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L A B I R I N T I  DEL  PENSIERO (III)

Giorgio Carboni, marzo 2002. Revisione del giugno 2005.

I N D I C E

INTRODUZIONE
PRESENTAZIONE
COME E' NATA QUESTA INDAGINE
LABIRINTI
PER UNA TEORIA DELLA CONOSCENZA QUOTIDIANA
LA CONDIZIONE SUBORDINATA
LA CULTURA VERTICALE (l'asservimento razionale)
   RIDUZIONISMO
   MILITANZA
   SUBCULTURE, SUBSOCIETA'
   CONCLUSIONE, LE SCATOLE CHIUSE
UOMO O CELLULA SOCIALE? (l'asservimento sistemico)
   IL MALESSERE DELL'UOMO CONTEMPORANEO
   CELLULA SOCIALE
   ETERONOMIA
   CULTURA URBANA
   CONCLUSIONE
IDEOLOGIA, UTOPIA, CULTURA (l'asservimento emotivo e politico)
   INTRODUZIONE
   UTOPIA E IDEOLOGIA, VECCHIE E NUOVE CONCEZIONI
   L'IDEOLOGIA, ORIGINE E ATTUALITA'
   L'UTOPIA, MIRAGGIO ED INCANTESIMO
   UTOPIA E GUERRA
   MITO E METAFISICA NELLE SOCIETÀ INDUSTRIALIZZATE
   CRISI DELL'IDEOLOGIA E DELL'UTOPIA
   CONCLUSIONE
LA CONDIZIONE LIBERA
DISINCANTO
DISORIENTAMENTO
METAMORFOSI
NUOVE FORME
    IL DISAGIO DELLA LIBERTA'
    UNA CONOSCENZA ORIZZONTALE
       IL QUADRO DEL SAPERE
       SUDDIVISIONE DEL SAPERE
       UNIVERSALISMI
       DAL SEMPLICE AL COMPLESSO
       I PIANI DELLA REALTA'
       INTERDISCIPLINARITA'
       DIAGRAMMA DELLE CONOSCENZE INDIVIDUALI
       RIEQUILIBRIO DELLE CONOSCENZE
       LA GESTIONE DELLE CONOSCENZE
       LA VALUTAZIONE DELLE IDEE
       LA POSIZIONE COMPARATIVA
       IL PANTHEON
    RESPONSABILITA' MORALE
    RAGIONE PRATICA
    RAZIONALISMO CRITICO
    AUTENTICITA'
CONOSCI TE STESSO!
   INTRODUZIONE
   CHI E CHE COSA SIAMO?
 
  INTELLIGENZA, LINGUAGGIO, COSCIENZA
   VALORI NATURALI
   VALORI ACQUISITI
   DETERMINA LE TUE MODALITA' DI ESSERE
   L'ALTERNARSI DELLE ATTIVITA'
   CONOSCI TE STESSO! CONCLUSIONE
ATTIVITA' LIBERE
CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA


LO SVILUPPO DELLA SOCIALITA' UMANA
Lenta maturazione dei piccoli
Ciò che la specie umana ha di specifico nei confronti degli altri animali è la dimensione del cervello e le sue superiori prestazioni. Questa specializzazione “intellettuale” della nostra specie richiede però tempi molto lunghi per la maturazione del cervello e per portare i giovani all'autonomia. Mentre il piccolo di una zebra è in grado di seguire la madre mezz’ora dopo essere nato, il piccolo degli umani richiede numerosi anni di allevamento e di educazione. Questo problema è presente anche nelle scimmie, ma lungo la linea evolutiva che ha portato all'uomo esso è diventato sempre più importante. Quindi i nostri antichi progenitori dovettero affrontare il grosso problema del lungo periodo di dipendenza dei piccoli dalla madre. Un'altra conseguenza di questa lenta maturazione dei piccoli è stato lo sviluppo nelle femmine di una particolare sensibilità affettiva che si rivolge prima di tutto verso i propri bambini e poi anche verso parenti e amici.

Divisione dei ruoli fra maschi e femmine
Questa lunga dipendenza dei piccoli umani ha comportato la pratica impossibilità per le femmine di procurarsi da mangiare da sole. I maschi invece restavano sostanzialmente liberi dall'allevamento dei figli. Di conseguenza si attuò una divisione dei compiti in base alla quale i maschi andavano a caccia, mentre le femmine restavano nei ripari o nei villaggi ad accudire i bambini, a cercare radici e bacche, a preparare il cibo, etc.

Dipendenza economica delle femmine dai maschi
In seguito a questa divisione dei compiti, le femmine divennero dipendenti dai maschi per il loro nutrimento. Questa dipendenza dovette essere perfezionata con una serie di adattamenti che coinvolsero profondamente entrambi i generi nel loro fisico e psicologia. Dal punto di vista fisico, i maschi svilupparono una costituzione più forte, adatta alla lotta e alla corsa. Le femmine invece svilupparono una costituzione che tendeva ad accumulare riserve di energia.

Lo scambio cibo x sesso e la dipendenza dei maschi dalle femmine
I maschi che andavano a caccia avrebbero potuto rimanere lontani dal villaggio e mangiarsi tutte le prede che avevano catturato. Per quale motivo invece tornavano al villaggio a condividere la selvaggina? Che bisogno avevano di condividerla con le femmine? A quei tempi, si badi bene, non c’era il matrimonio. Per evitare che le femmine ed i piccoli morissero di fame, la specie umana dovette sviluppare dei meccanismi per assicurare loro protezione da parte dei maschi adulti, dei meccanismi capaci di creare una dipendenza dei maschi dalle femmine. Il motivo per cui i maschi tornavano al villaggio con pesanti prede sulle spalle era che le femmine avrebbero ricambiato il cibo con sesso. Questo comportamento esiste ancora presso alcuni primati molto prossimi all’uomo ed è stato documentato. Più volte è stato filmato un maschio di scimpanzè mentre portava dei frutti ad una femmina e ne otteneva in cambio l’accoppiamento. Anche i bonobo, primati ancora più simili all'uomo di quanto non siano gli scimpanzè, possiedono questo comportamento.

Le femmine si adattarono a questa situazione perdendo l'estro, il periodo dell'anno in cui sono sessualmente ricettive, o meglio estendendolo fino a divenire ricettive tutto l'anno. Nel versante maschile, la specie selezionò gli individui sessualmente motivati. I maschi non interessati al sesso e che quindi non tornavano al villaggio per condividere il cibo non si riproducevano, mentre le femmine che non si adattavano a questo scambio rischiavano di morire di fame. In questo modo i maschi divennero molto motivati verso le femmine le quali a loro volta, anche se non altrettanto motivate, per amore o per forza divennero ricettive.

Per alcuni milioni di anni, i nostri progenitori vissero in capanne e in società tribali e si basarono su di una economia di caccia-raccolta. Questo modo di vivere, lungamente praticato, si è depositato dentro di noi ed è quello per il quale siamo preparati. Infatti, non sono bastati i 5-8000 anni di neolitico per cambiare geneticamente la nostra specie. Per avere minimi cambiamenti genetici ci vogliono periodi di tempo dell'ordine delle diverse decine di migliaia di anni. Ancora oggi, ritroviamo questa antica alleanza fra i sessi nei comportamenti individuali e nelle forme sociali. E' necessario fare attenzione che non si tratta della sola dipendenza economica della femmina nei confronti del maschio, ma anche della dipendenza inversa sessuale del maschio nei confronti della femmina, infine della dipendenza psicologica di ciascuno dall'altro. Il rapporto di reciproca dipendenza e di scambio tra maschi e femmine ha funzionato fino ai giorni nostri, favorendo gli scambi materiali ed affettivi fra i due generi, fino a quando le donne non si sono emancipate economicamente. Si tratta quindi di un rapporto profondamente consolidato nella nostra specie e che condiziona ancora potentemente i comportamenti umani, anche se questa antica alleanza è stata recentemente messa in questione.

Tentativo di spiegazione dei comportamenti umani
Molti comportamenti umani possono essere spiegati in base al percorso evolutivo della nostra specie. Finalmente, dopo tanti anni in cui sono stati praticati metodi di analisi psicanalitica basati su ipotesi arbitrarie, gli psicologi sono finalmente arrivati a capire che il comportamento umano può essere meglio spiegato prendendo in considerazione il passato evolutivo della nostra specie. La disciplina che si occupa di questo studio si chiama psicologia evoluzionistica.

Come abbiamo visto, l'elevato desiderio maschile di sesso è probabilmente dovuto alla necessità della specie di motivare i maschi verso le femmine allo scopo di nutrirle e di proteggerle, insieme con i piccoli. Queste ultime avrebbero invece sviluppato un atteggiamento ricettivo verso i maschi, motivato originariamente dal bisogno ma poi anche dal desiderio. Con il passare del tempo e con l'aumentare della complessità della psicologia della nostra specie, dalla sessualità è emersa l'affettività. Forse perchè spinte a trovare maggiore sicurezza in un rapporto costante, le femmine hanno cercato un rapporto privilegiato con un determinato maschio. Sembra che si sia trattato di un rapporto che comunque raramente durava più di qualche anno. La sessualità o meglio l'affettività femminile è diversa da quella maschile, in quanto le femmine hanno maggiormente bisogno di amare prima di concedersi, mentre i maschi avrebbero un istinto più "cacciatore".

Probabilmente, la specie ha dovuto motivare sessualmente anche la donna nel confronti dell'uomo, ma il suo interesse sembra puntare ad obiettivi diversi. Le donne mostrano un più pronunciato bisogno di protezione e di compagnia, dovuto probabilmente alla loro lunga dipendenza dagli uomini. Mentre il comportamento sessuale dell'uomo è tendenzialmente "episodico", quello della donna sembra diretto da un "istinto nidificatore", un istinto che cerca relazioni stabili. Quindi, la donna tende a concedersi più facilmente quando riconosce nel maschio che ha di fronte il proprio partner.

Quello che caratterizza le donne è dunque più l'affettività che la sessualità. Detto in altri termini, si direbbe che negli uomini la sessualità preceda l'affettività, mentre nelle donne l'affettività precederebbe la sessualità. Sarebbe comunque sbagliato credere che gli uomini siano interessati solo al sesso dal momento che anche per loro l'affettività rappresenta una componente insostituibile della vita. Quanto detto vale in generale, ma ogni donna, come ogni uomo, è un caso particolare che rientra in un'ampia variabilità di predisposizioni e quindi di comportamenti. Non bisogna dunque prendere questi discorsi troppo alla lettera perchè si finirebbe in facili schematizzazioni.

L'amore probabilmente nasce dalla sessualità, ma svolge importanti funzioni modulatrici. La prima è quella di far nascere quel forte sentimento di attrazione verso l'altro capace di travolgere le barriere estetiche, la materialità dell'altro e le inibizioni culturali, di favorire l'accoppiamento e quindi la riproduzione. La seconda è quella di dilatare la relazione nel tempo, infatti, con l'amore la relazione va oltre il rapporto sessuale, e viene prolungata anche di anni per fornire la protezione della femmina per il tempo necessario per allevare i piccoli. Con il matrimonio, questa relazione viene estesa a tutta la vita, ma normalmente dopo 5-10 anni l'amore evapora e i due coniugi cominciano a litigare ed a guardarsi intorno. La noia, la frustrazione, l'insoddisfazione, lo scarso interesse l'uno per l'altra, il trascurare l'altro diventano le caratteristiche di una relazione portata molto oltre la sua durata naturale. Un secondo partner diventa spesso il necessario sostegno di una situazione altrimenti insopportabile e spesso, un po' per disinteresse, un po' per avere in cambio la propria libertà, viene accettato anche dall'altro coniuge. Anticamente non c'era bisogno di questi ripieghi perchè più semplicemente entrambi gli ex-innamorati trovavano all'interno della tribù nuovi amori e, per la specie, nuove occasioni di riproduzione ed una più efficiente distribuzione dei geni.

L'affetto a sua volta prolunga la relazione oltre l'amore. E' quindi utile al mantenimento del legame di coppia, seppure in forma attenuata. Era utile anche all'estensione dei vantaggi agli altri familiari (anziani, bambini), ai membri più prossimi della tribù che non erano direttamente coinvolti nel rapporto di coppia e che dovevano pur essere anch'essi protetti e nutriti.

La missione riproduttiva delle donne è probabilmente alla base del loro spiccato interesse verso i bambini. Le donne mostrano anche una grande capacità di mettersi in contatto emotivo ed intellettuale con i bambini per seguirli e sostenerli nella loro crescita psicologica.

L'amicizia è un sentimento molto simile all'affetto, forse identico, ma che si rivolge ai non familiari. Probabilmente era necessaria alla coesione della tribù, alla distribuzione di aiuti e vantaggi al suo interno e alla reciproca difesa. I familiari anziani e gli altri membri della tribù erano anch'essi importanti per la conservazione del gruppo.

La gelosia aveva probabilmente un effetto simile a quello dell'amore, consistente nel mantenere unita la coppia. Anche la sua durata coincide con quella dell'amore e finisce con quest'ultimo.

Osserviamo ancora oggi una differenza notevole nella loquacità fra maschi e femmine. La scarsa loquacità dei maschi era probabilmente necessaria  per evitare di far fuggire le prede durante la caccia: se avessero preso con loro una donna, probabilmente sarebbero tornati a mani vuote. La loquacità delle femmine, invece, era probabilmente utile alla coesione del gruppo e alla ripartizione dei vantaggi. Non solo, ma tale loquacità unita ad una superiore intelligenza affettiva, ha sempre permesso alle femmine di gestire a proprio vantaggio i maschi, più lenti nell'afferrare le situazioni. Non è da escludere che anche la differenza nell'intelligenza affettiva fra i generi sia stata necessaria alla specie.

Da parte loro, i maschi svilupparono altre caratteristiche, tutte in qualche modo necessarie alla caccia e alla difesa del gruppo da animali feroci o da incursioni di tribù nemiche. Fra queste caratteristiche troviamo la robustezza fisica, il coraggio, la stabilità emotiva, le capacità decisionali, le capacità di astrazione, il senso dell'orientamento, la propensione al gioco basato sulla forza, la velocità e la destrezza.

Oltre alle caratteristiche psicologiche, la nostra specie adattò anche le caratteristiche fisiche di entrambi i sessi alle loro funzioni. Mentre gli uomini dovevano mantenere agilità e conservavano più a lungo un fisico atletico e forte, il corpo femminile invece divenne bello e gradevole per richiamare il maschio, ma con il tempo tendeva ad accumulare riserve alimentari. Le statuette delle veneri primitive rappresentano donne con i fianchi e i seni prosperosi. Questa predisposizione costituzionale del fisico femminile è oggi alla base della fortuna di una pletora di dietologi, estetisti, massaggiatori, chirurghi estetici, psicologi, etc.

