Leggi la serie di articoli di MKTg 1 | 2 | 3
Il marketing relazionale: introduzione alle comunita' di interessi


1. Le Forme Alternative di presenza in Rete

2. La misurazione dell’efficacia della comunicazione

3. L’Advertising Testuale

1. Le Forme Alternative di presenza in Rete

Esistono altri modi, oltre al sito, per "essere presenti" su Internet?

Se siete del mestiere vi avranno rivolto questa domanda almeno un centinaio di volte, e se non lo siete, probabilmente ve lo sarete chiesto da soli.

Naturalmente la risposta è: sì, esistono forme alternative di presenza sulla Rete, che non comportano codici html (o, ultimamente, sigle anche "peggiori"…), consulenti e tecnici informatici e discreti investimenti economici.

Tutte le forme che potremmo definire "below-the-Web", per mutuare un termine pubblicitario, sono valide ed efficaci nel raggiungere l’obiettivo di comunicare la marca e molte altre informazioni relative a prodotti e servizi, ma anche di raccogliere informazioni e feedback utili allo sviluppo e al miglioramento dei prodotti esistenti o al lancio di nuovi.

Le mailing list, i newsgroup, i forum di discussione, le chat, sono utilizzabili dalle aziende per questi scopi, anzi, spesso dovrebbero essere utilizzate, ma vengono platealmente dimenticate al momento di pianificare una presenza sulla rete; che l’obiettivo sia quello di pubblicizzare una brand, di lanciare un nuovo prodotto, di far conoscere un servizio innovativo, gli strumenti a disposizione sono molteplici e tutti estremamente efficaci.

Esamineremo insieme alcuni esempi di come si può fare (o non si è fatto) marketing in rete con questi mezzi "alternativi", partendo da due interessanti esperienze americane.

• La prima: "The show must go on"

Daniel Janal ha scritto diversi libri su Internet, ha moderato per 10 anni il forum sulle PR di Compuserve, ma non si è mai considerato un appassionato di chat, newsgroup e forum di discussione; eppure si è dovuto ricredere.

Le cose sono andate così: immaginatevi un Giorno del Ringraziamento come tanti altri in America, mentre state guardando alla tv un programma che potrebbe somigliare al nostro Fantastico; durante la trasmissione vengono mandati in onda degli spezzoni di commedie e musical di Broadway, fra cui uno che vi colpisce particolarmente, vi fa sorridere, anzi ridere di gusto. Immaginate di volere sapere il titolo della commedia, e qualche informazione che vi permetta di ritrovarla e vederla per intero.

Ebbene, questo è quello che è successo a Daniel lo scorso anno: voleva scoprire come si chiamava lo show e, con qualche parola tratta dal ritornello ha fatto una ricerca su Internet…naturalmente ha trovato quello che cercava: era il Side Show.

Ed era la prima lezione che si può imparare dalla Rete: se una persona vuole avere informazioni su qualunque cosa, le cerca online. E, di solito, le trova. Tuttavia c’era una cosa che gli era stata più utile di altre, all’interno del sito su cui aveva trovato il nome dello show: un indirizzo a cui scrivere per avere altre informazioni.

Spesso non esiste nei siti alcun riferimento a persone fisiche cui si possano fare domande specifiche, o rivolgere quesiti magari "personali", o che richiedono una spiegazione approfondita e una risposta personalizzata; l’email, invece, permette di fare tutto questo ad un costo molto limitato e con un contatto "personale ma non troppo".

Infatti, utilizzando una mail per mettersi in contatto con l’azienda, si riducono le paure che la gente ha di identificarsi o di sentirsi porre domande potenzialmente imbarazzanti (chissà che non ci sia qualche ditta farmaceutica che, leggendo queste parole, si fa venire in mente qualche scenetta da bancone di farmacia che avrebbe potuto evitare in questo modo, a tutto vantaggio del consumatore dei suoi prodotti…)

Quando Daniel va a New York, poco tempo dopo, decide di andare a vedere lo show, e a quel punto diventa un vero fan, e impara un’altra lezione: Internet dovrebbe far parte della strategia integrata di marketing di qualunque azienda, dal momento che anche se tu non sei sul Web, altri siti possono contenere informazioni sulla tua azienda o sul tuo prodotto. Cosa dicono? È possibile influenzare le loro posizioni? Diffondono immagini positive o negative? Quante volte ci è capitato di vedere, mentre cercavamo informazioni su qualcosa, di trovare pagine con "il sito ufficiale di …", e una lista di "il sito non ufficiale di …"?

