversamente se abbiamo paura delloggetto cattivo
e non lo attacchiamo, temiamo di aver tradito il nostro oggetto damore.
Poiché però questi sentimenti sono difficili da tollerare in quanto
penosi, facciamo di tutto per non doverli ammettere. La prima difesa
dalla colpa depressiva per aver distrutto un oggetto misto, è quella
di ritornare allo splitting, attraverso il quale loggetto misto
viene scisso in due: uno buono e laltro cattivo.
Money-Kyrle nota che il meccanismo di splitting è stato impiegato
per generazioni come difesa dai sentimenti di colpa, in seguito a
rivoluzioni vittoriose. Carlo I, Luigi XVI, Nicola TI possono essere
stati degli ostinati e dei deboli. Nessuno di loro però può venire
considerato crudele o cattivo, e anzi tutti e tre avevano qualità
che avrebbero reso amabile qualsiasi privato cittadino.
Lucciderli perciò determinava un grande senso di colpa: come
difesa verso di essa si rinforzò il meccanismo di splitting. I re
uccisi e i loro regimi vennero descritti dagli storici molto peggiori
di quanto in realtà non fossero e le virtù dei rivoluzionari e i benefici
delle rivoluzioni furono esagerati. Secondo Money-Kyrle ancora oggi
gli storici considerano con tendenziosa esagerazione i benefici delle
rivoluzioni inglese e francese, quasi si identificassero con regicidi
vittoriosi tentando perciò una difesa dal senso di colpa. Quando noi
odiamo unaltra classe o nazione, nella fantasia inconscia noi
possiamo avere già distrutto un genitore, un fratello, una sorella,
che erano più favoriti di noi. In tal modo, negando qualsiasi aspetto
buono del paese che odiamo e vedendo di esso solo la predatorietà
e la ingordigia, ci difendiamo soltanto dal nostro senso di colpa
sebbene siamo convinti noi e i nostri compagni di essere animati solo
da motivi altruistici.
Un altro modo di difenderli dalla colpa è quello di proiettarla. Questo
tipo di difesa dalla colpa è particolarmente collegato con gli eccessi
degli ultimi stadi di una rivoluzione vittoriosa, quando i rivoluzionari
arrivano ad uccidersi lun laltro. Nessuna rivoluzione
raggiunge pienamente gli scopi che si propone; di qui senso di colpa
e bisogno di capri espiatori. La stessa difesa opera dopo una guerra
attraverso la colpevolizzazione del nemico vinto.
La ferocia delle controrivoluzioni è anchessa collegata a questi
meccanismi. I lealisti hanno inconsciamente desiderato il successo
della rivoluzione; quindi devono imperversare contro i rivoluzionari
vinti, come parti cattive di sé.
La proiezione della colpa, come difesa da essa, non si estrinseca
solo nelle rivoluzioni o nelle guerre: ma è addirittura istituzionalizzata
nei nostri tribunali. Il crimine ha fatto ciò che i cittadini hanno
fantasticato di fare. La proiezione della colpa presuppone la sua
negazione. Luomo è predatore e poiché tende specialmente a predare
individi della propria specie che ama e odia, viene suscitata una
grande quantità di colpa.
I popoli scelgono i capi che fanno loro credere di soddisfare la loro
ingordigia e arroganza. Ma quando le cose vanno al peggio, i popoli
dichiarano di voler solo la pace e di voler vivere con gli altri popoli
come fratelli. Per mantenere questo mito le effettive condizioni di
realtà vengono negate.
Noi dobbiamo di fatto vivere in competizione perché non cè mai
stata una disponibilità di beni sufficienti a tutti.
I nostri desideri in realtà si soddisfano attraverso la privazione
di altri uomini. Poiché questa constatazione può far sorgere sentimenti
di colpa, di solito viene negata e tale negazione è confortevole
specialmente per gli individui che hanno grandi ricchezze. Questo
meccanismo secondo Money-Kyrle è stato adoperato
per negare che poteva esserci qualcosa di reale dietro il desiderio
ansioso della Germania di spazio vitale. Il senso di colpa implicato
dallegoismo nelle situazioni economiche non solo tende ad essere
negato negando legoismo, ma negando anche il fatto che senza
una qualche forma di egoismo non si può vivere confortevolmente o
forse addirittura non si può vivere. Ciò che rende il senso di colpa
difficile da sopportare è forse il fatto che è eccessivo.