Il permanere nei nostri geni della propensione all'antico rapporto di scambio fra maschi e femmine lo ritroviamo anche nel cosiddetto mestiere più antico del mondo, dove si attua lo scambio di denaro per sesso, ma nella società contemporanea la femmina non ha più bisogno di vendere il proprio corpo in quel modo primitivo dal momento che trova mezzi di sostentamento alternativi e ben più sofisticati, dai quali può trarre vantaggi maggiori.

Dalla tribù alla famiglia
Le società primitive erano basate sulla tribù. Come si può ancora osservare presso alcune popolazioni, la tribù non è un insieme di famiglie costituite ciascuna dal papà, dalla mamma e dai rispettivi bambini, ma è un'unica grande famiglia dove gli adulti vivono in comune ed i bambini sono allevati in comune. Nella tribù, gli adulti tendono ad unirsi per periodi che possono andare da pochi minuti ad alcuni anni. Il matrimonio come lo conosciamo noi non esiste. I bambini apprendono la sessualità in modo naturale dagli animali, dai giovani e dagli adulti. Le tribù primitive sono in genere matrilineari. Vale a dire che viene riconosciuta la discendenza per linea materna e la tribù si struttura intorno a quel tipo di legame, nel quale le femmine costituiscono l'ossatura. Questo avveniva anche perchè le società primitive non erano ancora consapevoli del ruolo del maschio nella fecondazione della femmina. I concetti di padre e di nonno non esistevano. Inoltre, le donne erano sempre presenti nel villaggio e tendevano a lavorare insieme, mentre gli uomini si allontanavano per la caccia.

Probabilmente la famiglia nacque nel neolitico, con l'avvento dell'agricoltura. L’agricoltura richiese la dispersione degli uomini sul territorio, sui campi da coltivare. In quel momento, la tribù primitiva entrò in crisi. Le unioni diventarono più individualizzate, senza obbligatoriamente arrivare alla coppia come la conosciamo oggi. Per millenni, sono infatti esistite forme familiari diverse da quella che conosciamo ora e più aperte, per esempio forme poligamiche, ma anche piccoli gruppi formati da donne e uomini che lavoravano gli stessi appezzamenti di terreno, famiglie matriarcali, famiglie estese. Forme familiari con più di due componenti adulti sono ampiamente conosciute nelle società primitive. Il matrimonio venne istituito come ufficializzazione dell'unione familiare. Con l'arrivo dal Medio Oriente di religioni sessuofobiche ed in analogia con il monoteismo religioso, il matrimonio diventò rigidamente monogamico, eterno ed indissolubile. Venne inoltre introdotto il patriarcato, che produsse profondi sconvolgimenti nella struttura delle tribù e nel ruolo delle donne. I longobardi ed altre popolazioni germaniche che invasero l'Impero Romano usavano invece affiancare in modo del tutto legale e socialmente accettato altre donne alla moglie. Quando però essi abbracciarono il cristianesimo, la Chiesa lottò a lungo per imporre anche a quelle genti la monogamia assoluta. Per aggirare i divieti del Papa e per poter cambiare ugualmente moglie, spesso i longobardi la uccidevano. Questo non bastò alla Chiesa per ammorbidire in qualche modo il proprio concetto di matrimonio e le norme che lo regolavano.

Impoverimento della sfera affettiva
In una tribù, i bambini vengono allevati in comune e numerose ragazze e donne si occupano di loro. I bambini si sentono come avvolti da una sfera di affetti. La struttura matrilineare tende a rinforzare questa intonazione affettiva delle relazioni all'interno della tribù. In parte, questa sensazione è provata anche dai bambini d'oggi che vivono in piccoli paesi, in case dove abitano diverse famiglie appartenenti alla stessa parentela. Le numerose nonne, zie, cugine, sorelle, ma anche le analoghe figure maschili formano un bozzolo di affetti. Lo stesso discorso è in buona parte valido anche per gli adulti che si trovano immersi in una rete di affetti, parentele ed amicizie, sia che abitino in un piccolo paese, che a maggior ragione se vivono in una tribù. L'avvento del patriarcato ebbe notevoli ripercussioni soprattutto sulle donne che persero gran parte della loro influenza in un processo di emarginazione nel corso del quale esse vennero normalmente recluse e represse.

E' da notare inoltre, che mentre nella tribù ogni componente trova protezione e affetti da parte di numerosi membri della comunità, nel matrimonio il mondo degli affetti è scarsamente popolato ed ogni componente è praticamente insostituibile. La famiglia è un gruppo talmente piccolo, che la morte di uno dei suoi componenti risulta molto più grave della morte di un membro di una tribù. Nella famiglia, la limitazione dei legami affettivi a pochi individui genera ansie e drammatizza i rapporti fra i suoi membri. Nella città, un bambino vive con i soli genitori. Spesso non li vede durante tutta la giornata e ne sente la mancanza, come sente anche la mancanza di fratelli e di coetanei. Gli stessi genitori spesso hanno pochi amici e parenti, e quelli che ci sono abitano lontano. La situazione generale odierna è quella di un notevole benessere materiale che non basta però a fronteggiare una grossa carenza di affetti. Poichè gli uomini e le donne sono esseri socievoli, soffrono parecchio di questa condizione. Come conseguenza, i rapporti fra i membri della famiglia si drammatizzano. Il figlio si lega in modo morboso ai genitori anche perchè manca di fratelli e di amici. I genitori si sentono limitati in tutti i loro movimenti e libertà da un figlio estremamente esigente in attenzioni ed affetti. Da parte loro, i genitori riversano sul figlio (spesso unico) tutte le loro aspettative ed angosce. Se dovesse morire sarebbe una tragedia, un evento di gran lunga più grave che se capitasse all'interno di una tribù, dove gli affetti sono ampiamente distribuiti. Nello stesso modo, ciascun genitore sviluppa il terrore di perdere il partner. Da questo timore nasce una possessività che porta ad atteggiamenti di reciproco controllo se non di persecuzione. La precarietà e la fragilità di questa situazione nascono da una fondamentale scarsità di legami affettivi e creano tensioni fra i componenti della famiglia. In una tribù, invece, la perdita di un legame affettivo anche profondo viene compensato dalla presenza di numerosi altri affetti e dalla facilità di sostituire quello perduto. Anche se il concetto di madre è presente si può dire da sempre, il rapporto esclusivo e drammatico che esiste ora fra madre e figlio, ai tempi delle tribù non esisteva, essendo tutti i bambini allevati in comune e per i quali una madre poco attenta poteva essere benissimo sostituita da una zia più affettuosa o da altre femmine del gruppo.

Nelle nostre società, il lavoro, una quantità di impegni e di commissioni di vario tipo, e per la donna un cumulo di lavori domestici che si aggiungono al lavoro esterno, sottraggono ai membri adulti della famiglia il tempo per vivere la loro vita. La vita non esiste più. Ritagli di tempo devono essere faticosamente strappati ai doveri. Il lavoro è rappresentato quasi sempre da un'occupazione ripetitiva che dura 40 anni con minimi cambiamenti sia di tipo di lavoro che di ambiente fisico ed umano. Questa ripetitività finisce per annullare in breve tempo ogni creatività, ogni motivazione ed ogni interesse. L'essere umano ha invece bisogno di cambiare i suoi orizzonti diverse volte nel corso della propria vita. Il lavoro domestico, particolarmente ripetitivo, dev'essere compiuto tutto dalla moglie, che si trova anche isolata nella propria abitazione. Nella tribù, invece, le donne lavoravano in comune, cosa molto più facile e gratificante che farlo da sole. Solitudine, noia, ansietà e depressione si accompagnano spesso nelle moderne società industrializzate.

Proibizionismo affettivo e sessuale
L'istituzione della famiglia canonica ha avuto grosse conseguenze sull'economia affettiva degli esseri umani. Infatti, con il giuramento di fedeltà reciproca, i due coniugi non solo si promettono aiuto reciproco, ma diventano anche l'uno il guardiano dell'altro. Quel intenso scambio di effusioni che era proprio della tribù è stato eliminato dalla famiglia nucleare. I bonobo, che come abbiamo detto sono le scimmie più vicine a noi dal punto di vista genetico, godono di una intensa e libera sessualità. Se il gruppo si spaventa per la vista di un predatore, passato il pericolo corrono tutti ad accoppiarsi, per calmarsi e ritrovare la tranquillità. Un documentario ha mostrato una ventina di bonobo maschi vicino ad una femmina in calore i quali facevano la fila aspettando il proprio turno. Era buffo vedere le loro espressioni di impazienza, così umane.

Dicevo che la famiglia nucleare ha limitato fortemente gli scambi affettivi fra gli umani. Questa istituzione, divenuta proibizionista per opera di religioni nate nel Nord Africa e che avevano in orrore il sesso, ha costituito uno degli ostacoli più grossi alla libera espressione umana. Lo stesso concetto di tradimento ha senso solo in un contesto di famiglia nucleare rigida, nella quale la promessa di fedeltà espressa durante la cerimonia di nozze crea nei partner delle aspettative che spesso non resistono al passare del tempo. Aspettative analoghe vengono create anche nei parenti, negli amici e nel vicinato, che diventano anch'essi guardiani del loro comportamento. In generale, le spinte centrifughe sono generate dalle propensioni verso l'assetto delle relazioni fra i sessi che esisteva centinaia di migliaia di anni fa, ma ad esse si oppongono forme organizzative recenti alle quali non siamo adattati.

La famiglia monogamica proibizionista costituisce quindi il maggiore ostacolo all'espressione della naturale sessualità umana. Ad essere impedita non è soltanto la sessualità, ma spesso anche l'amicizia che è un sentimento altrettanto importante. Con il passare del tempo, anche senza che i protagonisti ne abbiano la minima consapevolezza, possono nascere in loro dei sentimenti impertinenti: una simpatia, un'attrazione, un innamoramento verso persone diverse da quelle legittime. Nascono improvvisamente sentimenti che non seguono le regole istituzionali. Chi decide di assecondare questi sentimenti si trova spesso assalito dagli scrupoli, ma una forza ben maggiore lo spinge ad uscire dal retto cammino e alla fine "va dove lo porta il cuore". C'è anche chi, vinto da scrupoli più forti, resiste e finisce per rinunciare alle tentazioni della carne. Presto, diverrà vittima di nevrosi, ansietà, attacchi di panico e depressioni che resisteranno ad ogni cura medica.

Con il matrimonio, si creano delle aspettative di fedeltà, di amore eterno, etc. che si scontreranno presto con una realtà nella quale i coniugi dovranno fare i conti con le condizioni di vita reale e con la loro stessa natura umana. L'educazione religiosa richiamerà al matrimonio canonico e proibirà ogni deroga da quel modello, mentre la nostra natura richiede invece nuove conoscenze, nuovi affetti per compensare quelli ormai perduti. Come risultato si ha la colpevolizzazione di ogni tentativo di cercare compensazioni affettive al di fuori del quadro ammesso. Quindi, si è destinati a rinunciare ad amare, oppure ad amare soffrendo di sensi di colpa. Con la maturità, alcune persone riescono a cogliere i dati della situazione, ad affrancarsi dalle proibizioni religiose, a scoprire e perfino a rivendicare i propri diritti alla vita. Esse saranno libere da sensi di colpa, anche se spesso dovranno comunque amare di nascosto.

Anche le forme architettoniche sono state adattate a questo tipo di famiglia, infatti gli edifici, i muri sono altrettante barriere alla conoscenza reciproca, oltre che comode prigioni a cui si finisce per arrendersi. Un'architettura diversa ci consentirebbe un modo di vivere più libero. Ecco un altro modo con il quale la cultura ci condiziona e ci affligge: quello di far passare per naturale un tipo di convivenza, la famiglia monogamica, e un tipo di architettura che invece sono acquisizioni recenti e in larga parte imposte da costumi importati dall'esterno. Una forma di convivenza umana che non ha nulla di naturale, essendo un prodotto puramente culturale e che non trova giustificazione nella propria rigidità nemmeno a livello sociale.

L'invenzione del padre
Oggi si parla spesso dell'importanza della figura paterna nell'equilibrio psicologico dei bambini, tanto che certi psicologi fanno risalire patologie di bambini ed adulti alla mancanza del padre. Ragionano come se il concetto di padre fosse innato nel bambino, ma tale concetto potrebbe non esserlo affatto. Presso i popoli primitivi non esisteva neppure la consapevolezza del legame tra atto sessuale e riproduzione. Si credeva che le femmine venissero ingravidate dagli spiriti della foresta o dal vento o dagli dèi. Come poteva esserci il concetto di padre? Questo concetto è un'acquisizione recente e deve essere fatto risalire al momento in cui gli uomini si resero conto della funzione del maschio nella riproduzione. Questo è avvenuto in tempi diversi nei singoli popoli, in genere poche migliaia di anni fa. Non a caso, le tribù soprattutto quelle più primitive sono spesso matrilineari, dal momento che l'unico legame di parentela riconosciuto è quello madre-figlia/o e che può collegare nella parentela anche altre donne, ma non uomini. Alla scoperta del padre biologico, recentemente è stata affiancata l'invenzione della figura del padre capo famiglia, che si è rafforzata con l'avvento del patriarcato. Oggi, quando viene mostrata la famiglia radunata attorno all'albero di Natale, viene anche fatto passare il concetto che la famiglia formata dal padre, madre e figli sia qualcosa di eterno e sempre esistito. Ben poche persone immaginano quanto sia diverso ciò che si nasconde dietro a quella cartolina.

Evoluzione delle forme di convivenza
La comunità dei Moso, localizzata fra il Tibet e la Cina, rappresenta una delle ultime società matriarcali. In questa comunità, la "famiglia" è organizzata intorno alla madre e la discendenza è di madre in figlia (discendenza matrilineare). Le donne hanno una maggiore importanza sociale rispetto agli uomini e lavorano sia in casa che nei campi, mentre i maschi non lavorano e sono piuttosto emarginati. Il matrimonio non esiste. C'è però un sistema di visite, in base al quale i maschi adulti vanno a fare visita ad una donna, la quale sceglie l'uomo con cui passare la notte nel caso che se ne presentino più di uno. Di solito i visitatori arrivano verso sera e se ne vanno alla mattina, ma possono restare anche alcuni giorni. Il concetto di padre biologico non esiste. I Moso sono convinti che il feto esista già nel grembo materno e che venga soltanto bagnato dal maschio. Si crede che le caratteristiche del figlio dipendano solo dalla donna. I bambini non vengono allevati dal padre, ma dallo zio materno (fratello della donna) che ne svolge le funzioni. Gli uomini non formano una famiglia propria, ma vivono nella famiglia materna. Di regola le donne e gli uomini "conoscono" nel corso della loro vita centinaia di partner. La gelosia è derisa come sono derise anche le unioni stabili. Le figlie possono allontanarsi dalla casa materna per andare in un'altra casa e formare un'altra famiglia matriarcale.