Il passo successivo alla passione per lo show è stato quello di tornare sul sito più ricco di informazioni e scoprirvi un interessante forum di discussione in cui gli ammiratori si scambiavano opinioni, commenti e informazioni utili sullo show.

Si impara così che le comunità esistono anche se le società non le vogliono, o non ne sono al corrente, o vi si dicono cose che non sono di gradimento. Tuttavia ogni società ha la possibilità di contribuire alla comunità che la interessa, con informazioni e servizi a valore aggiunto per i membri della comunità stessa; quanto sarebbe stato utile promuovere le date dello show sul forum, o offrire biglietti scontati per i partecipanti alla discussione, o chiedere alcune informazioni su di loro per proporre un merchandise mirato?

Purtroppo però, Side Show stava per essere cancellato dalla programmazione di Broadway: i produttori sembravano avere tutte le intenzioni di terminare le rappresentazioni entro poche settimane, secondo alcuni messaggi che erano apparsi sul forum. La comunità si attiva, e trasferisce le sue energie nel Mondo Reale: i membri della comunità scrivono centinaia di fax e mandano mail e lettere ai produttori per evitare la chiusura dello show; chi abita a New York o da quelle parti fa incetta di biglietti ai botteghini, pagandoli fino a 40 $, e facendo così aumentare la percentuale di biglietti venduti da 50% a 85%.

Una donna che partecipava al forum si rivela essere una reporter di una TV locale, che prontamente scrive e manda in onda un servizio su Side Show, mentre un altro dei partecipanti, un cronista della radio, fa lo stesso…

Le società, purtroppo, non colgono spesso questa opportunità, perdendo così occasioni importanti e, soprattutto, potenziali clienti interessati a tutto quello che riguarda l’azienda o il prodotto. La gente appassionata a qualcosa ha una sete inesauribile di informazioni sull’oggetto del loro interesse, e sicuramente vorrebbe avere un rapporto più diretto con chi lo produce o lo commercializza. Ma non sempre trova fonti ufficiali che lo soddisfano. Non credete, per esempio, che il signor Ferrero dovrebbe fare un salto a vedere il sito non ufficiale members.tripod.com/~NutellaFans/?

Anche i media fanno parte delle comunità virtuali, e sono sempre più influenti nella vita di tutti i giorni, eppure, ancora una volta, le aziende sottovalutano questa potenzialità. Sembra che molte delle persone che si occupano di carta stampata e di televisione, producendo servizi sulle ultime novità e sui fatti di cronaca spesso prendano spunto proprio dalla frequentazione di mailing list, newsgroup e forum di discussione. Una potenzialità enorme, vero?

Molte persone del forum crearono pagine Web in favore dello Show e le pubblicarono su servizi gratuiti come GeoCities; immaginate cosa potrebbe fare la gente a cui piace il vostro prodotto o che ha usato il vostro servizio e ne è entusiasta….ma provate anche a pensare il contrario: basta fare una ricerca su uno dei motori con parole come "suck" per trovare centinaia di siti "contro" qualcosa o qualcuno…

Lo show fu comunque cancellato, ma le discussioni nel forum continuarono per molte settimane dopo; la gente si incontrava per rivedere l’ultima rappresentazione, per pranzare insieme, per mettere a punto strategie per convincere i produttori a rimettere in scena il Side Show. Dopo qualche mese qualcuno mise in giro la voce che lo show sarebbe forse ripreso di lì a poco, e ancora una volta la comunità si mosse: fax, lettere, mail indirizzate ai produttori. Ma nessun feedback, nessuno dall’altra parte che desse qualche informazioni ufficiale, che sedasse le voci o le confermasse. Se non si controlla il flusso delle informazioni, le voci possono danneggiare enormemente una azienda o un prodotto.

