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Vivere nella verità

 

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In questi ultimi anni (dal 1989 a oggi) si assiste a continui falsi abusi sessuali non solo nel nostro territorio (Scuola materna G. Bovetti di La Loggia TO), ma anche in altre città italiane e Stati europei.

Questo fenomeno è dovuto principalmente a due fattori:

  • trasferimento delle responsabilità, in assenza di fattualità, dagli operatori del diritto a quelli della salute mentale, che ritengono d’essere ammantati di una missione salvifica, smentita dalla letteratura scientifica;
  • l’incisività dei mass media nei casi di presunti abusi sui minori, perché ben conoscono la reazione della collettività alla parola “pedofilia”, che suscita orrore e sdegno.

Quello che condiziona maggiormente è il processo mediatico, dove un attento lettore di quotidiani si accorge che spesso e sovente i mass media riportano dichiarazioni, naturalmente in forma virgolettata, e circostanze di cui né l’imputato né i suoi familiari sono a conoscenza, perché la norma impone il divieto di ottenere copia degli atti fino a quando le indagini non siano concluse.

In quest’arco di tempo, e spesso anche successivamente, l’imputato non può difendersi né dalle umiliazioni infertegli dai mass media con ingannevoli affermazioni, né dalle reazioni della gente di fronte a un reato tanto grave quanto presunto, poiché non si conoscono le vere motivazioni incriminatorie. Peraltro, l’accusato e i suoi familiari vengono ammoniti dai loro stessi difensori, e non solo, a non riferire alcunché per non alimentare ulteriori menzogne, favorire eventuali travisamenti o indisporre giudici e inquirenti.

Nella maggior parte dei casi, infine, qualora l’indagato o chi per lui volesse limitare con azioni giudiziali lo stillicidio di notizie inesatte, false e lesive diffuse dai mass media in merito all’accaduto, il giudice argomenta che la pubblicazione della notizia risponde senza dubbio a un interesse pubblico e al diritto di cronaca, perché riguarda un procedimento avente a oggetto l’accertamento di gravi fatti-reato.

Orbene, stante quanto esposto, risulta evidente che l’assolto (anche se con l’ampia formula “perché i fatti non sussistono”) e i suoi familiari non hanno altra alternativa, se la forza di reagire lo consente, di divulgare la sentenza ed eventualmente notizie e fatti che gli inquirenti hanno o non hanno rilevato e i mass media alterato con le loro impressioni per fare cassetta.

Certamente l’azione divulgativa non potrà avere l’effetto dei quotidiani e delle notizie televisive, così come non potrà cancellare né il marchio infamante ricevuto né il dubbio impresso in chiunque.

Pertanto, per arginare la negatività d’immagine ingiustamente e gratuitamente subita da parte di istituzioni e mass media, si è redatto un fascicolo sul falso abuso del caso di Torino “Vivere nella Verità”. Il fascicolo contiene, oltre la sentenza che richiama direttive di sani principi, anche una cronistoria di quanti si sono prodigati per contribuire a un’eventuale condanna, sia del Presidente della Scuola Materna G. Bovetti di La Loggia TO, sia della sua famiglia.

L’invito che rivolgo a tutti coloro che prelevano il fascicolo è di farsi portavoce presso istituzioni, ordini di ogni grado, mass media…, perché vi sia un disegno di legge che regoli l’ascolto del minore e l’operatività degli inquirenti, con pari opportunità fra accusa-difesa, per un giusto processo e non si abusi a posteriori dei bambini (es. con interventi invasivi, violazione delle norme), etichettandoli psicologicamente come abusati per i loro disagi, e si abbia autentico rispetto della loro persona, congiuntamente ai genitori e alle persone innocenti.

E non dobbiamo dimenticare che la presenza di un protocollo procedurale condiviso, non solo consentirebbe di migliorarne le tecniche investigative in un campo così vasto e difficile, ma aiuterebbe più efficacemente sia a prevenire sia a reprimere i veri casi di abuso.

Vittorio Apolloni