Un paziente in analisi si comporta come se il danaro tolto agli altri
o a lui fosse una mutilazione fisica. Siccome il senso di colpa che
nasce dal privare gli altri dei beni è troppo forte, esso viene negato
del tutto.
Unulteriore difesa dalla colpa, suscitata dal privare gli altri
di qualcosa, è lesagerare i difetti altrui allo scopo
di persuadere se stessi che non dobbiamo nulla a nessuno. NellOttocento
lestrema povertà in cui vivevano gli operai e la sensazione
di impossibilità a ripararla sollevarono forti sentimenti di colpa
nei benestanti che si opposero tenacemente alle spiegazioni più razionali
date da Malthus (sovrapopolazione) e dai Keines (periodico raccorciamento
del potere dacquisto dovuto alleccesso di risparmio sullinvestimento).
Allo stesso modo, dopo la seconda guerra mondiale, si diceva che non
si doveva nutrire la Germania affamata, perché la Germania con la
fame aveva quello che si meritava. In tal caso le colpe degli altri
vengono esagerate per difendersi dalle colpe che i mali altrui (in
modo giusto o sbagliato) suscitano in noi; per cui noi inconsciamente
ci sentiamo responsabili del male degli altri. Oltre che dai conflitti
amore-odio, gli stessi problemi vengono suscitati dai conflitti tra
amore e paura.
Durante il patto di Monaco molti si sentirono in colpa perché si era
lasciata aggredire la Cecoslovacchia invece di sfidare laggressore.
Le reazioni a tale senso di colpa furono varie: alcuni negarono che
vi fossero obblighi verso la Cecoslovacchia, altri imputarono la responsabilità
alla diserzione dellalleato francese, altri ancora dicevano
che la Cecoslovacchia aveva quello che meritava.
Ci può essere inoltre conflitto al di dentro di noi tra due generi
di coscienza: uno riguardante la lealtà verso loggetto amato,
laltro lobbedienza a qualcosa di temuto.
Tale conflitto era acuto nella Germania nazista: quelli che sentivano
profondamente lobbedienza dovuta allo Stato sentivano però anche
il tradimento di unaltra moralità. La soluzione comune in tali
casi era di farsi trasferire, al fronte a rischiare la vita, essendo
spinti sia ad ubbidire allo Stato che a punirsi per questo. Ci si
può chiedere quindi in che misura questa situazione può essere un
meccanismo generale della guerra. Altri però negavano la colpa e diventavano
funzionari di campi di concentramento: ciò dimostra fino a che punto
la posizione umanistica possa essere sommersa in quelli che si arrendono
ad una chiesa, a un partito o allo Stato.
Money-Kyrle avverte che a qualcuno sembrerà assurdo e imbarazzante
dare tanta importanza ai sentimenti di colpa inconsci, quasi si trattasse
dun revival di concetti impiegati dalle religioni e ormai scomparsi
con esse. Ma invece sarebbe più esatto dire che le religioni sono
state create per trattare il sentimento di colpa, che preesisteva
e di cui la gente ha sempre cercato di liberarsi. Non solo il cristianesimo,
ma anche le filosofie politiche che hanno preso il suo posto, cominciano
con miti concernenti la colpa. E tutti, simultaneamente alla colpa,
ne enunciano anche la proiezione. Il peccato originale pone la colpa
nei nostri primitivi genitori. Similmente il mito della primitiva
innocenza di Rousseau, che ha conservato tuttora unimportanza
politica enorme, ammette la cattiveria delluomo quale è,
ma la condanna viene rivolta alla società che lo ha nutrito. Ora
è vero che se ci fosse una società migliore gli uomini starebbero
meglio e forse si sentirebbero meno colpevoli; sta di fatto però che
il mito serve semplicemente a negare, senza diminuirla, la colpa che
la gente, così come è, sente nellinconscio.