Sul forum continuavano a susseguirsi discussioni su come si poteva migliorare lo show, su come realizzare un nuovo logo che ne evidenziasse le caratteristiche, si realizzò addirittura una form da inviare ad un focus group in cui si chiedevano punti di vista sullo show, come si doveva pubblicizzare, quale fosse il target di riferimento ed altre domande molto interessanti. Tutto questo su un sito "non ufficiale", cui i produttori non accedettero mai, e dai cui, evidentemente persero l’occasione di avere utili suggerimenti e proposte per il loro prodotto in modo assolutamente gratuito.

E, sorprendentemente, i produttori decisero di rimettere in scena il Side Show, forse influenzati dai fax e dalle lettere ricevute, o forse no, ma in ogni caso ben decisi a non avvantaggiarsi dall’inesauribile fonte di informazioni e di relazioni che si trovava sul forum di discussione.

• La seconda: "rec.autos.makers.chrysler contro rec.autos.makers.honda":

Ecco un altro interessante esempio di come i newsgroup rappresentino una fonte di informazioni e un luogo di raccolta di opinioni che influenzano, in qualche misura, i decisori e gli acquirenti finali di un prodotto, in questo caso di una macchina. È necessaria, però, una breve introduzione su come funzionano i newsgroup e quali sono i pericoli maggiormente sentiti dagli utilizzatori nei loro confronti.

I newsgoup sono organizzati in maniera gerarchica, secondo uno schema di questo tipo:

 

Due dei maggiori problemi, quando si parla di newsgroup, sono quello dello spam e quello dei messaggi off–topic; riguardo al primo aspetto, sembra che i newsgroup siano uno dei luoghi più utilizzati per raccogliere indirizzi a cui mandare spam indesiderato, tanto che esistono software che analizzano tutti i messaggi postati e raccolgono ordinatamente ogni indirizzo email che trovano.

Una soluzione a questi timori è di utilizzare un indirizzo secondario che, in caso di spam, possa essere facilmente disabilitato, destinandolo solo all’utilizzo "a rischio" nei newsgroup. Tuttavia, la soluzione migliore, soprattutto se si è alla ricerca di informazioni su determinati prodotti e servizi, è quella di limitarsi a leggere ciò che gli altri dicono di quello che ci interessa; in questo modo si perde sicuramente la caratteristica bidirezionale del mezzo, ma chi ci vieta di contattare individualmente gli autori dei messaggi che giudichiamo interessanti?

Per quanto riguarda il secondo problema, quello della difficoltà di trovare i messaggi che ci interessano all’interno dei numerosi messaggi che affollano i newsgroup, possiamo sicuramente rivolgerci a quelli moderati; in questi newsgroup esistono una o più persone che si dedicano a filtrare i messaggi postati sul newsgroup, in modo da eliminare quelli off–topic e limitare il numero di messaggi inutili per ogni thread di discussione.

In questo modo è possibile leggere solo il materiale veramente interessante, come succede su misc.business.marketing.moderated, su cui si postano(si immettono– ndr) circa 50 messaggi al giorno, tutti rivolti a chi è interessato al marketing, e vuole leggere "solo" di quello. Naturalmente, i newsgroup moderati hanno molti punti in comune con le mailing list moderate, ma questo non è l’argomento di cui trattiamo in questo articolo. Il concetto da chiarire è, semmai, che attraverso i newsgroup moderati si possono attivare azioni di marketing dirette ed efficaci tanto quanto quelle delle mailing list, come nell’esempio precedente dello show di Broadway

Tornando al nostro esempio, mettiamo che vogliate acquistare un’auto (in ogni momento un americano su tre sta pensando di cambiare la sua auto, ed è in cerca di informazioni che lo orientino nella scelta), e che siate alla ricerca di "qualcosa" sulla Rete; troverete sicuramente decine di siti ufficiali di produttori di auto, con tanto di listini e proposte speciali, ma non avrete mai l’opinione di che le ha provate o acquistate e vi può dare le informazioni che pensate davvero siano utili, al di là dei dati tecnici.

