"Quando nell’amore domando uno sguardo, quel che c’è di radicalmente insoddisfacente e di sempre mancato è che tu non mi guardi là da dove ti vedo." (Lacan)
I quattro stadi del disorientamento

"Schedario"
(prossimamente)

DA UN’ESPERIENZA: Un Metodo

Quante volte entrando in una Casa di Riposo o in un’abitazione abbiamo avuto modo di guardare quei vecchi con lo sguardo spento perso in un punto lontano, magari seduti su di una sedia a rotelle con le braccia conserte, quanti hanno guardato! Ma pochi hanno invero visto.

Il guardare infatti ci rimanda ad un atto esplorativo della superficie, il vedere invece ci consente un conoscere più profondo, un vedere dentro che richiede la messa in causa di noi stessi, un rapporto empatico volto alla ricerca ed alla comprensione di un bisogno per cui spesso l’anziano non trova parole. Ed ecco che, seppur circondato da molte persone che lo guardano, egli si sente solo perché i tanti non lo vedono.

Gli anziani, e soprattutto gli anziani disorientati, chiedono calore, affetto, rispetto e comprensione per i propri sentimenti. Se vengono negati loro questi sentimenti, se viene loro a mancare un rapporto umano, se non vengono ascoltati o peggio, ignorati, essi si incamminano lungo la strada del disorientamento chiudendosi sempre più in loro stessi, rifugiandosi in un muto dolore. "Quando il linguaggio viene a mancare – scrive Naomi Feil – le persone molto anziane e disorientate comunicano con i movimenti del corpo appresi durante le fasi iniziali della vita." Quando gli organi sensoriali non sono più funzionali essi odono gli echi del passato. Hanno spesso bisogno di tornare a risolvere compiti non portati a termine, un lutto non elaborato al momento dovuto, un senso di colpa ignorato, un’occasione perduta per una vita troppo fugace o condizionata da rigidi dettami morali. Ecco, ora hanno il tempo per farlo, ma hanno bisogno di qualcuno che li comprenda e che li aiuti in questo compito. E’ l’età delle risoluzioni, è il momento in cui la pressione dei sentimenti incalzata dal tempo fa tracimare le emozioni. Essi esprimono loro stessi senza inibizioni, senza condizionamenti di sorta, liberamente. L’anziano disorientato non è un bambino, è un uomo che ha vissuto tutta la sua esperienza ed ora cerca di ritornare in quei luoghi per prendersi cura di quelle ferite che non ha saputo o non ha voluto medicare a tempo dovuto. Non accetterà mai che un ragazzo si rivolga a lui nei termini in cui ci si rivolge ad un bambino capriccioso, non accetterà mai che ci si rivolga a lui nei termini: "Questo non si fa", "Questo non si dice". Accetterà invece, e gioirà della presenza di una persona che lo aiuti, comprendendolo, nello spremere fuori, quindi nel dar espressione a questi sentimenti incalzanti e spesso dolorosi. Solo alla luce del sole essi perderanno consistenza e tenderanno a dissolversi.

Naomi Feil, nell’arco della sua esperienza con gli anziani disorientati, si accorse che il più delle volte era inutile se non controproducente tentare di ricondurre queste persone ad una realtà che, vuoi per svariate disfunzioni fisiche, vuoi per handicap di ordine cognitivo, sentono distante fino a divenire ostile. Questa visione realistica dell’essere anziano tra l’altro limita il logoramento dell’operatore che non è costretto a forzare la visione ad una realtà che l’anziano ha rifiutato, piuttosto tende ad uniformarsi alle esigenze che sotto differenti forme l’anziano manifesta.