Passando ad indagare il significato delle ideologie Money-Kyrle
parte da alcune esperienze cliniche, nelle quali il paziente tende
a minimizzare piuttosto che a nascondere certe credenze religiose
o filosofiche. Il paziente ha sempre considerato irrilevanti per lanalisi
certe sue credenze. La resistenza a parlarne deriva dalla paura, che
il soggetto ha, che le sue credenze vengano minate dallanalisi.
Egli finisce allora per dire che tali credenze sono per lui la principale
sorgente della sua vita e che senza di esse la sua vita perderebbe
ogni senso.
Secondo Money-Kyrle un atteggiamento di tal fatta dimostra che le
credenze, siano esse vere o false, vengono impiegate per negare
una qualche verità sentita come intollerabile. Forse la verità
più penosa che uno può conoscere è che qualche persona amata sia morta
senza possibilità di richiamo: e la pena aumenta se al senso di colpa
si aggiungono i desideri ostili verso la persona amata. Il paziente
può aver sperimentato ciò nellinfanzia, alla morte del padre.
Oppure può non aver provato niente perché ha negato tutto inconsciamente.
Spesso, unito a questa originaria negazione di una intollerabile verità,
troviamo un mito privato. Nasce la fantasia che nega il disastro di
cui ci si sente colpevoli attraverso una fantasia di onnipotenza che
ha lo scopo di prevenire il disastro. Tale onnipotenza viene raggiunta
attraverso lidentificazione con il padre come identificazione
con loggetto damore perduto. Se uno diventa il padre,
il padre morto è ancora vivo dentro di lui, ed egli ha assorbito le
magiche qualità del padre che permettono di sconfiggere la morte creando
vita nel mondo esterno. Tutto ciò, quando è combinato con un forte
impulso creativo, può esprimersi nel senso di una missione vitalmente
importante.
Per Money-Kyrle la nascita di una ideologia è strettamente collegata
allelaborazione del lutto, attraverso un mito privato di riparazione
consistente nella nostra identificazione con la persona morta, resa
viva introiettando le sue qualità magiche. Al posto del senso di perdita
subentra allora in noi la sensazione di poter raggiungere un grandissimo
scopo vitale. In tal modo non viene solo negata la perdita della persona
amata, ma si può anche prevenire una sua eventuale distruzione negando
gli impulsi cattivi che sono da noi pensati come causa della sua morte.
Poiché però lodio deve essere combattuto nelle sue forme proiettate
piuttosto che nella sua forma originaria, esso non deve essere eliminato
dal nostro cuore, dove la sua presenza viene negata, ma dal mondo
esterno in cui è stato messo. Da qui trae origine un nuovo sistema
filosofico o religioso o il ricorso a uno vecchio, per la salvezza
del genere umano, cioè per liberarlo da oscure disperazioni.
Non è senza ragione che il declino della religione è stato accompagnato
dalla recrudescenza delle ideologie politiche, ciascuna delle quali
promette un mondo migliore. Le teorie sociologiche possono essere
vere o no, ma i seguaci di unideologia sentono che, se questa
fosse falsa, non varrebbe più la pena di vivere. Da qui deriva la
pericolosità delle ideologie. Se ad esse si prestasse la stessa fiducia
che si dà alle verità scientifiche, non ci sarebbe difficoltà a verificarle
nella pratica, e quindi ad accertare se corrispondono o meno alla
realtà. Ma siccome sono invece oggetto di fede non possono essere
mai smentite, perché in tal caso il soggetto si esporrebbe a quella
stessa situazione depressiva che esse tentano proprio di curare. Il
tentativo di analizzare razionalmente una ideologia e di verificarla
nella realtà può essere sentito come un attentato a ciò che si ama
e quindi come il declino della generale felicità anziché laumento
sperato e, in definitiva, come la causa di una serie di calamità una
più grave dellaltra. Il dogmatico cioè sarà sempre indotto ad
elaborare in modo paranoicale gli eventuali risultati negativi della
realizzazione di una ideologia: che per lui non sarebbero dovuti a
qualcosa che non va nella ideologia, ai conti che non tornano per
lo scarto che inevitabilmente si stabilisce tra lideale e il
reale, bensì alla malignità e alla colpa degli oppositori. I miscredenti
vengono allora odiati e tutto lodio che il dogmatico si propone
di eliminare dal mondo, con lavvento di una determinata ideologia,
viene in realtà vissuto al di dentro del dogmatico stesso e rivolto
contro chi non crede.