Per ottenere queste informazioni dovreste andare su un newsgroup in cui si parla di auto; sui siti, infatti, le aziende presentano i loro prodotti, ma solo sui newsgroup si possono sentire le persone parlare davvero dei prodotti reali, acquistati ed utilizzati. I clienti si scambiano informazioni che influenzano le decisioni di acquisto di altri potenziali clienti: come possono le aziende non esserci?

Al crescere del numero dei newsgroup, si creano gruppi sempre più specifici per produttori di beni e servizi e persino per marchi. Così, se volete cercare informazioni sulle auto, non dovete far altro che collegarvi alla gerarchia rec.autos, in cui troverete un sottogruppo chiamato makers che ha un ulteriore sottogruppo per ogni produttore; alcuni modelli hanno persino un gruppo tutto loro, per esempio rec.autos.makers.mazda.miata erec.autos.makers.ford.explorer.

Uno degli esempi più eclatanti che dimostrano la necessità per le aziende di essere anche su questo strumento della Rete riguarda proprio il mercato automobilistico; una persona che vuole avere informazioni per l’acquisto di un’auto, può postare (to post: inserire messaggi - ndr) su un paio di newsgroup (rec.autos.makers.chrysler e rec.autos.makers.honda) il seguente messaggio: "Vorrei acquistare una nuova auto, ma sono indeciso fra la Honda Civic e la Chrysler Neon. Ho visitato entrambi i siti e mi sono fatto un’idea molto precisa delle caratteristiche tecniche di ognuna, vorrei però sapere da chi ha fatto la scelta prima di me quali sono le sue impressioni."

La persone, naturalmente, esiste veramente, ed ha postato il messaggio nel giugno dello scorso anno dal Canada, dove vive.

Le risposte non si sono fatte attendere: "Meglio la Neon, è più facile da guidare, consuma meno", oppure: "Compra una Civic, è esteticamente più bella, a parità di prestazioni, e va molto più veloce", e così via. Naturalmente questi commenti sono stati letti attentamente da chi aveva fatto la richiesta, ma anche da tutti quelli che magari non avevano in mente una scelta fra le due auto, ma volevano comunque cambiare macchina.

L’ultimo post del potenziale acquirente è stato: "Leggere le risposte nel newsgroup mi ha aiutato moltissimo. Da una parte c’erano quelli che amavano la sicurezza, per i quali sembrava che la Civic fosse la scelta migliore; dall’altra c’erano quelli che volevano osare qualcosa di nuovo, e mi consigliavano di provare la Neon. La maggior parte dei post affermava che la Neon era decisamente migliore, e alla fine, dopo averle provate entrambe, ho acquistato proprio quella."

È curioso il fatto che anche dopo questo post finale, la discussione sulla Neon e sulla Civic è continuata sul newsgroup per molte settimane, con quattro o cinque interventi al giorno.

Non sarebbe interessante per le aziende automobilistiche sentire direttamente dalla voce dei clienti i pregi e i difetti dei loro prodotti? Che valore inestimabile può avere un suggerimento per migliorare un prodotto che viene da chi lo usa direttamente? Quanto può essere utile leggere delle istruzioni per l’uso scritte direttamente da chi usa, e non da un operaio della catena di montaggio?

Queste sono le domande da porsi, per non fare la celeberrima (e miserrima) fine della Intel, che ha appaltato di recente ad una società specializzata il monitoraggio di newsgroup in cui si parla di processori, dopo che la notizia del bug in uno dei Pentium si era diffusa a macchia d’olio partendo proprio da un newsgroup.

All’inizio di questo documento ho definito le mailing list, i newsgroup, i forum e le chat delle forme "alternative" di presenza, un "below-the-Web" poco conosciuta, ma chi dice che non siano questi gli strumenti veramente efficaci per comunicare sulla Rete?

 

2. La misurazione dell’efficacia della comunicazione Below The Web

Si può misurare in modo preciso?

Mettiamoci per un attimo nei panni di un dirigente che si sia deciso, dopo il gran parlare che se ne fa (in Rete, e non solo), ad utilizzare gli strumenti "below the web" per promuovere i suoi prodotti o servizi.

