Nel 1979, Emanuele Severino ha pubblicato per Rusconi "Techné
- Le radici della violenza". Nella quarta di copertina si legge:"...la
civiltà della tecnica che, seppure liberata da ogni ipoteca
dogmatica della cultura tradizionale, si presenta, in quanto manifestazione
estrema della volontà di potenza, come la forma più
rigorosa, ma anche più inesplorata, dell'alienazione".
La tecnologia ha tanti meriti, ma la sua divinizzazione ha raggiunto
livelli grotteschi. Il futuro ipotizzato dal mercatino della fantascienza
è costituito da un mondo con poca umanità e molte
macchine. La tecnologìa promette di liberare l'uomo dalla
fatica, ma nel breve periodo moltiplica solo la disoccupazione.
Giura di rendere la vita più facile e comoda, ma intanto
ruba tutto il nostro tempo e richiede sforzi mentali da laureati
in ingegnerìa. Illude che gli esseri umani, liberati dalla
tecnologìa, possano dedicare più tempo ai loro veri
interessi ma intanto dedicano ore e giorni alla tecnologìa.
Incensiamo l'utopìa tecnologica progettando lo sbarco su
Marte; esaltandoci per lo sviluppo della robotica e delle telecomunicazioni;
idolatrando la Rete come accedva agli inizi del XX secolo. quando
stavano arrivando il volo e il cinema. Il paradosso è che,
mentre adoriamo il vitello d'oro della tecnologia, siamo impotenti
di fronte alla xilella, uccidiamo gli oceani con la plastica, e
subiamo il clima come facevano i nostri antenati neandethaliani.
Siamo troppo occupati nella fantascienza del futuro, per occuparci
della scienza utile a risolvere i problemi di oggi.
Questa è una critica dell'ossessione grottesca per la tecnologia,
non un auspicio della sua abolizione. Non è un'ipotesi di
ritorno alla clava, ma una considerazione laica della tecnologia
ed del suo controllo, magari anche con seri interventi politici
e normativi. Per esempio, una riduzione automatica del canone, quando
la velocità reale dei dati è inferiore a qualla promessa.
La tecnologia non è buona a prescindere, ma quando serve
ed è controllata, senza asservire.
I tecnologi e le loro industrie sono meglio di Dio. Dio ci ha condannato
alla morte, ma non ha deciso scadenze di massa e lascia alla sorte
il destino individuale. I tecnologi hanno inventato invece la "obsolescenza
programmata" per la quale ogni apparecchio muore dopo un certo
numero di anni. Un "cosicidio" di massa programmato alla
nascita. In alternativa i tecnologi hanno inventato i "nuovi
modelli", che escono a distanze temporali sempre più
ravvicinate. Il nuovo modello non è solo più appetibile
del precedente, ma lo mette fuori gioco rendendone impossibile l'uso.
Nel caso delle auto, l'operazione nuovo modello è favorito
dalla politica che scopre sempre una qualche dannosità insopportabile
nei modelli più vecchi (emissione di gas tossici, componenti
pericolosi, ecc.) che vengono proibiti per legge. In altri casi,
la politica sostiene la tecnologia con leggi che obbligano all'acquisto
di oggetti supplementari o integrativi: il casco per le moto; il
seggiolino anti-abbandono dei neonati, per le auto; l'impianto elettrico
a norma per le case; le macchine per le fatture elettroniche, nei
negozi.
Metà della tecnologìa è utilissima, l'altra
metà ha la stessa funzione degli specchietti che i Conquistadores
davano ai nativi americani: seduzione e assoggettamento. Vediamo
qualche esempio.
Morte
al contante | I
cellulari | Il computer e la Rete
| L'e-commerce | Le
auto | Casa e città intelligenti
|