Dalle primitive forme tribali, siamo passati per i clan, per le famiglie patriarcali allargate, alla famiglia nucleare. I diversi popoli hanno conosciuto differenti forme familiari. Per esempio, in Calabria fino ad alcuni decenni fa, sopravvivevano forme familiari nelle quali un uomo condivideva anche le sorelle nubili della moglie o viceversa. Negli ultimi secoli la famiglia è evoluta moltissimo. La permanenza della prostituzione nelle società basate sulla famiglia può essere dovuto al fatto che ne compensa in qualche modo le carenze.

Il calo dei matrimoni è un fenomeno vecchio di decenni nelle società industrializzate. In tali società, la riproduzione avviene spesso al di fuori della famiglia, tanto che il 10% dei figli è di padre diverso dal marito. Ormai, anche la famiglia nucleare è in crisi e si sta rivelando sempre più inadatta alla nostra natura e alle società contemporanee. Di questo ne soffrono tutti i membri, e anche la natalità ne risulta danneggiata. Siamo arrivati alla famiglia composta da madre e figlio, ma ormai stiamo assistendo alla scomparsa della famiglia stessa. I giovani non accettano più istituzioni di carattere medievale qual è il matrimonio come lo conosciamo oggi e le unioni informali di durata indefinita si stanno diffondendo, ma spesso i giovani non si mettono neanche più insieme, neppure in una semplice convivenza. Sempre più frequentemente i giovani non si riproducono, cosa che sta portando a estesi fenomeni di denatalità.

La famiglia è dunque destinata a subire grossi rimaneggiamenti. A tale proposito, è necessario prendere nuovamente in considerazione le analoghe strutture delle società primitive, alle quali siamo abituati da milioni di anni, per ritrovare forme più adatte al nostro modo di essere. Per esempio, un tipo di società "neotribale", formata da unioni informali e allargate, non sarebbe segregativa come quella attuale, ma integrerebbe al suo interno disoccupati, handicappati, etc. Le tensioni che esistono fra genitori e figli della famiglia nucleare non avrebbero più ragione di esistere, ma si scioglierebbero in una moltitudine di rapporti con i componenti della comunità. Inoltre la conoscenza anche sessuale fra gli adulti sarebbe facilitata, con conseguenze positive anche per la natalità. Il carico di lavoro e di responsabilità che ora grava tutto sulle spalle dei due genitori, verrebbe ripartito fra tutti gli adulti e in parte anche sui ragazzi, e si sa che lavorare insieme, condividere preoccupazioni, ragionare insieme è molto più facile che farlo da soli.

L'autonomia delle donne
Da tempi immemorabili, la donna possiede l'istinto di non darsi mai gratis, ma di farsi ricompensare in qualche modo e questo era necessario alla sua sopravvivenza. Abbiamo visto che la prima forma di questo commercio consisteva nello scambio cibo/sesso. Ma questo scambio aveva l'inconveniente di dover essere rinnovato ogni giorno. L'avvento del matrimonio ha significato per la donna la conquista della protezione a vita e della tranquillità. In cambio essa promette la fedeltà e la sua disponibilità a fornire una serie di servizi. A sua volta al maschio viene chiesto di rinunciare alla sua natura di cacciatore di femmine. Decisamente la vita perde molti dei suoi colori e vira al grigio cupo.

Ma non è finita, nel tentativo di sedurre l'uomo, la donna è stata dotata di una spiccata propensione all'esibizionismo. L'atteggiamento tipico della donna è infatti quello di provocare il maschio, ma di non concedergli nulla, salvo ottenere in cambio qualcosa che la ricompensi in  modo adeguato. L'esibizionismo e la provocazione servono dunque ad alzare il prezzo della merce. Oggi la donna non si accontenta più nemmeno del matrimonio, ma vuole denaro e prestigio, libertà ed autonomia. La società contemporanea, basata sull'immagine, le offre opportunità mai prima sperimentate. Mostrarsi di più per vendersi meglio! All'insegna di: "promettere senza concedere", la donna moderna è diventata esperta nell'ottenere il massimo dal proprio corpo, senza concederlo a nessuno. Oggi la donna non ha neppure più bisogno di concedersi per guadagnare, le basta mostrarsi. Ora essa può vendere l'immagine del proprio corpo a riviste, società di pubblicità o di spettacolo. I maschi pagano ancora ma ottengono solo l'immagine delle femmine. Lo schermo televisivo separa in modo irrimediabile i due sessi. Nei maschi, il livello di stress sale a livelli altissimi.

La donna ottiene di poter lavorare e di avere un proprio reddito. Come conseguenza, essa non dipende più dal maschio e non è più costretta a concedergli nulla. L'antica alleanza basata sulla reciproca dipendenza cade, maschi e femmine si allontanano.

La donna sente la maternità come una limitazione della libertà ed un impedimento economico e cerca di sottrarsi da questa servitù. Non essendo più costretta alla maternità ed essendo disponibili i contraccettivi, rinuncia alla sua funzione riproduttiva. Con l'autonomia economica, oltre alla libertà, la donna ottiene l'affrancamento dalle servitù domestica, sessuale e riproduttiva.

Importanti flussi migratori e numerose adozioni compensano il calo demografico delle società tecnicamente più evolute. Con la conseguente comparsa di tensioni sociali dovute alle differenze culturali e alle difficoltà di integrazione reciproca.

Non più necessario nell'economia domestica, l'uomo diventa inutile, va in crisi e va alla ricerca di un proprio ruolo. Da parte sua, la donna diventa vittima della sua stessa libertà. Una libertà troppo grande, nella quale si perde e non trova più la via per l'espressione della propria natura. Nel tentativo di calmare l'ansia di una vita priva di senso, si affida ad astrologi, maghi e psichiatri che si affollano su di lei, sperando di arrivare al suo corpo o almeno alla sua borsetta.

Verso nuove forme di convivenza
Se la famiglia che conosciamo è in crisi, da tempo si stanno sperimentando nuove forme di convivenza. Queste forme tendono inconsapevolmente alle forme naturali e avranno come conseguenza di farvi coincidere delle rinnovate forme istituzionali. Ma non è facile riabilitare forme di vita comunitaria, a causa dei condizionamenti alla propria libertà che questa socialità troppo invadente può comportare. Come punto di partenza, prendiamo la Famiglia chiusa, formata dai coniugi e gli eventuali figli, in un legame eterno ed indissolubile. Con la Famiglia semiaperta, in modi più o meno espliciti si accetta o si ignora la presenza di amici/amanti che permettono ai singoli e quindi anche alla coppia di sopravvivere. Nella Famiglia instabile, abbastanza tipica degli USA, il matrimonio non è più considerato indissolubile e ogni adulto ne colleziona una serie. In Brasile si conosce quella che si potrebbe definire la Semifamiglia aperta, nella quale una donna ha normalmente più figli, ciascuno da un uomo diverso, ognuno dei quali tende a contribuire al mantenimento della famiglia. La figura del marito si indebolisce. Nella Poligamia, ogni uomo può avere più donne (poliginia), oppure ogni donna può avere più uomini (poliandria). Forme che tendono all'aumento della socialità sono anche le comunità di condominio e se si vuole anche le comunità d'affitto. Queste ultime sono spesso proprie di studenti che si dividono la spesa dell'affitto dell'appartamento abitato in comune.

I giovani, abituati come sono dal mondo dello spettacolo alla varietà di sollecitazioni e di partner possibili, mal sopportano l'idea di un legame fisso e per tutta la vita. Essi si mostrano più interessati ad eventuali unioni multiple, ma non troppo coinvolgenti. Nella Società di singles, non si sposa più nessuno, le unioni sono volontarie e libere e durano finchè c'è un reciproco accordo. In future Società neotribali, potrebbero venire ricreate comunità liberate dai principali inconvenienti delle tribù primitive e della famiglia chiusa, ma non è chiaro se queste società sapranno garantire sufficiente autonomia ai propri membri.

Gli odierni strumenti di telecomunicazione favoriscono l'incontro, ma i rapporti tendono ad essere fugaci, come se coloro i quali si conoscono in questo modo non riuscissero a perdere una virtualità che li abbia misteriosamente contaminati. Presto, la riproduzione affidata ad uteri artificiali finirà per deselezionare i comportamenti amorosi naturali. Con il tempo aumenteranno gli individui disinteressati al sesso o divenuti incapaci di sessualità e di amore. La sessualità potrebbe diventare un fenomeno marginale che le società cominceranno a proibire, in quanto primitivo... a meno che coloro che amano l'amore non riescano a difenderlo e a mantenerlo nella società come elemento essenziale dell'esperienza umana.

Il Peccato Originale: dalla natura alla cultura.
Alcune migliaia di anni fa, le nostre società passarono dall'economia di caccia e raccolta a quella dell'allevamento e dell'agricoltura. Le tribù diventarono stanziali e nacquero i primi villaggi e le prime città. Da allora, il processo di urbanizzazione è continuato e  ai nostri giorni, la maggior parte della popolazione mondiale vive nelle città, ormai lontano dalla natura.

Poiché in poche migliaia di anni il suo corpo e le sue modalità di essere non si sono modificate, il cittadino è dunque ancora un uomo primitivo. Egli vive però in città, un ambiente molto diverso da quello al quale è geneticamente predisposto. Dal precedente rapporto diretto dell'uomo con la natura e con il proprio ambiente, passiamo ad un rapporto mediato dalla cultura. La cultura si interpone tra il sè e la realtà confondendone le relazioni. Infatti, per l'uomo primitivo, il linguaggio era uno strumento utilizzato principalmente per comunicare frasi brevi, di contenuto pratico. Solo in seguito, nacquero le grandi tradizioni culturali che descrivono il mondo.

Con la nascita delle società complesse, la cultura diventa lo strumento dell'integrazione sociale e della subordinazione dell'uomo. Anticamente e durante il medioevo, la cultura aveva una funzione normativa, di asservimento e tipicamente oscurantista. Con il pensiero filosofico e scientifico, emerge anche la funzione illuministica e liberatrice della cultura. Lo sviluppo della scienza, porta l'uomo ad osservare l'Universo in modo diretto e ad ottenere una nuova rappresentazione del mondo in cui vive e della propria condizione. L'uomo riprende il contatto con il mondo che lo circonda. Vede se stesso come un essere vivente, frutto di una cieca evoluzione, in un pianeta qualsiasi, lontano miliardi di chilometri da eventuali altri pianeti abitati e ne resta sconcertato. La conquista del pensiero filosofico e scientifico e della democrazia non deve far credere che la condizione di libero pensiero sia patrimonio di tutti. Al contrario, la cultura esercita una funzione illuministica soltanto in una minoranza. Non solo, ma queste enormi conquiste finiscono nelle mani di un'umanità disorientata e spesso in balia di poteri economici difficilmente controllabili.

L'apprendista stregone
Le scoperte biologiche offrono la possibilità di interpretare e di intervenire sul patrimonio genetico degli esseri viventi, quindi anche dell'uomo. Fino ad ora, il potere di dirigere la evoluzione della specie umana era detenuto dalla natura. Ora egli si appresta ad assumere anche la responsabilità di questo potere. L'uomo sta producendo anche intelligenze artificiali. Sistemi associativi sintetici basati su neuroni di silicio potranno disporre di intelligenza, coscienza e creatività e forse anche di emozioni. Essi potranno divenire forme di vita parallele, forme metalliche a fianco di quelle chimiche come la nostra, ma probabilmente altrettanto vive e coscienti. Queste forme metalliche saranno adatte a colonizzare anche pianeti per noi inospitali.

Conclusione
Questo breve riassunto ha cercato di mostrare come siamo stati plasmati fisicamente e psicologicamente dal nostro percorso evolutivo. Mi sono soffermato particolarmente sulla nostra affettività e sulla sua espressione, ma lo stesso tipo di analisi potrebbe essere fatta per molte altre nostre componenti che in questa nostra società non trovano vie di espressione. Si pensi per esempio alla nostra manualità e più in generale alle nostre capacità creative.

Per capire come siamo fatti, piuttosto che affidarci a teorie psicanalitiche fondate su ipotesi astratte, è molto più produttivo studiare il nostro passato. Quello che ho accennato in questo capitolo si riferisce a tutti gli uomini e donne in generale, ma come sappiamo, c'è una grande variabilità individuale ed ogni individuo è fatto a modo proprio. Più avanti, vedremo come individuare il nostro particolare modo di essere. In ogni caso, molto spesso i nostri comportamenti possono trovare spiegazione nel nostro passato evolutivo ed acquistano profondità.

La cultura è qualcosa di nuovo nella traiettoria evolutiva della nostra specie ed è in qualche modo "in prova". Molti degli inconvenienti che ho sottolineato all'inizio di questo lavoro sono dovuti all'immaturità di questo strumento. E' a partire da poche migliaia di anni che abbiamo dato nuove funzioni alla cultura. In essa, coesistono forme antiche ed altre moderne o del tutto nuove. La storia del XX secolo, caratterizzata da guerre mondiali, rivoluzioni e conflitti religiosi, dimostra ampiamente quanto dobbiamo ancora fare per imparare ad utilizzare convenientemente i nostri strumenti intellettuali.

Quello che dobbiamo ricordare dall'esame di chi o cosa siamo sono due cose: la prima, e la più importante, consiste nei fattori ambientali ed il percorso evolutivo che ci hanno determinato nella sostanza del nostro corpo, nelle forme fisiche e soprattutto in quelle psicologiche. Quello che siamo, nelle nostre funzioni di base, nelle nostre necessità e comportamenti emotivi, nei nostri valori naturali più profondi e nelle nostre modalità di essere che si sono via via aggiunte e integrate le une alle altre, deriva da questo nostro lungo passato evolutivo e molti dei nostri comportamenti trovano spiegazione in questa prospettiva. La seconda sta nell'emergere della cultura come strumento di regolazione sociale e di asservimento, ma anche come strumento di conoscenza e di liberazione. Più avanti vedremo come sia possibile utilizzare queste riflessioni per vivere in maggiore armonia con noi stessi.


INTELLIGENZA, LINGUAGGIO, COSCIENZA
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Nel nostro tentativo di fare un po' di luce su ciò che siamo, è importante anche dare un'occhiata alle nostre facoltà intellettuali. Queste facoltà sono peculiari della nostra specie ed hanno una grande importanza nelle relazioni che stabiliamo con la realtà che ci circonda. Relazioni diverse da quelle stabilite dal resto del regno animale e che stanno ancora mutando.