Sicuramente la validità e la portata di strumenti come l’email, i newsgroup e i forum di discussione sono indiscutibili a livello "emotivo", e di creazione di feeling fra i partecipanti alle discussioni. Abbiamo già trattato nei mesi scorsi di come la partecipazione a queste forme di aggregazione sia sempre più utile, se non indispensabile, all crescere dell’importanza che assumono gli strumenti stessi nella scala di utilizzo delle persone che utilizzano la Rete in Italia.

Infatti non sono dati quantitativi, ma qualitativi, che dovrebbero muovere in questo momento le aziende che si avvicinano alla Rete, dati che confermano come le applicazioni maggiormente note agli italiani sono:

1 Email
2 Navigazione Web
3 Chat
4 Newsgroup
5 FTP
6 BBS
7 Forum di discussione

 

Per quanto riguarda l’utilizzo, le proporzioni si riorganizzano in questo modo:

1 Email
2 Navigazione Web
3 FTP
4 Newsgroup
5 Chat
6 BBS
7 Forum di discussione

 

Se foste il responsabile di una azienda che produce sementi per giardini, e continuaste a leggere di queste comunità virtuali, di come al loro interno esistono gruppi omogenei di persone che possono essere interessate ad una certa gamma di prodotti, magari anche ai vostri; scopriste che esistono newsgroup in cui si discutono argomenti correlati con il giardinaggio e con la cura di fiori e piante, mailing list i cui partecipanti si scambiano consigli su tecniche di coltivazioni, innaffiatura e potatura… non vi verrebbe la tentazione di provare questo "famoso" below the web?

Non sareste di certo in numerosa compagnia, visto che in Italia questo tipo di investimenti stenta a decollare, forse a causa della scarsa conoscenza, soprattutto da parte delle aziende, delle tipologie alternative al Web, forse a causa del basso livello di alfabetizzazione verso mailing list, newsgroup e forum di discussione, forse perché in Italia la Rete è considerata ancora un luogo dove si trova "un po’ di tutto", ma non abbiamo ancora imparato ad utilizzarla per approfondire sistematicamente e costantemente alcuni dei nostri interessi (una ricerca americana ci definisce, tra le altre cose, "tuttologi", caratteristica questa che influenza forse anche le nostre modalità di consultazione e di utilizzo "spot" della Rete).

In ogni caso sareste dei pionieri, e non sapreste come muovervi, e, soprattutto, come misurare l’efficacia di questi investimenti, dal momento che avete anche letto che Internet è l’unico mezzo in cui è possibile misurare esattamente quanti hanno visto il vostro spot-banner (e certe volte anche "chi" l’ha visto…), ma come la mettiamo con newsgroup, mailing list e forum di discussione?

Esistono modi non empirici che permettono di quantificare il ritorno sugli investimenti in comunicazione di questo tipo, che identificano esattamente quanti visitatori sono arrivati sul vostro sito dopo aver letto un vostro posting su una mailing list o un newsgroup di giardinaggio, o la vostra firma su un messaggio in un forum che rimandava al vostro sito www.giardinaggioinitalia.it.

Se foste in America avreste a disposizione persino delle agenzie di comunicazione specializzate in questo tipo di advertising che vi preparerebbero un piano "media" su misura: tornando al nostro esempio di giardinaggio, avete prodotto una pianta di rosa innovativa che produce fiori di tre colori diversi?

Dovreste aggiungere una pagina interna al vostro sito per mostrare e vendere questa rosa, che non sia raggiungibile dalle altre pagine del sito. In questo modo sarà facile supporre che tutte le visite alle pagine deriveranno dalla campagna della vostra agenzia. L’agenzia vi organizzerà una promozione diciamo per tre settimane, postando messaggi sui newsgroup, sulle mailing list e nei forum più adatti, dove ritiene che si riuniscano persone interessate a questo prodotto, con riferimenti alla pagina creata appositamente per la vostra rosa tricolore.

Sarà facile verificare, al termine del periodo di test, l’incremento nelle visite alla pagina, che dimostrerà l’efficacia dell’investimento fatto per la comunicazione below the web che avrà anche avuto l’effetto collaterale di aumentare il traffico sul resto del sito.