Poiché le prospettive belliche del nostro tempo sono fortemente interferite
da razionalizzazioni e da conflitti ideologici, la tesi sullorigine
e sulle funzioni delle ideologie, proposta da Money-Kyrle, può esserci
utile per analizzare il significato dei conflitti ideologici in rapporto
alle prospettive di guerra atomica.
Uno dei risultati della prospettiva pantoclastica legata alla situazione
atomica è la probabile distruzione delle ideologie stesse, in nome
delle quali e per la salvezza delle quali, una eventuale guerra atomica
dovrebbe essere intrapresa: in altri termini la prospettiva pantoclastica
mette in crisi la guerra come strumento di difesa e di affermazione
delle proprie ideologie.
Poiché, come abbiamo visto, le ideologie prendono il posto di un oggetto
damore perduto negandone la perdita, la crisi della guerra,
nei termini sovrapposti, può essere fante di gravi ansie depressive,
nel senso che la prospettiva di non poter più difendere le proprie
ideologie farebbe riaffiorare proprio quelle esperienze di perdita
di lutto che è compito specifico delle ideologie di negare.
Mentre cioè la elaborazione paranoica del lutto cerca di difendersi
dalle tendenze distruttive e dai sentimenti di colpa per la morte
del proprio oggetto damore, proiettandoli in un altro, nel nemico,
la elaborazione del lutto attraverso la ideologia farebbe invece soprattutto
uso del meccanismo di negazione: verrebbe cioè negata la perdita della
persona amata, attraverso una elaborazione maniacale del lutto:
la ideologia dogmatizzata diventa loggetto onnipresente,
in qualche modo il dio in terra. Il meccanismo di negazione, come
tipica difesa maniacale, conduce a specifiche deformazioni di realtà,
che possono essere riscontrate come particolarmente operanti nella
assunzione contenuta nellassioma del fanatismo ideologico: fiat
justitia pereat mundus.
Il fatto che il proprio oggetto damore ideologico (in questo
caso la justitia) sia immaginato come esistente, anche se tutto il
mondo viene distrutto, sembra una affermazione comprensibile solo
in base allintervento di un massiccio meccanismo di negazione
della distruzione-perdita, cioè di negazione del lutto, per cui
al limite la esistenza e la non esistenza si confondono e la
massima affermazione coincide con la massima negazione.
Si può avere una controprova del fatto che il rapporto con una
ideologia (soprattutto se organizzata in un movimento politico che
ne esprima la concretizzazione che avrebbe in qualche
modo il significato del Dio in terra) costituisca una esperienza collegata
con il lutto come sua negazione. Tale controprova si fa quando la
interruzione del rapporto con la ideologia, o con il gruppo
ideologizzato, fa sorgere angosce di lutto. Vorrei citare a questo
proposito lemozione profonda che Ignazio Silone ha provato e
descritto quando uscì dal Partito. La verità è questa, luscita
dal Partito comunista fu per me una data assai triste, un grave lutto,
il lutto della mia gioventù. E io vengo da una contrada in cui il
lutto si porta più a lungo che altrove.
4. Alcune
riflessioni generali sulla letteratura psicoanalitica sul fenomeno
guerra
Se,
dopo aver esposto il pensiero di Freud, Glover e Money-Kyrle sulla
guerra, cerchiamo di cogliere la direttiva che ispira la loro indagine,
la possiamo comprendere in funzione della riduzione del fenomeno guerra
al contenuto di impulsi, angosce e difese che la psicoanalisi è venuta
scoprendo nella sua pratica clinica si nevrotici, sugli psicotici
e sul cosiddetti normali: possiamo perciò comprendere il significato
dellindagine psicoanalitica sulla guerra inquadrandolo nel suo
insieme come un tentativo di riduzione del fenomeno guerra al soggetto
e ad ogni soggetto in prima persona. Così, quando Freud parla del
processo di monopolizzazione della violenza da parte dello Stato,
introduce il suo discorso dicendo: Questa guerra, per il
cittadino di qualunque nazione rappresenta... In questo
caso è la contrapposizione della moralità individuale del singolo
cittadino concreto alla moralità-immoralità della guerra che permette
di cogliere nella sua evidenza la monopolizzazione della violenza
da parte dello Stato quale processo collettivo. Senza tale confronto
la guerra potrebbe essere tranquillamente descritta e di fatto
lo è stata come una forma di comunicazione tra nazioni,
che parte da una precedente comunicazione politica e che conduce ad
una differente ma continua comunicazione (Clausewitz). Ora è
evidente che la guerra per il cittadino di qualunque nazione, cioè
per lindividuo concreto in carne ed ossa, acquista un Significato
diverso a seconda che gli venga presentata come una forma di comunicazione
tra le nazioni o se gli venga chiarita come un processo di alienazione
della propria violenza privata e di monopolizzazione di tale violenza
privata da parte dello Stato. La strada percorsa da Freud, per
arrivare a tale formulazione, passa dunque attraverso la presa di
coscienza del proprio desiderio privato di guerra, come disposizione
a vivere impulsi distruttivi, a loro volta collegati alla propria
storia individuale infantile implicata nei conflitti parentali inconsci.