La facoltà caratteristica del cervello è l'intelligenza. Ma che cos'è l'intelligenza? Per capirlo meglio, dobbiamo prendere in considerazione la struttura del cervello. Esso è formato da alcune centinaia di miliardi di cellule nervose chiamate neuroni ed altre che hanno funzioni accessorie. Come è fatto un neurone? E' una cellula nervosa formata da un corpo cellulare, numerose ramificazioni chiamate dendriti e un assone. Le ramificazioni sono localizzate in posizione posteriore rispetto al corpo cellulare e l'assone in posizione anteriore. Al termine di ciascuna ramificazione, c'è una sinapsi (recettore) con la quale il neurone riceve segnali da un altro neurone. Anche all'estremità dell'assone c'è una o più sinapsi (bottone terminale) che però trasmettono segnali anzichè riceverne. Ciascun neurone tipicamente riceve segnali da alcune decine di migliaia di cellule nervose e trasmette i propri impulsi ad un numero limitato di altri neuroni..

Come funziona un neurone? A riposo, il neurone ha un determinato potenziale elettrico di membrana. Quando, attraverso una sinapsi, gli arriva un impulso, la concentrazione ionica del suo citoplasma aumenta. Quando, per via di numerosi segnali, la concentrazione ionica raggiunge un valore soglia, la membrana si depolarizza e il neurone invia a sua volta una scarica elettrica attraverso l'assone. Dopo aver fatto questo, il neurone si ripolarizza e ritorna allo stato di partenza.

Ricevendo segnali da una moltitudine di neuroni e trasmettendo i propri segnali a poche altre cellule nervose, i neuroni sono dunque sostanzialmente degli integratori di segnali. Quello che è caratteristico del modo di funzionare del nostro cervello non sono tanto i neuroni, quanto piuttosto il modo con cui essi sono collegati fra di loro, quella che viene chiamata l'architettura. Infatti, se i collegamenti fra i neuroni fossero casuali, il cervello non sarebbe in grado di produrre nulla.

Per dare un'idea di questa struttura, prendiamo per comodità in considerazione le cellule della corteccia visiva, che sono anche quelle più studiate. Esse sono disposte a strati, nei quali realizzano livelli successivi di integrazione delle informazioni. Come abbiamo detto, le singole cellule non sono disposte a caso. Inoltre, alcuni segnali sono di eccitazione, altri di inibizione. Ciascun neurone riceve segnali soltanto dai neuroni con i quali è collegato e non da tutti i neuroni. E' proprio questa architettura di collegamento che fa sì che un neurone risponda soltanto a una determinata forma e non ad altre.

Per esempio, alcune cellule della corteccia visiva si attivano soltanto quando ricevono un segnale di bordo (confine fra luce ed ombra), altre soltanto in seguito ad un segnale di omogeneità. Ad un livello superiore, ci sono cellule che si eccitano soltanto quando è presente una linea di bordo con una certa inclinazione e non con un'altra. Altre si eccitano con una inclinazione leggermente differente, etc. Quando vediamo un cerchio, vengono attivate tutte queste cellule e altre che segnalano continuità. Tutte insieme inviano un segnale a un piccolo gruppo di neuroni dedicato alle figure circolari. A sua volta, questo gruppo invia un segnale ad un altro gruppetto situato nelle aree verbali, dove stimola la pronuncia della parola "cerchio".

Nel caso particolare, questo stimolo è ambiguo perchè  può voler dire tanto cerchio quanto lettera "o". Quindi una persona può essere indecisa se dire cerchio oppure "o". Il contesto influenza la scelta. Infatti, se stiamo tracciando cerchi con un compasso, verrà inibito il gruppetto di neuroni "o", mentre se stiamo leggendo un libro, tutte le volte che vediamo la lettera "o" verrà inibito il gruppetto del cerchio. A livello neurologico, il contesto non è altro che una serie di collegamenti che eccitano alcuni neuroni e ne inibiscono altri. Quando la "o" possiede una gambina, a seconda della sua posizione, verranno attivati altri gruppi di neuroni che ci faranno pronunciare "p, q, b, d", a seconda dei casi. Il tipo di stimoli non è poi solo geometrico, ma riguarda anche il movimento, colori, odori, idee astratte, sentimenti.

Come si può notare, la struttura del cervello è associativa. Questa associatività non si limita ai neuroni fra loro, ma riguarda anche i loro prodotti, quali le immagini, le idee, etc. Infatti, sono proprio i collegamenti fra i neuroni che da un odore ci richiamano immediatamente un ricordo, da una immagine ci conducono a un'esperienza oppure ad una parola; da una parola passiamo all'altra come nel caso delle associazioni libere in psicanalisi. L'associatività del nostro cervello è tale che spesso facciamo fatica a mantenere il filo del discorso quando scriviamo e tendiamo a disperderci.

Alla nascita, un bambino possiede già una grande quantità di collegamenti predisposti. Moltissimi altri verranno stabiliti in seguito. Infatti, nel corso dell'apprendimento, i collegamenti validi verranno rafforzati, mentre quelli erronei verranno eliminati. A tale scopo, è molto importante la realtà o l'aiuto di un insegnante per confermare ciò che è giusto e per indicare ciò che è sbagliato. E' in questo modo che ad ogni lettera dell'alfabeto, un bambino impara ad associare un suono. Il mantenimento di questi collegamenti, la loro memoria, ci dà la facoltà di leggere.

Con l'osservazione, notando delle proprietà comuni, impariamo a distinguere gli oggetti ed a raggrupparli in base alle loro caratteristiche. Il notare proprietà comuni è ancora un'azione di associazione compiuta dal cervello. In base a queste caratteristiche comuni, raggruppiamo gli oggetti in categorie. Anche gli animali fanno queste operazioni. Infatti, anche gli animali sono intelligenti. Noi, in più, associamo alle categorie un nome, producendo il linguaggio. Lo studio ci aiuta a creare nuove categorie e a stabilire relazioni fra le categorie, anche senza la nostra diretta osservazione, ma utilizzando una via essenzialmente legata al linguaggio. Oggi, addirittura, molti giovani hanno una scarsa esperienza diretta del mondo, ne possiedono invece una conoscenza indiretta, frutto dello studio e dei media.

Che cos'è dunque l'intelligenza? La definizione secondo cui essa consisterebbe nella nostra capacità di risolvere problemi è molto generica e non dice un gran che. Una definizione più precisa la considera la capacità di cogliere rapporti (di similitudine, di differenza, di contemporaneità, di successione, di implicazione, di causalità, etc). Sulla base di quanto ho detto prima a proposito del modo di funzionare del cervello, l'intelligenza ha la capacità di ricondurre un oggetto alla classe alla quale appartiene. Ma, attenzione: non esistono solo classi di oggetti, ma anche di forme, comportamenti, azioni, rapporti, funzioni, idee, etc. L'intelligenza non si limita al riconoscimento o alla classificazione di oggetti, ma può riconoscere anche relazioni fra gli oggetti. Con il termine di oggetto intendo oggetto dell'attenzione, che può essere tanto un oggetto reale, quanto un'immagine, un'idea, una sensazione, un suono, un accordo musicale, un movimento, un ricordo, una relazione, etc. Quindi anche le relazioni che tracciamo fra gli oggetti della nostra attenzione diventano oggetti essi stessi. In virtù di questo procedere, possiamo passare da un livello di astrazione a quello superiore, da questo ad un altro ancora.

Non solo, ma l'intelligenza non riguarda soltanto le funzioni visive o razionali, ma anche quelle affettive, artistiche e moltissime altre. Una persona dimostra intelligenza nelle relazioni sociali quando sa prendere il prossimo per il verso giusto, meglio di come faccia un altro. Una ballerina, sa distinguere un gesto dall'altro meglio di quanto non sappia fare una persona normale. Il cervello ha una struttura modulare, essendo formato da tante aree ciascuna della quale gestisce una funzione diversa. Abbiamo quindi tante intelligenze quante sono le aree cerebrali. Nello stesso individuo, l'intelligenza è disuguale da funzione a funzione. La dovizia di neuroni di cui è fornita ciascuna area cerebrale è diversa, per cui possiamo essere molto abili in determinate cose e meno in altre. Esistono persone davvero geniali in un campo, ma che risultano sorprendentemente goffe negli altri.

L'azione fondamentale dell'intelligenza è dunque l'associazione. Con questo atto, il nostro cervello confronta oggetti fra loro, oppure un oggetto con il nostro archivio di immagini, oppure un'idea con le altre che possediamo. Per mezzo dell'associazione, l'intelligenza riconosce gli oggetti, stabilisce ciò che una cosa è individuando la classe a cui appartiene, ma stabilisce anche ciò che non è. E' chiaro che questa capacità è tanto più elevata, quanto maggiore è il numero di collegamenti e quanto più vasto è l'archivio delle classi che abbiamo distinto (conoscenza). Mentre avremo difficoltà se le classi che possediamo sono limitate, se sono fondate su criteri imprecisi o inadatti. Non solo, ma oltre al riconoscimento degli oggetti e delle relazioni, occorre che le diverse aree del cervello siano propriamente collegate le une alle altre, in modo che le informazioni ottenute vengano integrate da quelle provenienti da altre aree e trattate correttamente.

Osserviamo ora il cervello dal punto di vista sistemico. Da questo punto di vista, il cervello è un sistema i cui neuroni sono gli elementi costitutivi. Ormai sappiamo che ogni sistema produce qualcosa che non esiste negli elementi che lo costituiscono. Qual è allora la qualità nuova che emerge da questa organizzazione di cellule nervose? Sono le immagini percettive. Vale a dire immagini visive, sonore, olfattive, tattili, etc. Questo al primo piano, poi questi dati vengono a loro volta elaborati e se ne ricavano le classi, le relazioni, le astrazioni. La serie dei prodotti del sistema cervello non è ancora esaurita. Infatti, quando un animale superiore osserva un oggetto, per esempio una preda, ne ottiene una immagine molto vivida e presente. Basti osservare un gatto quando sta per lanciarsi sulla preda. Nell'uomo, l'associazione di nomi alle categorie crea il linguaggio. Con simboli verbali, l'uomo si riferisce ad oggetti reali od astratti ed è in grado di esprimere relazioni fra di loro. Quando l'uomo pone se stesso come oggetto della sua attenzione, ottiene la coscienza di sè o autocoscienza.

Il pensiero e la coscienza sono dunque i prodotti più propri dell'uomo, autentici piani della natura conquistati da animali dotati di un sistema nervoso di elevata complessità. I neuroni da soli non pensano. Ecco ancora una volta come, con l' integrazione di elementi in un sistema, si originano funzioni nuove, per nulla presenti negli elementi di base e neppure nella natura fisica. La comparsa del pensiero e della coscienza è dunque un evento che ha qualcosa di miracoloso, nel quale si generano delle qualità che prima non esistevano. A nulla vale introdurre il concetto di anima per cercare di spiegare l'avvento di questa novità che è la coscienza perchè è prodotta da una particolare organizzazione della materia e non da un intervento divino. Essa è una dimensione nuova, inesistente negli animali inferiori, creata da una particolare organizzazione di cellule nervose, da un sistema. Pur essendo un prodotto dell'attività dei neuroni, il pensiero acquista inoltre un'autonomia dalla struttura che lo rende possibile.

La coscienza ed il pensiero sono qualità nuove che emergono dall'organizzazione di cellule nervose. Mentre è possibile stabilire come una qualità sia prodotta, non è possibile indagare o stabilire che cosa essa sia esattamente. Una qualità è quello che è e basta. E' qualcosa di indescrivibile, di inspiegabile di per sè. E' come la percezione dei colori, dei suoni e degli odori. Si può dire tanto su queste percezioni, ma ben poco sulle sensazioni in sè: perchè quel colore lo vediamo con quella sensazione particolare e non con un'altra?

Un'altra conseguenza di questa analisi è che anche gli animali sono dotati di intelligenza, e ovviamente anche di sensibilità e coscienza. Quest'ultima proporzionale al grado di complessità dell'animale. Quale differenza c'è con l'uomo? Nell'uomo, c'è in più il linguaggio. La capacità di indicare gli oggetti per mezzo di parole e di esprimersi. Quindi, in noi, la coscienza diventa qualcosa di più preciso, espressa in forma verbale e quindi più consapevole.

Il linguaggio si innesta sulla capacità associativa e di categorizzazione del cervello animale, associando parole alle nostre categorie. La differenza fra l'uomo e l'animale non sta dunque nel fatto che uno possiederebbe l'anima e l'altro no; non sta neppure nell'intelligenza perchè la possiedono entrambi; sta piuttosto nelle capacità linguistiche proprie dell'uomo. Il linguaggio va oltre la capacità di nominare singoli oggetti o categorie e con esso esprimiamo anche le relazioni che notiamo e che stabiliamo fra di essi. Il linguaggio è quindi divenuto uno strumento di descrizione della realtà e di espressione della nostra coscienza.

Il linguaggio è in grado di esprimere ciò che è stato visto, ma anche di utilizzare le parole per attribuire alla realtà forme e significati che non le appartengono, per parlare di realtà mai sperimentate, per inventare realtà inesistenti. La capacità di inventare relazioni non riscontrate e di affermarle con la parola non consegna all'uomo solo la fantasia e la capacità di produrre leggende, ma gli consegna anche l'inganno e lo condanna ad una incessante lotta con le parole per riuscire a intravvedere la realtà. Quello che stupisce in certuni è la mancanza della capacità di distinguere la realtà dalle sue descrizioni. Spesso, essi scambiano le descrizioni verbali per la realtà medesima. Data la loro mancanza di dubbi, non sentono neppure la necessità di verificare le fonti o di fare delle elementari verifiche. La capacità inventiva e di mascheramento del linguaggio sono tali che spesso il primo a caderne vittima è il soggetto stesso. L'uomo finisce preda di rappresentazioni verbali che non sa più distinguere dalla realtà. Per esempio, le immagini mitologiche e quelle religiose, quali le divinità ed il Paradiso, spesso vengono intese come realtà vere e concrete, anzichè come realtà ipotetiche, comunque non dimostrate.

Che cosa significa conoscere? Conoscere significa produrre modelli della realtà. Distinguiamo questi modelli in percettivi e verbali. I modelli percettivi sono formati da percezioni quali immagini, suoni, odori, etc. I modelli verbali sono invece basati sul linguaggio. Gli uomini sono in grado di produrre entrambi questi modelli. Gli animali, invece, sono vincolati a quelli percettivi. Così come negli uomini le parole acquistano un valore generale, negli animali le immagini e le immagini percettive possono assumere un valore generale. Di fronte ad una situazione nella quale si è già trovato, un animale ritorna per associazione alle esperienze precedenti e si regola di conseguenza. Negli animali, gli oggetti vengono raggruppati in categorie per mezzo della loro immagine che assume un valore simbolico.