Una esperienza di questo tipo è stata fatta begli Stati Uniti, ed ha portato i seguenti risultati: un aumento del numero di visite totali al sito del 15% e una crescita media del 250% delle visite alle pagine "speciali" rispetto al resto del sito nelle due settimane del test. Uno dei responsabili del progetto di comunicazione afferma che la misurazione del costo dell’aumento del traffico ha dato risultati ottimi; l’investimento si è rivelato molto efficiente, addirittura del 50% più efficiente dell’advertising tradizionale fatto durante lo stesso periodo.

Un’altra possibilità per verificare l’efficacia della comunicazione below the web è quella di indirizzare la comunicazione stessa ad un livello individuale, per poter poi verificare quale dei destinatari abbia visitato una certa parte del sito, o cliccato su un banner. Questa possibilità è fornita da software che consentono di gestire le email in base a database organizzati di destinatari; siamo di fronte, naturalmente, ad uno strumento utilizzabile su diversi livelli.

Ad un primo, più elementare livello, si possono personalizzare gli interventi sulle mailing list, sui newsgroup e nei forum, indicando differenti URL per la stessa pagina del sito. In questo modo, analizzando i log file degli accessi, si potrà stabilire quale tipo di comunicazione below the web sia risultata maggiormente efficace per quel target, e indirizzare meglio i futuri contatti.

Un secondo livello di utilizzo di software di questo tipo è più complesso, ma può comportare migliori puntualizzazioni dei risultati: generando un messaggio personalizzato e diversificato per ogni persona obiettivo della comunicazione compresa nel database di email, è possibile inviare un messaggio ad una mailing list con una URL differente per ognuno.

Così se i destinatari della comunicazione fossero, per esempio, gli iscritti alla MKTG, l’iscritto A troverebbe nel suo messaggio la seguente URL: www.mktg.it/a.htm , mentre l’iscritto B riceverebbe un messaggio con URL: www.mktg.it/b.htm. Sarebbe agevole, a questo punto, analizzare i log file di accesso, e capire se B ha visitato il sito e A non l’ha fatto, se B ha visitato altre pagine oltre alla home page, e quanto si è soffermato su ognuna, e se ha cliccato qualche banner, ed è quindi interessato a qualche argomento o prodotto in particolare.

Negli Stati Uniti è stata effettuata una misurazione precisa dell’efficacia dell’advertising veicolato attraverso l’email: molto scarno ed essenziale, privo di fronzoli, ma non per questo meno efficace di quello tradizionale (in questo caso per "tradizionale" intendiamo quello dei banner colorati, animati e java). Uno studio condotto da un servizio di news via email che conta più di 100.000 iscritti ha mostrato che il 44% dei lettori della newsletter cercava ulteriori informazioni sull’azienda che aveva fatto pubblicità sulla newsletter (aziende del calibro di Digital, IBM e Intraware), mentre ben il 40% visitava il sito dell’azienda.

Tuttavia, lo scopo della misurazione dell’efficacia del below the web, non può essere solo quello di giustificare gli investimenti che vengono fatti a questo livello, sia in termini di tempo impiegato per seguire newsgroup, forum e mailing list, che di denaro speso in sponsorizzazioni o posting mirato.

Esiste uno scopo ben più elevato, che dovrebbe bastare, da solo, a muovere questi investimenti: quello che esserci adesso, senza commettere errori di spam e interventi da mass market, è molto più importante che giustificare in termini economici un investimento che porterà sicuramente, se non altro, dei risparmi di costi futuri e un miglioramento dell’immagine aziendale.

 

3. L’advertising testuale

Le forme di marketing che abbiamo analizzato nei precedenti passaggi sembrano ricondursi principalmente allo stesso modello di advertising testuale, in opposizione a quello grafico dei banner tanto di moda di questi tempi.

A prescindere da qualunque considerazione sull’efficacia dei banner, ormai riconosciuta da tutti, anche se non sempre con la stessa enfasi, mi sembra necessario completare il panorama dell’offerta disponibile ed esaminare "il resto" della comunicazione come ho fatto sino ad ora parlando di Below-the-Web.