Nel caso della guerra intesa come una forma di comunicazione
tra le nazioni la guerra stessa viene invece vista molto dallalto
e dallesterno, senza percorrere la inquietante strada che passa
attraverso il soggetto o magari addirittura attraverso linconscio
del soggetto, con tutte le sue private istanze di violenza, di amore,
di colpa, di angosce e di difese.
Coloro che cercano di cogliere il significato della guerra, evitando
il passaggio attraverso il soggetto, vogliono farci credere che il
loro procedimento è scientifico, in quanto eviterebbe le nostre implicazioni
personali e così la nostra disposizione verso la guerra diventerebbe
quella di osservatori imparziali che possono coglierla come essa è
effettivamente, senza essere fuorviati dalle nostre implicazioni personali.
Essi condannano perciò la psicoanalisi come non scientifica perché
basa il proprio procedimento di ricerca proprio sulle implicazioni
personali del transfert, e pretende di ricavare il significato della
vita dei gruppi e della guerra da ciò che trova nellinconscio
degli individui, dal sadismo e dal masochismo come dotazione istintiva
individuale (Glover), dalle modalità psicotiche degli individui di
vivere la realtà (Money-Kyrle).
Un bellesempio di come il timore di non essere scientifici
possa turbare (come una specie di tabù violato nel costituire una
scienza del sociale attraverso la riduzione allindividuo) gli
stessi psicoanalisti ci viene offerto dalla lettura di un simposio
su Violenza e Guerra pubblicato nel vol. VI di Science and
Psychoanalysis, a cura di Jules H. Massermann.(10) Nel
suo commento finale al simposio, Massermann critica i concetti psicoanalitici
di aggressività, Super-Io, libido, ecc. come astrazioni personificate
e rileva che Anthony Leeds ha demolito completamente vari slums pericolanti
e labirintici del nostro pensiero sulla guerra. Ora il lavoro di Leeds
Fonctions of War si propone appunto di studiare la guerra come
qualsiasi altro fenomeno, escludendo ogni riferimento a giudizi di
valore, in quanto i giudizi di valore non sarebbero di alcuna utilità
nellanalisi (salvo naturalmente attribuire implicitamente valore
al proprio tipo di analisi !). La guerra viene dunque
considerata una istituzione sociale con specifiche funzioni sociocuiturali,
che si tratta di descrivere. I contenuti di valore sono considerati
elementi culturali, ma il loro esempio è una faccenda individuale
e soggettiva che non ha interesse per lo studio del fenomeno guerra.
A tener presente il mondo dei valori nello studio della guerra, si
rischia di giungere a visioni psicologistiche, che non spiegherebbero
i reali accadimenti della guerra. Perciò egli critica le concezioni
psicologiche che vedono nella guerra linterferenza di meccanismi
psicotici e comunque dereali perché la guerra si imporrebbe invece
in base a precise funzioni sociali che hanno una propria validità
autonoma.
Sia la sola pace che la sola guerra finirebbero per privare la società
di determinati prerequisiti funzionali (tesi che sembra confondere
la necessità di integrazione tra pace e guerra con la necessità di
integrazione di eros e aggressività, che però sono o possono integrarsi
sia nella pace che nella guerra). Per Leeds esiste una continuità
normativa nel cambiamento dalle regole di pace alle regole di guerra,
anziché il capovolgimento riscontrato dalla maggior parte degli autori.