Benchè l'uomo sia capace di utilizzare entrambi i metodi di conoscenza: quello percettivo e quello verbale, in realtà egli tende ad utilizzare sempre di più quello verbale. I motivi di questo comportamento sono da ricercarsi nel ruolo privilegiato assegnato alla ragione dalla nostra civiltà, all'educazione scolastica che è quasi esclusivamente basata sul mezzo linguistico, al modo di vivere urbano, ormai lontano dalla natura e che fa ampio ricorso a mezzi sostitutivi dell'esperienza diretta quali i mezzi di comunicazione e oggi l'informatica.

Prigioniero dei propri viaggi mentali, l'uomo tende a perdere il contatto diretto con la realtà, per vivere in un mondo di astrazioni, in una propria realtà virtuale. Un animale è invece molto più legato alla realtà. Le nostre astrazioni, la cultura, si interpongono alla realtà. Oggi, la gran parte delle persone vive in un mondo artificiale, non conosce la natura. Poichè la conoscenza percettiva e diretta è quella che più si accorda con il nostro modo di essere, la sua regressione corrisponde a un impoverimento della nostra esperienza. Finiamo per conoscere solo con la ragione ciò che prima era conosciuto con tutte le funzioni del nostro essere.

La cultura si frappone tra noi e la realtà e mette inoltre in crisi il naturale rapporto fra la ragione e l'irrazionale. E' la prima volta nel mondo animale che si pone in forme tanto drammatiche il problema del rapporto tra natura interna e cultura, tra le rappresentazioni del mondo basate su metodi percettivi e quelle basate sul linguaggio.

Si dice che la caratteristica specifica dell'uomo sia l'intelligenza, solo l'uomo pensa, ha il linguaggio e via di seguito. Questa serie di luoghi comuni ha fra i suoi risultati quello di consegnarci un'anima e di separarci dagli animali che diventano qualcosa di poco più di oggetti. Questo modo di concepire le cose, questa sopravvalutazione di facoltà intellettuali che non sappiamo neppure usare a dovere, non sono dannose solo per gli animali ma anche per noi stessi perchè ci impediscono di capire quello che veramente siamo e ci fanno compiere una serie di errori.

In ogni caso, la superiore intelligenza umana, l'emergere del linguaggio e del pensiero hanno potentemente arricchito la natura umana che mostra di possedere un repertorio di comportamenti, sensibilità, predisposizioni e capacità ben più vasto di quello animale.

Un'altra conseguenza di queste considerazioni è che l'intelligenza non è vincolata al supporto biologico. Il pensiero esiste perchè i neuroni scambiano segnali fra loro e non perchè sono vivi. Se mettessimo insieme miliardi di integratori elettronici simili ai neuroni, probabilmente il risultato sarebbe lo stesso. Il problema è solo tecnologico. Se attualmente ci è impossibile realizzare un sistema della stessa complessità del nostro cervello, questo non vuole dire che sia impossibile in linea di principio, nè che non lo si possa fare domani. Non si può più affermare che noi pensiamo perchè abbiamo l'anima o perchè i neuroni sono vivi. Quello che c'è di diverso tra un integratore biologico ed uno elettronico è che la cellula nervosa possiede un meccanismo biochimico di trasformazione degli zuccheri in energia, mentre un integratore elettronico va alimentato con energia elettrica.

Lo studio e la sperimentazione di sistemi artificiali basati su architetture neuronali sta andando avanti. Ci si può aspettare che nel giro di pochi anni verranno prodotte intelligenze artificiali, seppure di capacità limitate. In questo modo, i computer e molti oggetti dei nostri ambienti domestici e di lavoro disporranno un po' di discernimento. Ma attenzione: allo stesso tempo, essi otterranno anche un po' di coscienza. I computer che presto sapranno comprendere il linguaggio, compiere traduzioni sensate, riconoscere oggetti, probabilmente saranno anche in grado di notare qualcosa e magari vorranno pure dircelo.

Alla fine, l'esame del nostro cervello ci permette di superare la barriera uomo/animale, quella fra animale (sistema basato su strutture biochimiche) e macchina (sistema basato su strutture metalliche) e ci rendiamo conto che anche una macchina può essere cosciente. Non basta essere vivi per essere coscienti. Abbiamo visto che anche un protista è vivo, ma non è cosciente. Per esserlo, avrebbe bisogno di una organizzazione pluricellulare che ovviamente non possiede. Un sistema intelligente basato sulla tecnologia del silicio (un'intelligenza metallica) potrebbe essere cosciente. Non solo, ma essere intelligenti e coscienti vuol anche dire essere capaci di fabbricare. Se, un giorno, queste vite metalliche sapessero produrre altri loro simili dovrebbero essere considerate vive? Il fatto di riprodursi con metodi biologici o per mezzo di macchine utensili e tecnologia dei microprocessori è fondamentale? Intelligenza e coscienza sembrano in qualche modo legate, ma il loro supporto può essere indifferentemente biologico o metallico.

Come conclusione di questo discorso, otteniamo un modo più preciso e più proprio di considerare noi stessi e la vita in generale. Nel lungo percorso dalla nascita dell'universo all'uomo, ci rendiamo conto che tutto o quasi può essere spiegato anche senza bisogno di divinità. Il pensiero è il prodotto dell'autorganizzazione della materia. Ci accorgiamo di essere i primi animali che guardano l'universo, coscienti del proprio atto, consapevoli della loro solitudine in questi immensi spazi. Se non c'è una divinità a dare un significato al mondo e alla nostra vita, questo diventa compito nostro. Mentre fino ad ora avevamo dedotto questo significato da visioni religiose, ora spetta a noi dare un senso all'universo e alla nostra vita. Del resto, neppure un universo senza osservatori ha molto senso. Il fatto che il pensiero possa comparire in virtù dell'organizzazione della materia, non significa che non esista una divinità. In realtà, potrebbe anche esserci, ma potrebbe avere deciso di non intervenire per lasciarci la nostra libertà. Anche in questo caso, per noi esiste sempre il problema di dare un senso alle cose, di progettare il nostro futuro.

Quello che ho detto in questo capitolo, vale per le nostre capacità razionali e per molti nostri comportamenti ad esse legati, ma non spiega ciò che in noi non è razionale e che, come sappiamo, è di grande importanza nella nostra vita. Quindi, anche se sistemi artificiali potranno disporre di intelligenza e di coscienza, potranno possedere affetti, emozioni, sensibilità? Qua il discorso non torna. Le considerazioni svolte in questo capitolo non sono in grado di rendere conto di queste capacità animali ed umane. Sarà interessante vedere quello che succederà nel prossimo futuro, di quali facoltà daranno prova le coscienze metalliche. In ogni caso, a noi non interessano tanto queste nuove forme di vita, quanto piuttosto conoscere meglio noi stessi.

Ma noi, appunto, come facciamo a provare queste sensazioni? Quali sono gli incantevoli meccanismi che ci producono un tale stupore e piacere ascoltando la musica? Per non parlare di quando stringiamo fra le braccia la persona che amiamo... Come ho già rilevato, la nostra società ha assegnato un posto di rilievo alla ragione. Una preminenza tale da emarginare quasi del tutto le altre facoltà. Ora ci accorgiamo che molto probabilmente la razionalità può essere prodotta anche in modo artificiale. Fortunatamente noi possediamo anche altre facoltà, quali la capacità di amare, di provare meravigliose sensazioni, curiosità, timori e desideri. Rivalutiamo dunque queste componenti del nostro animo.


VALORI NATURALI
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Quello che siamo è dunque il risultato di una lunga evoluzione. In ogni tappa di questa evoluzione si sono sviluppate determinate facoltà che si sono depositate le une sulle altre, integrandosi. Da quanto abbiamo visto, si può ricavare che siamo naturalmente portati ad alimentarci, siamo portati per la sessualità, possediamo un corpo molto simile a quello delle scimmie antropomorfe e siamo portati ad attività fisiche quali la marcia, la corsa, etc. Siamo animali particolarmente affettuosi nei confronti della prole e dei nostri simili; possediamo un notevole dimorfismo psicologico che si traduce in comportamenti e sensibilità diverse e complementari fra i due generi; possediamo notevoli capacità di manipolazione e disponiamo di un cervello complesso che si caratterizza soprattutto per le sue capacità di astrazione. Quello che infine ci distingue da tutti gli altri animali è un linguaggio così sviluppato che ci fornisce capacità di analisi, consapevolezza ed espressione unici nel mondo animale.

Questo è in grande sintesi quanto possiamo ricavare dall’esame del nostro passato evolutivo, ma noi possediamo anche altre capacità che non sappiamo come e perché si siano sviluppate, né per quale motivo le possediamo. Siamo per esempio dotati di una naturale curiosità, di un piacere per la conoscenza e per l’esplorazione, propensioni di cui è difficile spiegare l'origine. Abbiamo una spiccata razionalità e capacità matematiche. Siamo dotati del senso del gioco, che però ritroviamo anche in tante altre specie animali e perfino nelle mosche. Abbiamo uno notevole senso estetico, quindi proviamo piacere per le belle forme e da questa nostra sensibilità sono nate la scultura e la pittura. Siamo dotati di capacità di espressione corporea, da cui è nata la danza, ma su di essa si fondano anche le nostre gestualità e mimica. Siamo attirati dall’assoluto e amiamo la perfezione nel pensiero, nell’espressione linguistica e nei comportamenti. Questa attrazione per l’assoluto ci ha anche fatto concepire sistemi di pensiero complessi e ci ha portati all’idea di Dio. Proviamo piacere anche per la poesia e per la letteratura. Favole, miti, racconti e romanzi affascinano giovani e adulti in tutto il mondo. E’ infine molto difficile poter capire da quale fase del nostro passato evolutivo sia scaturita la nostra passione per la musica. Strumenti musicali antichi sono stati rinvenuti insieme con le prime manifestazioni di arte rupestre e di inumazione dei morti, ma difficilmente si potrebbe derivare la nostra inclinazione per la musica da qualche meccanismo adattativo o di sopravvivenza. Abbiamo anche un innato senso etico e altre componenti che mi sono sfuggite in questa rapida elencazione.

Le capacità che ho richiamato in questo ultimo paragrafo fanno parte integrante della nostra natura, anche se è difficile dire con precisione da dove esse derivino. Si capisce bene quanto ci sarebbe da dire a proposito di ciascuna di queste facoltà. In ogni caso, queste capacità e quelle richiamate nel corso del rapidissimo excursus sul nostro passato evolutivo costituiscono il complesso delle nostre modalità di essere generali, che possediamo tutti in misura maggiore o minore e che rappresentano i nostri valori naturali. A seconda dell’intensità con cui ciascuna di queste capacità si presenta in un individuo si può parlare di predisposizioni e perfino di vocazioni. L’espressione di queste nostre componenti naturali è fonte di gradimento e costituisce il piacere di vivere.


VALORI ACQUISITI
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Con il termine di valori acquisiti si intendono valori di origine culturale, che si distinguono da quelli di origine naturale. La funzione più propria dei valori acquisiti è quella di indirizzare il comportamento degli individui secondo le necessità della società. Tuttavia essi sono spesso anche al servizio di dinamiche manipolatorie.

Già nelle popolazioni di scimmie e di alcuni uccelli è possibile rintracciare elementi comportamentali trasmessi, forme elementari di cultura. Nel suo lungo cammino evolutivo, l'uomo ha costantemente arricchito la propria cultura e lo studio degli utensili primitivi mostra questo sviluppo. Circa 30.000 anni fa sono comparsi segni di comportamenti più complessi e sicuramente oggetto di trasmissione culturale, come per esempio le sepolture dei morti e le pitture sulle pareti rocciose. Con il neolitico, l'evoluzione della cultura ha subito una brusca accelerazione. E' infatti con l'avvento dell'agricoltura che vengono fondate le città e nascono organizzazioni sociali ben più vaste e complesse delle tribù. Nascono grandi regni in Mesopotamia, nell'Egitto dei faraoni, etc. La gestione di questi vasti regni non poteva più contare sul pur ricchissimo repertorio dei valori naturali umani, ma doveva essere integrata con altri strumenti. In realtà, i nuovi valori non venivano soltanto ad integrare quelli precedenti, ma anche a regolarli.

Vennero stabiliti codici di comportamento sociale che dovevano mantenere l'ordine nella società. Di questo si incaricarono le religioni. Infatti la morale religiosa è la prima forma di regolazione del comportamento sociale, la prima forma di legge, che un giorno verrà gestita dallo Stato. Il vivere in società ha richiesto il rispetto di regole quali i dieci comandamenti: non uccidere, non rubare, etc. Vennero anche creati valori quali la fedeltà al proprio Re, il coraggio del guerriero, la forza e la costanza del lavoratore, etc. Altri valori furono costituiti dai più concreti compensi per il lavoro svolto. Presto sarebbe comparsa la moneta, un prezioso e comodo mezzo di scambio che avrebbe facilitato enormemente i commerci.

I valori acquisiti sono nati dunque per dirigere l'azione degli individui nelle società complesse. Essi hanno conosciuto una importante evoluzione che risente molto delle forme di produzione, ma anche delle tradizioni precedenti. Ogni importante momento storico ha arricchito la propria società di valori nuovi. Oggi, ogni società si riconosce in determinati valori fondamentali, in determinate tradizioni e costumi, in determinate forme organizzative ed i suoi membri sono orgogliosi di appartenervi.

Esistono numerosi sistemi di valori. Spesso essi sono di origine religiosa e molte persone si affidano ad essi per orientarsi nella vita di tutti i giorni. Tradizionalmente, in Europa siamo chiamati a fare riferimento all'etica cristiana. Secondo questo punto di vista, esisterebbe una norma di comportamento ispirata alla virtù e alla salvezza dell'anima, costantemente minacciata dalle umane propensioni verso il peccato, suggerite ovviamente dal Diavolo. Fino a pochi anni fa, a questa etica si è fieramente contrapposta quella marxista che sosteneva la lotta di classe per il trionfo del proletariato. In altre parti del mondo, altre religioni e altre ideologie hanno proposto e propongono i loro sistemi di valori. 

Normalmente, dopo alcuni anni che ci sforziamo di seguire un dato sistema di valori, ci rendiamo conto che qualcosa non funziona. Può capitarci di non riuscire a studiare perchè il nostro sguardo va alla finestra, non riusciamo più a restare in casa perchè ci assale una incontenibile frenesia di uscire oppure ci viene voglia di andare a cercare gli amici. Ci può perfino capitare di innamorarci pur essendo già sposati, cosa che non dovrebbe assolutamente accadere. Dopo diversi anni che facciamo lo stesso lavoro, ci accorgiamo che non ci piace più come una volta, anzi ci annoia mortalmente. Possiamo anche sentirci sotto la cappa di piombo di una oscura angoscia che non si sa da dove venga, ma che pervade tutto ciò che ci circonda. Tutto ci sembra nero, il nostro futuro ci appare deprimente e senza scampo. Allora andiamo da dottori, psicologi e maghi che ci raccontano un sacco di storie, ci danno tante medicine, ma dopo un paio di mesi tutto torna come prima. Insomma, c'è qualcosa che bolle sotto il coperchio e c'è un bel da metterci sopra dei pesi, perchè la pressione sale e dopo un po' vapore ed acqua soffiano fuori da tutte le parti. 