Due recenti sondaggi, uno condotto da Ernst & Young e uno dall’American Management Association, rivelano che l’email è lo strumento più utilizzato rispetto a qualunque altra forma di comunicazione, ed è preferito persino al telefono e agli incontri fra persone. Naturalmente non è questa la sede per discutere dell’eventuale alienazione che ne potrebbe derivare, ma piuttosto per evidenziare questa tendenza e cercare di capirne le possibili implicazioni di marketing.

Un terzo sondaggio telefonico condotto in Aprile su 436 adulti in USA possessori di computer (sponsorizzato da Yahoo! Internet Life Magazine) ha evidenziato che il 55% del campione preferisce scrivere una email piuttosto che fare una telefonata interurbana e il 33% la preferisce persino alle telefonate urbane. Altri risultati rilevanti sono che l’84% ha utilizzato l’email negli ultimi tre mesi; l’82% per comunicare con gli amici, il 59% con i parenti, il 56% con i colleghi, il 47% con i clienti (questo dato, in particolare, mi sembra estremamente rilevante in un’ottica di marketing relazionale), e infine il 39% con il proprio capo.

Per concludere l’elenco delle ricerche condotte di recente sull’email advertising, cito quella di Nikkei Multimedia che, fra l’altro, ha stabilito che tre quarti degli intervistati ha un atteggiamento positivo nei confronti dell’email advertising e che la metà è convinta che l’email advertising fornisca sufficienti dettagli sul prodotto o sul servizio, talvolta persino maggiori di quelli riscontrabili in altre forme di advertising online.

Innegabile, dunque, il potere dell’email e del testo che la compone; importante e delicato il rapporto che si instaura tra chi scrive e comunica attraverso il testo e il "ricevente", come abbiamo più volte evidenziato in diversi articoli su Web Marketing Tools.

A questo punto la domanda è chiara:

come fare email advertising?

Svariati articoli su questa e su altre riviste hanno fornito utilissimi consigli su come scrivere email, su come non scriverle, su come realizzare una signature che funga da vero e proprio biglietto da visita, su come, dove e a che inviare questi messaggi "promozionali" in senso lato.

In questa sede vorrei, quindi, addentrarmi più in profondità nell’analisi di due forme alternative di advertising testuale: quella dei posting sui newsgroup e nelle mailing list.

Una premessa è d’obbligo: quando si parla di newsgroup e mailing list la situazione italiana non è delle più rosee, anche se da noi si stanno sviluppando "piccole" realtà con target ben definiti e utilizzatori estremamente fedeli che promettono di essere terreno fertile per le prime sperimentazioni di ritorno sugli investimenti di Below-the-Web.

Esaminerò innanzitutto le differenze tra newsgroup e mailing list e come queste influenzano la tipologia di posting, nonché le motivazioni che dovrebbero spingere ad utilizzare l’uno piuttosto che l’altro (sia per che scrive che per chi legge!).

I newsgroup sono sicuramente più "rozzi" dal momento che la tradizione è in quel senso: esistono regole meno stringenti per quanto riguarda i posting e gli argomenti on e off topic; i moderatori dei newsgroup (quando esistono), si limitano a mantenere la discussione nei binari dell’argomento prescelto, senza escludere alcun intervento anche se giudicato poco interessante. D’altro canto sembrano esistere due differenti "tribù" o comunità di utilizzatori: chi utilizza i newsgroup è più propenso a trovare materiale in eccesso rispetto alle proprie necessità e a "scavare" nei thread fino a trovare ciò che lo interessa, mentre chi decide di iscriversi ad una mailing list lo fa per ricevere posta ogni giorno nella casella, già selezionata e "pronta per il consumo".

Qualcuno sostiene che sui newsgroup si trovi la "vecchia guardia" di Internet, mentre i novelli preferiscono leggere il contenuto "pre-digerito" delle mailing list, ma non sempre è così; così come non è sempre vero che chi frequenta i newsgroup non sia iscritto a una o più mailing list.