Egli definisce la guerra come unautoregolazione di sistema ad
opera di feed-back, e la comprensione delle sue funzioni non richiederebbe
di far intervenire nozioni psicologiche come coscienza, intenzioni,
ecc. La guerra è dunque per Leeds, un sistema adattativo nei riguardi
delle sue funzioni.
Le funzioni adattative interne della
guerra sono: consolidamento del potere centrale, consolidamento di
tendenze già presenti nella società prima dellincidenza della
guerra, istituzioni di controllo e di coordinamento della comunità,
con indebolimento delle organizzazioni di opposizione, distruzione
di funzioni antiquate, revitalizzazione di norme o ne o intensificazione
di vecchi conflitti sociali dentro la società. In quanto tali funzioni
possono determinare modificazioni socioculturali irreversibili, la
guerra viene vista come unistanza evolutiva che crea nuovi adattamenti.
Le funzioni adattative esterne della
guerra sono: intensificazione delle relazioni intersistemiche, ridefinizione
in condizioni nuove di regole cristallizzate di pace, riordino delle
relazioni intersistemiche, tendenza allo sviluppo di un supersistema,
creazione di zone di nessuno o zone neutrali, frammentazione di supercomunità,
aumento delle risorse accessibili, coltivazione di zone marginali,
distruzione di risorse considerata però come funzionalmente limitante
la continuazione della guerra, riordino della distribuzione delle
ricompense nella società, ridistribuzione di valori esternamente ai
sistemi combattenti, movimento di risorse, diffusione culturale, maggior
mobilità della gente, spionaggio inteso come diffusione involontaria
di cultura (sic!), aumento di possibilità di scelta permesso
dalla diffusione culturale, ridistribuzione genetica e maggior varietà
genetica della razza umana. La distruttività della guerra viene vista
come unistanza di autoregolazione che stabilisce i limiti oltre
i quali un nuovo equilibrio non può essere ottenuto, perché il feed-back
cessa.
Tutte le funzioni sopraelencate sono essenzialmente sociali e le asserzioni
relative agli stati motivazionali degli individui sono rifiutate in
quanto ritenute non solo azzardate, ma in molti casi erronee. Gli
stati emozionali, in quanto fenomeni di individui, sarebbero senza
importanza rispetto alle domande e alle risposte socioculturali che
si esprimono nelle funzioni interne e esterne sopra riferite.
In quanto la guerra è istituzione multifunzionale sembra a Leeds estremamente
difficile trovare qualcosa che possa sostituirla, nellassolvimento
di tutte le sue funzioni. Le derivazioni sublimate dellaggressività,
o una diversa educazione dei bambini sono ritenute irrilevanti. Circa
la prognosi sulle prospettive di eliminazione della guerra, create
dalla situazione atomica, nella migliore delle ipotesi, Leeds non
prevede che una possibilità: un trovarsi continuamente sullorlo
della guerra senza farla mai, comportarsi dunque come se continuamente
la si dovesse fare, ma non farla, perché questo condurrebbe alla distruzione,
cadendo così nella contraddizione di ammettere finalmente le funzioni
distruttive della guerra, ma proponendo di non privarcene per non
perdere i benefici effetti di tali funzioni...
Come risposta puramente tecnica allelencazione delle funzioni
della guerra fatte da Leeds, restando in una prospettiva sociologica,
si potrebbero opporre le conclusioni alle quali è arrivato
un altro sociologo, dei cui contributi abbiamo ampiamente parlato
nel primo capitolo: G. Bouthoul.
Nel suo trattato di Polemologia si trovano tutti i fatti ai
quali Leeds fa riferimento per stabilire le funzioni della guerra.
Per Bouthoul però tali fatti, anziché indicare le funzioni vere della
guerra, sono aspetti concomitanti e spesso sovrastrutture che mascherano
le funzioni della guerra come vere e proprie funzioni distruttive,
la comprensione delle quali esige spesso secondo Bouthoul
il ricorso a quei moventi psicologici o addirittura psicopatologici
che Leeds considera deformazioni.