Di fronte al manifestarsi di queste forze incontenibili, ci rendiamo conto che in quel edificio perfetto, costruito sulle rocciose basi della tradizione, dei valori e della ragione, qualcosa non torna. Lavoriamo, aiutiamo in casa, facciamo i compiti con i figli, facciamo tutto quello che ci viene richiesto, ma non basta. Di solito, ci incolpiamo di essere svogliati e proviamo a rimetterci al lavoro, ma dopo un po' siamo daccapo. Dopo tanto arrovellarci per cercare di capire cosa c'è che non va, prima o poi si inciampa sugli istinti. Già, ma gli istinti appartengono agli animali mentre noi uomini abbiamo i valori! Certo che l'accanimento con il quale certi predicatori e fustigatori dei costumi si sono scagliati contro gli istinti, fa sospettare qualcosa... Non è che proprio lì sotto, dove ci si ostina tanto a minimizzare o a condannare, covi qualcosa di importante?… Qualcosa che ci vogliono nascondere? E che cosa ci vogliono nascondere?

Se poi ammettiamo che sia necessario cominciare a fare un po' di luce su questi istinti, solo dopo parecchio tempo ci accorgiamo di essere completamente fuori strada, da tutta un'altra parte rispetto a dove dovremmo essere, praticamente agli antipodi. Infatti, secondo quanto ci hanno raccontato, noi saremmo stati creati da Dio, saremmo stati dotati di un'anima e posti sulla Terra. In questa rappresentazione non c'è traccia di legami con il mondo degli animali e con la natura. Non abbiamo mai avuto una evoluzione, ma siamo apparsi all'improvviso così come siamo ora.

E gli istinti che cosa ci stanno a fare?... Niente! E che ci devono fare in questa descrizione?! Servono al massimo a fare muovere gli animali come degli automi. Ah, dimenticavo: servono anche al Diavolo per metterci in tentazione. Questo vuol dire che qualche istinto ce l'abbiamo anche noi, ma solo in quanto spontanea inclinazione verso il male e via di questo passo. Ci vorranno anni per potere superare questa impostazione e per capire che le cose sono completamente diverse da come ce le avevano raccontate. Per quello che riguarda la nostra astronomia interna, siamo ancora in un universo tolemaico. Ma per riuscire a ragionare sugli istinti, è necessario mettere da parte Dio, il Diavolo, la creazione, l'anima e considerare la specie umana come frutto di una lunga evoluzione. Soltanto da una prospettiva filogenetica e storica si può affrontare correttamente il problema dei rapporti fra i valori naturali e quelli acquisiti. Mettere da parte Dio non vuol dire che non ci si debba più credere, ma piuttosto che probabilmente lui non c'entra niente con quello che ci hanno detto. Vuol dire che il suo ruolo nel mondo è diverso e che dovremmo cercare di capirlo, sempre che sia possibile.

Da questa rivoluzione, gli istinti emergono come il tassello mancante che collega la nostra situazione alle nostre reazioni. Ecco il meccanismo nascosto che lega le condizioni in cui viviamo con la nostra natura! Ecco da dove venivano tutti i nostri malesseri, le nostre insoddisfazioni e i desideri di uscire da certe abitudini per aprire nuove prospettive. Si comincia così a capire che i valori culturali tendono spesso a reprimere quelli naturali.

Molte culture hanno ordinato i valori in gerarchie. Spesso le componenti naturali si sono trovate in contrasto con quelle culturali che derivavano dai soliti fini superiori. La letteratura di tutti i tempi abbonda di attributi negativi degli istinti: bestiali, della carne, demoniaci. In questo conflitto, i valori naturali sono sempre stati repressi, ma non sempre hanno perso: ogni tanto si ha notizia di un prete scappato con la perpetua, il che la dice lunga sulla forza di queste pulsioni naturali. I valori naturali hanno spesso ragione, ma non sempre. Occorre però che non li giudichiamo più attraverso moralismi ideologici o con criteri che ci sfuggono, ma in un modo più oggettivo e consapevole.

Dopo aver mangiato, gli istinti ci consiglierebbero saggiamente di andare a dormire. Invece questo non è ammissibile per una società industrializzata: occorre invece tornare al reparto a lavorare. Oppure, vorremmo restare a chiacchierare con gli amici, ma anche questo non ci è permesso. Per convincerci che è necessario lavorare anzichè "oziare", occorrono dei valori. Quante volte si è decantato il lavoro come valore? Ecco che i valori (e i doveri) si contrappongono alla nostra natura interna e si sostituiscono ad essa per gestire il comportamento umano. Adesso non è il momento di fare un'analisi di come e quali valori siano stati mobilitati per trasformare l'uomo primitivo in un uomo (primitivo) civilizzato. Per evitare di considerare i valori acquisiti in qualche modo sempre superiori a quelli naturali, dobbiamo ricordarci che essi ci hanno anche fatto prendere le armi gli uni contro gli altri, in guerre sanguinose.

Ma adesso che gli dèi sono caduti dalle nuvole e che i grandi sistemi di pensiero non riescono più ad incantare nessuno, diventa possibile tornare ad interrogarci sulla nostra natura interna. Questo è importante perchè essa è proprio l'origine profonda delle nostre motivazioni. E' necessario anche rivalutare le motivazioni naturali in modo che si sappiano riconoscere, anzichè guardarle come figlie illegittime e viverle con sensi di colpa. Però, attenzione! I valori naturali sono solo una parte di noi. Dobbiamo evitare di assegnare loro una posizione esclusiva, altrimenti ne otterremmo conseguenze negative. Se per esempio ad uno piace il vino, non si deve per questo sentire autorizzato a vivere come un ubriacone. Se quindi la funzione di proposta può derivare dalle componenti innate, la ragione deve esercitare una funzione di controllo.

Anche se può influenzare le nostre scelte, la ragione non fa parte delle motivazioni. La preminenza assegnata alla ragione da parte della nostra cultura ha contribuito ad emarginare ed a reprimere le nostre componenti naturali. Ora è necessario rivalutarle allo scopo di divertirci un po' di più.

Il termine di istinti non è adatto per indicare la grande varietà di componenti e predisposizioni che possediamo. Infatti, con quel termine, ci si riferisce normalmente a pulsioni elementari, quali la fame, la sete. Se continuassimo ad utilizzare questo termine, finiremmo fuori strada. Se però consideriamo che fanno parte della nostra natura anche la capacità di amare, di apprezzare la musica e la poesia, ci rendiamo conto che al nostro interno non ci sono solo cose grezze e degne di un cannibale, ma anche di incantevoli e raffinate. Occorre scomodare gli artisti del rinascimento per dimostrarlo? Ecco allora, che per riferirci al prezioso carico naturale che abbiamo ereditato dalle profondità dei tempi, dobbiamo utilizzare un termine più adatto, quale quello di valori naturali.

La volontà trova dunque origine nei valori naturali e acquisiti. Essi producono piacere quando vengono soddisfatti, producono dolore, dispiacere e perfino depressione quando vengono negati. La sofferenza deriva dalla mancata espressione dei nostri valori. Le motivazioni culturali e naturali si trovano spesso in conflitto fra loro. E' per esempio il caso dell'invito religioso alla castità e delle opposte esigenze della sessualità.

La felicità deriva dall'espressione delle nostre motivazioni. Purtroppo non sempre possiamo soddisfarle. Siamo infatti esseri sociali e dobbiamo tenere conto di coloro che ci circondano. Molte altre volte sarebbe possibile, ma la società ce lo vieta, proibendolo o condizionandoci o colpevolizzandoci. Molto spesso, tuttavia, l'ignoranza di noi stessi e della nostra situazione ci impedisce di seguire la strada adatta, anche se questo non dovesse far male a nessuno. Allo scopo di vivere più compiutamente e di ottenere un migliore equilibrio, è importante imparare a conoscere meglio noi stessi, sapere quali siano le nostre componenti naturali. Dobbiamo anche fare chiarezza fra i nostri valori acquisiti per precisarli ed arricchirli, ma anche per ripulirli dai condizionamenti.


DETERMINA LE TUE MODALITA' DI ESSERE
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Abbiamo visto che durante il nostro passato evolutivo siamo stati, per periodi diversi come durata e distanza dal presente, dei pesci, rettili, mammiferi, primati, raccoglitori e cacciatori. Nel corso di queste fasi si sono sviluppate certe corrispondenze fra l'ambiente e le forme fisiche e quelle psicologiche della specie. Le forme successive si sono integrate con le precedenti stabilendo importanti rapporti. Una importante via per sapere come siamo fatti è dunque l'esame dello sviluppo filogenetico della nostra specie. Anche lo studio del comportamento animale, ed in modo particolare quello dei primati, ci fornisce importanti informazioni sul nostro modo di essere.

Per un motivo simile, lo studio dell'antropologia e dell'etnologia ci offre la possibilità di osservare il modo di vivere che i nostri predecessori hanno praticato per centinaia di migliaia o milioni di anni. Molti comportamenti comici, ai quali assistiamo di tanto in tanto, possono trovare spiegazione nei termini di paleolitici alle prese con la civiltà delle macchine e dell'informatica. Anche queste indagini ci forniscono l'indicazione delle modalità di essere comuni che condividiamo con i nostri simili.

Questo patrimonio di modalità di essere, comune a tutti gli individui della nostra specie, si esprime però in proporzioni e modalità diverse in ciascuno di noi. Per esempio, praticamente tutti gli esseri umani sanno parlare, ma alcuni sono di indole taciturna ed altri non riusciamo a farli tacere. Certuni poi parlano anche da soli. Alcuni si esprimono in modo stentato, altri invece in modo preciso, elegante e con ricchezza di termini. Alcuni fanno fatica a scrivere la lista della spesa, altri scrivono romanzi e poesie. E' chiaro dunque che alcuni sono molto più dotati di altri nell'uso del linguaggio. Altrettanto vale per la capacità di lavorare con le mani, di esprimere se stessi dipingendo, di servirsi della matematica, di ballare, etc. Quindi, ciascuno di noi rappresenta una combinazione particolare e forse unica di caratteristiche. Il problema che si pone adesso è quello di stabilire quali sono le componenti che caratterizzano ciascuno di noi in particolare. A tale proposito, è importante soprattutto conoscere le componenti che possediamo in misura maggiore del normale, ma non dovremmo trascurare di conoscere anche quelle di cui invece siamo piuttosto carenti. Quindi, proprio per la variabilità degli esseri umani, anche noi possiamo possedere delle capacità superiori alla media in un certo campo.

Ma come possiamo fare per individuare le nostre particolari abilità, quelle che ci caratterizzano come individui? Per saperlo, non è indispensabile rivolgerci ad uno psicologo, ma è sufficiente applicare alcune semplici tecniche di autoanalisi.

Come sapete, il nostro cervello ha un'organizzazione modulare per cui ad ogni funzione corrisponde un'area, quindi un insieme di neuroni che vi lavorano. Probabilmente, alle predisposizioni e alle genialità corrispondono nel nostro cervello aree più vaste, meglio organizzate del normale, concentrazioni particolarmente alte di neuroni, dotati a loro volta di numerose connessioni con altri neuroni. Il nostro cervello svolge numerose funzioni, ciascuna dotata di una propria intelligenza. Ebbene, succede che chi possiede una predisposizione, si sente naturalmente attratto verso attività che ne permettono l'espressione. Se per esempio siamo predisposti per la musica, l'ascoltarla ci darà gioia e con tutta probabilità saremo anche capaci di imparare rapidamente a suonare uno strumento musicale. Chi è attratto verso le arti visive possiede una predisposizione verso l'osservazione delle forme e una capacità di cogliere dei significati che altri non vedono. Chi è attratto verso la danza possiede una predisposizione verso i movimenti del corpo e via di seguito. La ricchezza di neuroni di una particolare area del cervello non si traduce dunque solo in una naturale inclinazione e in una superiore capacità nello svolgimento delle attività a cui essa presiede, ma anche in un'attrazione nei confronti di quelle attività e in un piacere che il soggetto percepisce nello svolgerle. Questo significa che, basandoci sulle nostre reazioni emotive nei confronti degli stimoli esterni, possiamo individuare i campi nei quali siamo più dotati e che caratterizzano il nostro particolare modo di essere.

Per chiarire meglio questa tecnica, vi racconto una mia esperienza di alcuni anni fa. Stavo camminando per la città, quando sentii una musica. Proveniva da un gruppo di boliviani che suonavano una loro canzone. Era molto bella e benchè avessi fretta non potei fare a meno di fermarmi ad ascoltarla. Mentre ero lì, mi capitò di osservare il comportamento degli altri passanti. C'era chi passava senza rallentare, c'era chi invece rallentava ma non si fermava, ma c'erano anche passanti che venivano irresistibilmente attratti dalla musica e si fermavano e poi restavano tanto tempo ad ascoltare con evidente partecipazione. Non è detto che tutti quelli che tiravano diritto non apprezzassero la musica, ma da un punto di vista statistico quelli che si fermavano dovevano essere coloro che la gradivano maggiormente. Coloro che invece proseguivano, probabilmente non erano altrettanto interessati. Così come osserviamo il comportamento dei passanti, a maggior ragione possiamo osservare il nostro e non solo nei confronti della musica sudamericana, ma di tutti gli stimoli possibili ed immaginabili. Mentre non possiamo percepire la reazione emotiva di un passante, possiamo percepire la nostra e questo ci permette di valutare con maggiore precisione il nostro gradimento di uno stimolo e un po' alla volta di tracciare una mappa delle nostre componenti.

Per capire quali siano le nostre particolari predisposizioni, è quindi importante fare attenzione a come reagiamo emotivamente nei confronti degli stimoli che incontriamo. La risonanza emotiva nei confronti delle sollecitazioni esterne è uno dei metodi che ci permette di scoprire le componenti naturali che ci caratterizzano. Possiamo per esempio valutare il grado di soddisfazione nell'ascoltare un concerto di Vivaldi, nell'andare al ristorante, nel ballare, dipingere, scambiare effusioni, nel risolvere un'equazione matematica, etc. Quindi dobbiamo osservarci più attentamente durante la vita di tutti i giorni per tracciare un profilo del nostro animo. Possiamo fare questa osservazione anche seguendo l'ordine delle discipline della conoscenza, le quali indicano altrettanti campi dell'agire umano. Ma è anche importante cogliere quegli stimoli che la vita ci sottopone quotidianamente.