Una ulteriore caratteristica dei newsgroup è che hanno un carattere "pubblico" o perlomeno più pubblico delle mailing list: i partecipanti di Usenet sono sul newsgroup "principalmente" per le discussioni e in via "secondaria" per promuovere il loro business. Al contrario, qualcuno sostiene che in una mailing list "privata" le persone "principalmente" promuovono e "secondariamente" discutono.

Se gestite una mailing list e volete utilizzare strumenti di advertising testuale avreste a disposizione tre alternative:

  1. Potete pagare un’altra mailing list perché pubblichi i vostri annunci promozionali, pagando una quota stabilita dal gestore della mailing list, oppure attraverso uno scambio di pubblicità sulle mailing list, o addirittura da uno scambio ("barter") dei beni / servizi pubblicizzati.

  2. Potete concordare con l’altro gestore una "offerta speciale" per i membri dell’altra mailing list, magari lasciando che sia proprio il gestore a valutare la vostra offerta e a proporla poi ai "suoi" membri. In questo modo aggiungerebbe credibilità alla proposta, suffragandola con la fiducia che si è creato nella sua comunità. In questi casi la redemption è estremamente elevata.

  3. Potete utilizzare la vostra stessa mailing list per fare la cosiddetta "autopubblicità". Questo tipo di advertising funziona, naturalmente, quando la rosa di servizi / prodotti offerta è differente dalla mailing list stessa. Capita sempre più di frequente negli USA che da mailing list sull’Internet Marketing nascano servizi di consulenza con diversi target; quale migliore strumento di promozione della comunità originaria della mailing list?

Per analizzare anche l’altra faccia della medaglia, quella che potremmo definire "banner-like", vorrei portare alcuni esempi di "rich" email, che hanno pur conseguito buoni risultati in termini di click-through e di accettazione da parte dei riceventi.

Il primo esempio è stato realizzato da una società canadese che ha creato un servizio chiamato @loa @ctive Email, con cui si possono inviare messaggi animati sia ad utilizzatori di Mac che di PC, sotto forma di file auto-eseguibili. Un messaggio standard di questo tipo ha una dimensione di circa 350KB, in cui sono inclusi 90KB di player; questo potrebbe creare non pochi problemi a chi ha un collegamento lento oppure limitazioni nella dimensione dei messaggi ricevibili.

Tuttavia una campagna effettuata dal National Geographic ha ricevuto un click-through del 32% che si sono tramutati in 23.000 nuovi nominativi inseriti nel database dei prospect…non male per una email! Un’altra campagna di CBS SportLine ha raggiunto un tasso di risposta del 20%. A fronte di questi risultati estremamente interessanti, il costo medio di una campagna "rich" è compreso tra 12.000 e 15.000 dollari se viene effettuato dalla società canadese, mentre nel caso in cui l’azienda voglia installare un proprio "lead-generation" server, il costo una tantum è di 25.000 dollari.

Un altro esempio di "rich" email viene proposto da una società californiana, che ha creato un sistema automatico per "capire" se il client di posta elettronica che sta ricevendo il messaggio è abilitato a ricevere html. IN questo modo stabilisce che tipo di mail inviare e, a posteriori, verifica che chi riceve mail html è da due a tre volte più motivato a rispondere (in questo caso a cliccare). Questa affermazione, e la conseguenza che ne deriva (la possibilità di inserire link ipertestuali nelle mail promozionali), si scontra decisamente con il fatto che solo il 33-35% dei client email accettano html, e con la difficoltà incontrata da tutti gli altri nel ricevere e leggere questi messaggi più voluminosi e con protocolli incomprensibili.

In conclusione, sembra che l’email esca a testa alta dal confronto con le altre forme di advertising, sia quando si presenta nella sua forma "semplicemente" testuale, che quando ci raggiunge nelle forme più elaborate e ipertestuali. Pensiamoci la prossima volta che riceveremo nella casella postale una newsletter o una mailing list che contengono messaggi promozionali, e chiediamoci se il gestore di quel servizio ha utilizzato al meglio lo strumento a sua disposizione per promuovere prodotti interessanti per la sua comunità…

Elena Antognazza