Va rimarcato che, essendo le principali funzioni cognitive non più funzionali, non essendo più in grado di categorizzare, essi non sono più nemmeno in grado di introspezione, di autoriflessione. La memoria a breve termine, la memoria lavoro svanisce, sicché tornano ai tempi in cui erano "qualcuno", ed attraverso movimenti familiari cercano di rendere intelliggibile la loro identità. Cosi, il movimento del polso fatto in un certo modo, farà ad esempio scattare automaticamente in un vecchio falegname il movimento compiuto per anni dallo stesso nel momento in cui con un martello inchiodava due tavole. Il movimento del piede riattualizzerà in una sarta il movimento compiuto per anni in una macchina da cucire, e cosi via. Scrive ancora la Feil: "I vecchi esprimono tre bisogni umani fondamentali. 1) essere protetti e amati; 2) essere utili e produttivi; 3) manifestare le emozioni naturali. Ma non esprimono più questi bisogni alle persone in termini di <<qui e subito>>. Le loro comunicazioni avvengono con le persone e gli oggetti che fanno parte del passato. Come sottolinea Marcello Cesa-Bianchi: "Le esperienze individuali facilitano per altro la conservazione di determinati processi a danno di altri; esse operano attraverso il mantenimento dei processi più utilizzati nel corso della vita e il decadimento di quelli meno utilizzati." Da questo si desume che, l’ambiente socio culturale e quello lavorativo determineranno in maniera rilevante la funzionalità di alcuni processi su altri.

Chiunque, dai famigliari agli operatori che operano a stretto contatto con queste persone, deve conoscerne profondamente i bisogni individuali, usare l’empatia, il rispetto, il calore, la comprensione. Rispettarne l’individualità in quanto gli anziani, raggiunta una certa età rispondono in maniera estremamente differenziata allo schiacciante peso delle perdite subite durante l’arco della vita. L’ansia, la paura di non essere compreso, possono ingenerare aggressività, panico, vagabondeggio, depressione, collera. Per aiutarci ad un approccio empatico la Feil ci fa l’esempio di chi, guidando, all’improvviso si trova la visuale sulla strada occlusa da un banco di nebbia. Ecco chi ha provato questa sorta di smarrimento riesce a capire cosa significhi per queste persone lo smarrimento spaziale. Comprendiamo allora che, se vicino abbiamo una persona che ci rassicura e ci conforta con la sua presenza noi possiamo, con il loro aiuto, continuare il cammino.

Ed ecco quindi che diviene fondamentale l’aspetto caratteriale dell’operatore che, deve conoscere i propri limiti, deve godere di una certa integrità, deve sapersi mettere in gioco ed in discussione, deve saper comunicare chiaramente, deve saper controllare le emozioni, non deve esprimere giudizi e deve rispettare la saggezza dell’anziano, non deve mai imporsi alla persona anziana cercano di convincerla del presente. L’anziano, seppur disorientato, riesce a cogliere le finzioni. Ecco dunque che all’operatore sarà richiesto di entrare in uno stato fiduciario con l’anziano. L’empatia è il primo passo, osservare l’anziano dunque, osservare i movimenti del corpo, imitarne il respiro cercando di sintonizzare il proprio con quello della persona anziana. E’ importante sedersi di fronte in quanto gli anziani hanno un campo visivo spesso limitato, focalizzato, cercare di imitare la postura è d’aiuto per entrare in un rapporto più intimo e basato sulla fiducia. Tutto questo ci aiuterà ad instaurare un buon rapporto che consenta il riconoscimenti e la "legittimazione" dei sentimenti. E’ ovvio che non tutti riescano ad instaurare un rapporto ottimale che conduca al buon esito, non tutti reagiscono nella direzione della comprensione verso l’anziano, che va rimarcato deve essere in primis visto nella sua individualità e bisogna capire che errare è umano e, l’esperienza mi ha mostrato che gli anziani lo capiscono e riescono a perdonare più facilmente. Scrive Frankl: "La coscienza, comunque, essendo umana, rimane pur sempre contrassegnata dalla finitezza. La possibilità di errare, quindi, ci accompagna costantemente nelle nostre scoperte di significato. E’ questo un limite per noi invalicabile, perché iscritto nella nostra natura. La sua esistenza, tuttavia, non implica soltanto la legittimità del dubbio, ma ci invita anche alla tolleranza ed al rispetto per le altrui scoperte di significato. Esse, infatti, possono scaturire dalla giustezza di coscienze da noi ritenute, a torto, in errore."

Se saremo in grado di rispettarli, se saremo in grado di dar legittimità ai loro sentimenti, riusciremo ad evidenziare sensibili miglioramento sotto il profilo posturale, ad esempio posizione più eretta, avremo meno crisi di pianto, si attenueranno i movimenti ripetitivi, gli occhi diverranno più aperti, l’aggressività si attenua, aumenterà e sarà più scorrevole la comunicazione verbale e non verbale, aumenteranno i rapporti sociali, si potrà ridurre la somministrazione di psicofarmaci.