Nel fare queste osservazioni, tenete presente che se non vi piace una musica non vuole per forza dire che non siete portati per la musica, ma può essere che quel particolare pezzo non vi piaccia. Siccome nella musica ci sono tantissimi generi e al loro interno tanti brani, diventa evidente come possa essere complessa questa ricerca. D'altra parte è esperienza comune che ad una persona appassionata di operetta potrebbe non piacere l'opera o viceversa. Se però notate che un certo genere vi piace molto di più di quanto non succeda normalmente, questo può essere indicativo di una vostra "risonanza" per quel tipo di musica.

Anche l'osservazione di come si comportano le altre persone ci fornisce degli stimoli e le nostre reazioni sono indicative di possibili nostre componenti. Se per esempio il resoconto dei viaggi compiuti da un vostro amico vi affascina in modo particolare, potrebbe voler dire che potreste essere portati per i viaggi. In questa ricerca, sono preziosi gli esempi delle persone che vi circondano, quali i vostri conoscenti, amici, parenti, genitori, come anche gli esempi di vita descritti dalla letteratura.

Dobbiamo inoltre fare attenzione alle nostre spontaneità. Infatti, anche un desiderio spontaneo di fare qualcosa può segnalarci una nostra predisposizione.

Svolgere attività artistiche è uno strumento importante per la conoscenza di se stessi. Esse sono una via di espressione dei nostri contenuti profondi, del nostro modo di essere, di vedere la realtà e di reagire ad essa, una via che non è intralciata dalla mediazione linguistica e culturale. Infatti, i nostri pensieri creano spesso confusione fra noi e la realtà che viviamo. Poichè i nostri contenuti si trasferiscono sull'opera d'arte saltando la mediazione linguistica, l'analisi della nostra produzione artistica può essere utile per mettere in evidenza quello che c'è dentro di noi e che non riusciamo a cogliere razionalmente.

Anche la conversazione con amici su questi problemi può aiutarci a chiarire le idee. Loro stessi possono svelarci alcune delle nostre modalità di essere che noi non cogliamo per la troppa consuetudine che abbiamo con noi stessi.

L'uomo si caratterizza anche per la memoria. E' la memoria che gli permette di costruire se stesso durante l'esistenza e di costruire una civiltà. Disponiamo quindi di una notevole plasticità. L'educazione è in grado di valorizzare abilità, modalità di essere sia innate che non. Essa articola e affina le nostre componenti. La scuola crea sensibilità e interessi che le persone incolte difficilmente mostrano di possedere e può svolgere quindi un ruolo di promozione umana importantissimo. Soprattutto i bambini sono molto plastici, ma non bisogna considerare questa caratteristica assoluta, come se in loro non esistesse nessuna caratteristica innata.

Schematizzando, i metodi per individuare le componenti del nostro animo sono:

- studio del comportamento animale per le modalità comuni alla specie
- esame sviluppo filogenetico della nostra specie
- esame delle forme culturali tradizionali

- risonanza emotiva
per le modalità individuali
- esame delle nostre abilità
- osservazione delle nostre spontaneità
- analisi psicologica della ns produzione artistica
- analisi dell'educazione e formazione ricevute
- conversazione con amici
- educazione (non tanto per individuare, ma per valorizzare componenti).


L'ALTERNARSI DELLE ATTIVITA'
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Alla base delle nostre azioni stanno dunque i valori innati ed acquisiti. La nostra natura possiede una grande varietà di componenti che chiede di essere espressa. A tale scopo, compiamo tutta una serie di attività. A lungo andare, le attività svolte in modo ripetitivo come per esempio quelle lavorative portano alla saturazione di una o poche componenti. La nostra persona possiede invece una naturale tendenza all'espressione della totalità del proprio essere, cioè ad esprimere l'intera gamma dei valori della propria natura, in primo luogo le componenti che da più tempo sono in stato di carenza espressiva. Per questo motivo siamo portati ad alternare attività diverse, fra loro complementari nei confronti delle nostre esigenze. A volte, basta anche poco. Infatti, è sorprendente come anche una semplice attività manuale sia in grado di restituirci la serenità.

Non siamo sempre uguali a noi stessi, ma uno spontaneo emergere di propensioni diverse ci indica un alternarsi di necessità espressive, una tendenza verso compensazioni. Se per esempio siamo stati troppo a lungo a sedere, ci viene voglia di andare a correre, se siamo stati troppo a lungo soli, ci viene voglia di compagnia. Le cose che facciamo spesso sono sintomatiche delle nostre componenti.

Non è facile agire razionalmente nella scelta delle attività necessarie al nostro animo, spesso non è neppure possibile. Lo sa fare meglio il nostro corpo e la simpatia, la curiosità, il trasporto, che improvvisamente ci coglie nei confronti di una attività di cui abbiamo bisogno, sono i mezzi con cui egli ce lo comunica. Possediamo dunque un'intelligenza somatica che ci guida e alla quale dovremmo prestare maggiore attenzione perchè ci parla di noi stessi e della nostra condizione. Ho già parlato di risonanza emotiva. In generale, risulta molto riposante seguirla.

La nostra persona è posta al centro di una realtà complessa. Le dissonanze nel rapporto con l'ambiente non vengono sempre capite a livello razionale. Sono invece più spesso avvertite a livello somatico. Viene infatti spontaneo di stufarci di un'attività ripetuta troppo a lungo. La scelta della nuova attività è compiuta spesso in modo irrazionale rispetto alla nostra coscienza, ma razionale nei confronti della nostra totalità. L'esame razionale di questi impulsi è utile per cercare di capire come siamo fatti e per capire la la realtà nella quale stiamo vivendo.

Il nostro corpo e l'ambiente in cui vive, costituiscono due realtà che interagiscono direttamente. Spesso, a confondere i termini di questa interazione è proprio il pensiero. Infatti, esso si pone tipicamente fra gli stimoli e l'azione e non potrebbe essere in una posizione migliore per fare confusione. Il pensiero da solo potrebbe anche svolgere una funzione utile. Purtroppo, ciò che lo pone fuori strada è spesso proprio la cultura. La tradizione, le convenzioni, la religione, il consumismo e l'ideologia spesso ci allontanano dal capire noi stessi e la realtà in cui viviamo. Una cultura sana dovrebbe invece aiutarci a chiarire la nostra condizione, ad affrontare i nostri problemi e ci dovrebbe aiutare a trovare un migliore accordo tra le nostre modalità di essere e l'ambiente che ci circonda.

Nell'attuale forma di organizzazione sociale, il lavoro rappresenta un'attività importante in termini temporali e di impegno. Le altre attività le sono spesso subordinate, quindi sono compensative nella direzione del ripristino della nostra completezza. Per questo motivo, chi esegue un lavoro ripetitivo ha tendenza ad impiegare il tempo libero in un'attività creativa e che richiede una visione complessiva delle cose. Chi svolge un lavoro direttivo e pieno di responsabilità propende per attività di evasione. Chi lavora in ufficio tende a fare del giardinaggio o ad andare a pescare.

In questo confuso rapporto fra irrazionale e ragione, spesso si sottovaluta quanto anche l'irrazionale possa risultare utile per portarci elementi di conoscenza del nostro modo di essere e della realtà nella quale siamo immersi.


CONOSCI TE STESSO! CONCLUSIONE
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Questo capitolo aveva l'intenzione principale di mostrare quanto sia vasta la nostra realtà interna e quanto sia importante esplorare il nostro animo se vogliamo esprimerci meglio e vivere in migliore sintonia con noi stessi. Il motto conosci te stesso! indica un nuovo oceano da esplorare. Per compiere tale viaggio ho individuato alcune rotte. Spero che vi abbiano aiutato ad intuire l'estensione del repertorio della nostra natura e che vi aiutino a ritrovare voi stessi.

Giunti a questo punto, vi sarete resi conto della complessità della nostra condizione, di come siano subdoli i metodi con cui veniamo condizionati e di quanto sia complessa anche la nostra realtà interna. Molte persone avvertono in modo acuto il problema del senso. La scuola dovrebbe aiutare i giovani a prendere coscienza di questa situazione e dei metodi per gestirla con successo. Abbiamo visto che uno Stato pluralista e democratico non possiede una Verità sulla cui base dirigere le masse come avviene nelle società totalitarie, di conseguenza lascia ai cittadini ampia libertà di scelta. La fondamentale incertezza delle nostre società non deve quindi essere vista come un dato negativo,  ma al contrario come la premessa indispensabile per la nostra libertà. L'incertezza è anche ciò che ci spinge a cercare di conoscere la realtà con metodi sempre diversi, da direzioni sempre nuove. L'incertezza non è solo alla base di un atteggiamento di apertura di fronte ad ogni idea nuova, ma anche della stessa ricerca scientifica. Quindi la scuola deve educare all'incertezza, deve mostrarne i vantaggi, deve insegnare a gestirla. L'incertezza è un vero e proprio valore e come tale deve essere mostrata. Anche la libertà, che all'inizio poteva sembrare tanto vasta da creare sgomento, può essere tranquillamente delimitata con le nostre scelte e può diventare lo spazio dove ci esprimiamo e dove viviamo. Anche la libertà è un valore prezioso, soprattutto se si insegna come viverla positivamente. La scuola deve parlare ai ragazzi del problema del senso per aiutarli ad affrontarlo in modo positivo, altrimenti questo problema potrà creare in loro un disorientamento che come abbiamo visto potrà spingerli verso l'uso di stupefacenti o verso sistemi di pensiero totalitari.


ATTIVITA' LIBERE
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Fino ad ora, non avevamo a disposizione del tempo per noi stessi. Il nostro tempo e le nostre energie dovevano essere dedicate al lavoro e ad una vita virtuosa che un giorno ci avrebbe fatto guadagnare il Paradiso. Nelle città dell'inizio della società industriale, la gente lavorava anche 16 ore al giorno e il tempo che le restava non era nemmeno sufficiente per mangiare e per dormire. I problemi sono sorti quando l'orario di lavoro è stato abbassato prima a 48, poi a 40, quindi addirittura a 36 ore settimanali. Lavorando 6 ore al giorno, e dopo avere mangiato e riposato, resta ancora un sacco di tempo che la gente non sa più come utilizzare. Fino a poco tempo fa, non c'era tempo per pensare e la gente si limitava a correre di qua e di là. Oggi, tutto questo tempo libero di cui disponiamo ci dà spesso come una sensazione di disagio.  Non perchè manchino le proposte, ce ne sono anche troppe, ma perchè non si sa per quale motivo sceglierne una anzichè un'altra. Spesso, la gente cerca una ragione per cui fare una cosa e non la trova. Non siamo preparati ad affrontare queste scelte. Spesso vince la pigrizia e si finisce per passare gran parte del proprio tempo libero davanti ad una televisione. Per fortuna non è sempre così e alcuni praticano anche qualche attività sportiva, altri si dedicano ad un'attività creativa o di volontariato.

Nell'ambito di quello che abbiamo detto fino ad ora, il tempo libero è il tempo della nostra vita, è il tempo che possiamo finalmente dedicare a noi stessi. Le attività libere possono essere considerate anche un nostro importante canale di contatto con il mondo. Un collegamento economico, sociale, conoscitivo, espressivo, perfino epistemologico. Infatti un'attività libera è spesso lo strumento con il quale ci rapportiamo al mondo e lo facciamo nostro. L'artista lo fa con i colori e le forme, lo scienziato attraverso sperimentazioni ed elaborazioni matematiche, l'architetto con il gioco delle forme e degli spazi.

Lavoro e tempo libero possono essere anche considerati come altrettanti momenti della nostra vita. Se uno riesce a fare in modo che il proprio lavoro coincida con le proprie predisposizioni, se egli riesce a scegliere il lavoro e ad esprimersi in esso, come può succedere per un biologo appassionato di biologia, anche il lavoro diventa un'attività libera. Nelle nostre società, in cui il lavoro occupa uno spazio importante, la cosa migliore sarebbe proprio quella di fare coincidere le attività libere con il proprio lavoro. Molti giovani cercano spontaneamente di ottenere proprio questo. Purtroppo tale tentativo non sempre riesce e anche in caso di successo spesso il lavoro, a causa della sua ripetitività o dell'elevata specializzazione, è ben lontano dal soddisfare l'intero nostro essere. In generale, durante l'orario di lavoro esercitiamo una serie di attività ripetitive. Nel tempo libero, il nostro io va alla ricerca della propria completezza. Ecco che il tempo libero diventa lo strumento del nostro riequilibrio. Vi è una tendenza generale alla dilatazione del tempo libero. Arriveremo alla scomparsa del lavoro? Sicuramente il problema di cosa fare della nostra libertà diverrà tanto più assillante quanto più tempo libero si renderà disponibile.

Come è già capitato altre volte in questo lavoro, anche la descrizione delle attività libere verrà appena accennata perchè si tratta di un ennesimo campo sterminato che da solo richiederebbe una biblioteca. Anche in questo caso il lettore può compiere una propria ricerca per individuare le attività per lui più congeniali. Mi sono limitato a raggruppare le attività libere in sei gruppi:

- naturalistiche
- artigianali
- artistiche
- comunicative
- sociali e politiche
- conoscitive.

L'osservazione del comportamento dei nostri simili è una eloquente vetrina delle attività libere effettivamente praticate, oltre che una preziosa fonte di suggerimenti. In ogni caso bisogna evitare di ricondurle tutte ad attività di carattere intellettuale. Soprattutto per le persone di elevata scolarità c'è il pericolo di intendere le attività naturalistiche come qualcosa che consiste nello studio della natura, da compiere con libri. In modo simile, esse tendono a risolvere le attività artistiche nello studio dell'arte e così via. E' chiaro che in questo modo esse eserciterebbero sempre e comunque facoltà razionali, mentre siamo composti anche di tante altre componenti. Quindi, quando parlo di attività naturalistiche, occorre piuttosto intendere attività volte ad entrare in contatto fisico con la natura esterna. Quando parlo di attività artigianali, occorre intendere attività creative da svolgere principalmente con le mani. Insomma, è necessario evitare un intellettualismo sistematico. Inoltre, acquisire una capacità operativa e impadronirsi di una tecnica sono atti conoscitivi tanto quanto apprendere concetti.

Abbiamo visto che il cervello è formato da molte aree deputate ciascuna a una determinata funzione. Vi sono aree destinate all'interpretazione delle percezioni sensoriali, altre al movimento delle varie parti del corpo, quelle adibite al linguaggio, etc. Bisogna evitare di credere che ogni funzione sia il prodotto di attività intellettuali svolte attraverso il linguaggio. Le singole aree sono in parte autonome e non sono da considerare totalmente sottoposte alla ragione. Per esempio, le aree preposte alla manualità, non sono aree verbali. Sono dotate anch'esse di una loro intelligenza, di una particolare forma di razionalità, di creatività e di memoria. Sono qualcosa di vivo e che chiede di vivere. Nella nostra cultura, si è talmente enfatizzata l'importanza del pensiero astratto da cancellare dall'orizzonte qualsiasi altra capacità.