In realtà, se si parla della guerra evitando linquietante passaggio
attraverso il soggetto, si finisce per parlare della guerra come di
un fatto estraneo agli uomini, che sono invece i veri soggetti di
essa. In questo stato di cose ritengo che la riduzione del fenomeno
guerra al soggetto, ad ogni soggetto in prima persona, operata dalla
psicoanalisi, anche se inquietante, costituisca la strada per evitare
che la ricerca scientifica sulla guerra diventi unastrazione
del tipo di quella che ci ha proposto Leeds. Proprio nel suo tentativo
di presentarci la guerra come unoperazione di feedback extraumani,
anziché di concrete intenzionalità umane che contengono un senso che
ci appare nellevidenza delle nostre pulsioni istintive, delle
nostre angosce e delle nostre difese, Leeds ci dà la dimostrazione
esemplare di come luomo possa adoperare la scienza per difendersi
dal disagio al quale ognuno si sente esposto quando non si preclude
le emozioni che ci provengono dal sentirci in prima persona partecipi
del fenomeno guerra.
Così, visto che Leeds ci parla della guerra come di un processo evolutivo,
che impedisce la ossificazione di vecchie strutture sociali,
vorrei dire che se uno di fronte al problema guerra non evita lo scomodo
passaggio attraverso il soggetto, allora la guerra gli può veramente
apparire, nelle concrete condizioni storiche attuali, come una
gigantesca istituzione ossificata che impedisce alle nuove prospettive
storiche umane di assumere la forma nuova della quale gli uomini in
prima persona sentono lesigenza. Per cui si può dire che
Leeds, proprio per aver voluto evitare le deformazioni psicologistiche
che interverrebbero nel ricorso alla motivazione degli individui per
spiegare il fenomeno guerra, ha finito per teorizzare come strumento
di evoluzione listituzione più antiquata e ossificata che la
società umana attualmente presenti rispetto al proprio sviluppo: unistituzione
che anziché presentarcisi come garanzia di evoluzione, ci si presenta
oramai come la causa della possibile fine di ogni evoluzione.
1.
F. Fornari Psicanalisi della guerra atomica, Ed. di comunità,
Milano, 1964. Si devono pure segnalare gli Importanti contributi di
J. c. FLUGEL, Population, Psychology and Peace, Watts &
co., London, 1947; The morat parado.1~ Gt peace and war,
Watts & co., London, 1943. A. M. Meerloo ci ricorda il seminario
che Flugei dIrigeva in casa di Anna Freud, a Londra, durante lultima
guerra, Intanto che i partecipanti ai seminario sentivano il rombo
dei bombardieri che sorvolavano ia casa (A. M. MasaLoo, La psychiatrie
tace à la guerre et à la paix, Médecine Ct }ly. giène,
XX, 610, 1963).
2
E. Jones, Vita e opere di Freud, Il saggiatore, Milano,
1962.
4.
Alex Compfort, Authority and Delinquency in the Modern State, Routledge
and Kegan, London, 1950
6
R. E. MonaY-KyPLE, The Devetopment of War, Bn. Journ.
of Med. Psych., 1937. 16; Psychoanalysis and Pohtics, Gerald
Duckworth, London, 1951; some aspects of Potiticai Ethics from
Psycho.Anaìyticat point of vlew, ml. Journ. of Psycho-An.,
1944, 25; The Psychology of propaganda, Bnl. Journ. of
Mcd. Psich., 1941, 19; Sociai confìict and the chalienge
to Psychoiogy, Bnit. Journ. of Mcd. Psych., 1948,
Il.
7
Splitting. Il meccanismo
di splitting (scissione) è uno dei principali meccanismi della posizione
schizoparanoide descritta dalla Klein. Luso del meccanismo di
splitting conduce alla formazione di oggetti parziali"
buoni o cattivi, scissi tra loro in modo manicheo.
8
Su questo problema vedi il lavoro di ELIOTT JACQUES:
Social Systems against Persecutory and Depressive Anxiety,
nel volume New Directions in Psycho-Analysis, Tavistock
Publications, London, 1955.
10
Violence and War witlo clinical studtes, a cura di Jules H.
Massermann, Grune & Stralton, N. Y., 1963.
|