Avrete tutti notato che a scuola ci sono ragazzi bravissimi nell'aggiustare il motorino. Normalmente questa dote non viene apprezzata. Anzi, questi ragazzi vengono penalizzati proprio per le loro capacità manuali che vengono viste come una conferma di eventuali carenze nell'astrazione. Altri ragazzi mostrano di avere doti spiccate di socialità. Sarebbe ora che la scuola riconoscesse l'esistenza della molteplicità delle dimensioni umane, delle differenze nelle modalità di essere degli allievi e che in qualche modo ne tenesse conto. Se non altro, ciò avrebbe il vantaggio di poter orientare convenientemente i ragazzi, anzichè limitarsi ad emarginare tutti quelli che non dispongono di precoci capacità di astrazione e di memoria. Molto spesso, le capacità di astrazione si manifesteranno qualche anno più tardi, quando ormai la selezione scolastica è stata compiuta a danno del ragazzo e dell'economia del paese che ha bisogno di una cultura diffusa per sostenere il confronto internazionale.

Così come non ha senso l'emarginazione delle facoltà pratiche, non avrebbe neppure senso la messa al bando delle facoltà legate al linguaggio. E' importante arrivare ad un equilibrio fra le attività intellettuali e non. Quindi, parallelamente all'esercizio di un'attività pratica, è molto utile svolgere anche un'attività di documentazione che ci permetta di acquisire una superiore capacità di muoverci anche concretamente in tali campi.

Le attività naturalistiche sono il mezzo con il quale possiamo esprimere la predisposizione del corpo verso la natura. Le attività della creazione artigianale concedono spazio alla manualità e alla conoscenza delle proprietà dei materiali. Le attività artistiche si prestano all'espressione della sensibilità percettiva, a indagare sulla soggettività e a comunicare stati d'animo. Le attività comunicative cercano di soddisfare il bisogno di scambi affettivi. Rappresentano inoltre la dimensione più minacciata e repressa della nostra natura. Le attività sociali e politiche possono esprimere le tendenze altruistiche e di partecipazione alla vita collettiva. Infine le attività conoscitive permettono di approfondire la conoscenza astratta della realtà e possono condurre ad attività di ricerca. La varietà di attività che sono comprese in queste categorie è vastissima. Non ne faccio un elenco perchè sarebbe troppo lungo, tuttavia ognuno può riconoscerle nelle attività che vengono svolte dai nostri simili e per il piacere che ne ricevono.

Esercitare un'attività libera è importante per assumere un ruolo attivo. La TV è la peggior nemica delle attività libere. Se non ci fosse questo invadente apparecchio, spinti alla disperazione dalla noia, scenderemmo in cantina a fare qualche lavoro, oppure impareremmo a suonare uno strumento, oppure si andrebbe a trovare degli amici. Anche soltanto andare a fare una passeggiata è importante perchè le strade si rianimerebbero e ne nascerebbero occasioni di incontro e di socializzazione.

Le attività libere non si limitano al tempo libero e alle attività ricreative, ma ne comprendono anche altre più impegnative ed utili. Il nostro pianeta ha già subito in passato collisioni con grossi asteroidi, ha subito numerose glaciazioni, le specie viventi hanno conosciuto parecchie estinzioni di massa. Oggi i parametri orbitali della Terra sono già tutti pronti perchè inizi una nuova epoca glaciale: buona parte delle terre dell'emisfero boreale verrebbe sommersa dai ghiacci, con drammatiche conseguenze sociali. Al contrario, potrebbe aspettarci un'epoca di riscaldamento del pianeta a causa del grande uso di petrolio. Ecco dunque nella protezione della nostra specie, uno dei fini più importanti sul quale impegnarci e nel quale trovare nello stesso tempo attività di grande interesse. Molti giovani potrebbero impegnarsi nello svolgere attività di ricerca nello studio del paleoclima per riuscire prevedere quello del prossimo futuro nel tentativo di contenerne le oscillazioni. I governi dei maggiori paesi potrebbero impegnarsi nell'allestimento di sistemi di deviazione o distruzione di grossi meteoriti o comete in rotta di collisione con la Terra. Già oggi, numerosi astronomi dilettanti danno il loro contributo nella scoperta e nella sorveglianza degli asteroidi di grandi dimensioni che incrociano l'orbita terrestre. Successivamente, i programmi per la colonizzazione dello spazio potranno portare il genere umano su pianeti di altri sistemi solari per stabilizzare la nostra specie, ora  pericolosamente confinata in un solo pianeta.

Non si tratta solo della protezione della nostra specie, infatti ci stiamo avviando a intervenire e forse a guidare la nostra evoluzione. Con la decodifica del genoma umano, insieme alle conoscenze e alle capacità di intervenire sul DNA, acquisiremo anche la responsabilità di ciò che faremo. Una volta trovati i metodi per guarire o prevenire le malattie genetiche e per avere figli più sani e più belli, sarà molto difficile impedire alla gente di ricorrervi. La ricerca scientifica, quella etica e quella dei fini dovranno definire le strade del nostro futuro evolutivo.

In questo nostro pianeta, non ci siamo solo noi umani, ma innumerevoli specie viventi. Il Signore ci ha affidato questo mondo, con tutti gli esseri che lo popolano, non per sfruttarlo come sostengono certuni, ma per proteggerlo. Numerosi professionisti della natura e volontari sono necessari al lavoro di monitoraggio e di difesa delle specie viventi in pericolo di estinzione e al più generale compito del raggiungimento di un equilibrio sostenibile con il pianeta. Centinaia di migliaia di persone di elevata istruzione svolgono attività di volontariato aiutando persone handicappate, malate, anziane e tossicodipendenti. Molte persone svolgono queste attività nel proprio paese, altre si recano in paesi del terzo mondo per offrire assistenza medica e supporto tecnico per il loro sviluppo. Molti di questi volontari vengono pagati poco o nulla e rischiano la propria vita per aiutare il prossimo.

Abbiamo visto come l'attuale organizzazione sociale ci reprima e ci condanni ad una condizione di "solitudine affollata". La ricerca deve esplorare nuove forme sociali, abitative ed urbanistiche che permettano una maggiore facilità di incontro e di conoscenza fra le persone, perché siamo esseri sociali. Le società industrializzate non hanno bisogno di aumentare il potere d'acquisto dei propri cittadini, ma devono affrontare problemi sociali quali la disoccupazione, la povertà, la delinquenza, la condizione dei giovani e degli anziani. Devono inoltre migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini, ricostruendo quel tessuto sociale e comunitario che è stato distrutto nei processi di urbanizzazione e di industrializzazione. La razionalità economica non può essere la sola guida per le nostre società, ma dobbiamo recuperare e privilegiare un punto di vista umanistico, altrimenti il progresso diventerà sempre più privo di senso e le nostre società sempre più difficili da vivere.

La riduzione del lavoro di fabbrica e del lavoro ripetitivo in generale renderà possibile un'educazione più attenta alla valorizzazione delle caratteristiche individuali. Da questo, dovrebbe aprirsi un vasto spazio per le attività educative anche dell'età adulta, per attività lavorative volontarie, per l'animazione del tempo liberato.

Le nostre società hanno curato in modo eccessivo la razionalità e si sono interessate troppo del mondo esterno. Hanno trascurato quello che abbiamo dentro di noi. Ciò che abbiamo messo sotto il tappeto non è di poco conto, è la nostra anima. I computer stanno dimostrando di essere molto più bravi di noi nella razionalità. Potremmo accorgerci di aver messo sotto il tappeto la nostra stessa umanità.

Fino ad ora, le donne sono state poco ascoltate, ora è giunto il momento di ascoltare anche la loro voce. La loro voce è quella della natura, è la voce della nostra umanità che non vuole arrendersi alle forze che cercano di annullarla. Le donne, forse anche per la loro missione riproduttiva, sono più legate alla natura. La loro affettività è meno reprimibile di quella degli uomini. Se raggiungeranno la consapevolezza di questa loro forza, potranno impugnarla per liberare l'intero genere umano dalla disumanizzazione.

In queste poche righe è racchiusa una quantità incredibile di spazi per le nostre attività libere, o più propriamente di vita. E non si tratta di banali ricreazioni. Ciascuna attività è, neanche a dirlo, un oceano. Con la nostra barchetta ci possiamo situare solo su di una piccola parte della loro immensa superficie. Ma questo non ha importanza, infatti, qualsiasi rotta, se percorsa con un certo impegno, ci porta di fronte agli aspetti fondamentali della vita, ai misteri del creato.


CONCLUSIONE
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Quest'analisi ha preso avvio dalla constatazione della natura culturale di importanti problemi che affliggono le nostre società, quali nichilismo e fanatismo. Con questo lavoro, ho cercato di mettere in evidenza le principali dinamiche con cui la cultura ci allontana dalla conoscenza della realtà o diviene mezzo di condizionamento. Un condizionamento che ha avuto conseguenze negative sui piani individuale, sociale e politico.

Nel corso della storia, la cultura ha svolto tanto funzioni di manipolazione quanto di liberazione. Forme di pensiero chiuse ed altre aperte si sono spesso combattute. Anche se dopo la sconfitta delle ideologie i filosofi ci parlano della crisi del pensiero forte, in realtà in molti paesi esso è più vivo che mai, al punto da costituire un autentico pericolo sociale. E' quindi necessario combattere per sostenere e diffondere le forme di pensiero aperte, pluraliste e libere. 

La crisi del pensiero forte proprio delle ideologie ha determinato un diffondersi della sfiducia nei rispettivi valori, culminata molto spesso in un nichilismo senza speranze. Questo è avvenuto perchè si è compiuto l'errore di considerare il pensiero debole caratterizzato dall'impossibilità di qualsiasi valore e di qualsiasi verità. La condizione libera che abbiamo proposto non può essere certo considerata come una situazione di disperazione, ma al contrario proprio come una cultura diversa che possiede i propri valori, una cultura capace di riconoscere grande forza proprio in quegli elementi che per altri sarebbero di debolezza.

Della crisi delle ideologie hanno approfittato le religioni che si sono rafforzate. Purtroppo ciò ha anche comportato la ricomparsa del fanatismo religioso. Oggi ci troviamo in una nuova fase dell'antica lotta fra libertà e totalitarismo. Dobbiamo combattere per riformare i sistemi totalitari in senso democratico e per riportarli nell'ambito di un confronto pluralistico e libero. Per fortuna, non tutti i seguaci di un'ideologia o di una religione sono fanatici. Per loro indole o per le loro esperienze o convinzioni, molti di loro assumono posizioni moderate e tolleranti. Se queste persone possiamo contare per ottenere una riforma in senso liberale dei sistemi chiusi.

Mentre la prima parte di questa analisi ha descritto le principali caratteristiche del pensiero totalitario, la seconda parte ha cercato di indicare nuove forme di pensiero, aperte e pluraliste, adatte per la riconquista della libertà e per la vita in società complesse e cosmopolite. Il passaggio dalla condizione subordinata a quella libera non è purtroppo un processo semplice. Esso richiede una profonda trasformazione del nostro modo di pensare e di essere. Nonostante tutte le difficoltà, la condizione libera è una meta che può essere raggiunta. Essa è la conquista di un nuovo stato, di un nuovo modo di essere, di pensare e di vivere. E' la conquista di un nuovo equilibrio con se stessi e con il mondo. 

Quanto ho sostenuto finora si oppone ai sistemi massificanti e totalitari. La sfida sta nell'enunciare la possibilità di sistemi sociali nei quali gli individui possano contribuire in modo consapevole al benessere generale e che possano nello stesso tempo godere di una autentica libertà. Ma le soluzioni individuali non bastano, occorre ricostruire forme sociali e di comunità dove l'uomo possa sfuggire alla propria attuale condizione atomica per ritrovare gli amici e gli affetti che la sua natura socievole reclama.

Questo lavoro si è limitato ad indicare dei metodi. Ognuno può metterli in pratica a modo proprio, secondo il proprio modo di essere e la propria condizione. Data la diversità degli individui, ognuno dovrà trovare la propria via. Non sempre l'azione spontanea dei singoli arriva ad affrontare questi problemi con successo. La scuola deve quindi educare i giovani a gestire convenientemente se stessi, deve educarli all'incertezza e alla libertà. Anche gli intellettuali ed in particolare i filosofi, anzichè limitarsi a demolire tutto e tutti, devono assumere atteggiamenti positivi e devono aiutare la gente a trovare la strada giusta.

Nietzsche temeva e denunciava il nichilismo che si era instaurato nella nostra civiltà e che finiva per negare la vita. Con la volontà di potenza, egli non si riferiva a rapporti di sopraffazione, ma alla necessità che l'uomo si liberasse da ciò che ne umiliava la natura e lo statuto, rendendolo rinunciatario della vita. Al contrario egli doveva affermare la propria sovranità, riappropriarsi della vita ed esprimere la propria natura nelle sue infinite potenzialità.

Qui abbiamo visto il nichilismo come una risposta sbagliata data al problema del senso. Per il disagio che provoca, il nichilismo costituisce una breccia attraverso cui si insinuano le manipolazioni. Il nichilismo si è dunque spesso tradotto nella semplificazione, nella massificazione e nell'asservimento dell'uomo ai grandi sistemi che lui stesso ha creato, ma che non controlla più. Abbiamo visto la volontà di potenza nella necessità di recuperare la nostra natura, la consapevolezza di noi stessi e la nostra sovranità sul mondo.

Questa analisi ha toccato tanti temi, forse senza risolverne nessuno in modo corretto ed esaustivo. A tale scopo, avrebbe dovuto essere piuttosto l'opera di un esperto. Spero che sia comunque riuscita ad indicarvi una serie di strade da percorrere e da esplorare e di temi da approfondire. La risposta ai vostri interrogativi verrà da questi approfondimenti e dalle vostre scelte. Mi auguro quindi che questa analisi vi sia stata utile come guida per trovare l'uscita del Labirinto.


BIBLIOGRAFIA
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1 - G. Reale, D. Antiseri "Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi". La Scuola, 3 voll.

2 - F. Adorno, T. Gregory, V. Verra "Storia della filosofia". Laterza, 3 voll.

3 - J.M. Koller "Le filosofie orientali". Ubaldini

4 - A. Leroi-Gourhan "Il gesto e la parola". Einaudi

5 - K. Lorenz "L'altra faccia dello specchio, per una storia naturale della conoscenza". Bompiani

6 - M. Horkheimer "L'eclisse della ragione". Einaudi

7 K.R. Popper "La società aperta e i suoi nemici". Armando