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LA GUERRA COME BISOGNO DI
EMOZIONI FORTI
La violenza individuale è spesso definita come
psico o sociopatìa. La psicologìa ha un'intera letteratura
sul comportamento sado-masochistico, cioè di colui che trae
il suo godimento solo azioni violente inferte ad altri o a se stesso.
Sadismo e masochismo hanno origine da una radicale sensazione di "morte
emotiva", la cui attenuazione è legata alla creazione
di emozioni forti. La violenza privata come la guerra fra Stati, ha
la stessa matrice dei comportamenti rischiosi, della dipendenza da
sostanza dannose, dei passatempi di "vertigine". Rasentare
la morte, sfidarla, sfuggirla o darla, fa sentire vivi coloro che
nella vita ordinaria non sentono emozioni. L'eroismo del rischio,
il piacere della sofferenza, il cinismo della sfida alla morte e l'erotismo
del martirio sono sempre associati a culture totalitarie e assolutiste.
Il cristianesimo ha iniziato coi martiri che cantavano in attesa delle
tigri negli stadi, poi è passato agli stiliti e al digiuno,
ha continuato coi roghi pubblici ed è arrivato al cilicio.
L'islam condivide l'invenzione dei kamikaze coi giapponesi. I patrioti
dei numerosi nazionalismi (dal Risorgimento italiano ai bonzi vietnamiti)
sorridevano davanti ai plotoni d'esecuzione o si davano fuoco. Il
nazifascismo ha creato un'intera iconografia a base di teschi e tibie.
Alcune sette new age praticano ogni tanto il suicidio collettivo.
Fenomeni diversi unificati dal bisogno di estremo e di assoluto. Come
mai si verifica spesso il fenomeno di minori che vanno in guerra come
volontari ? Oggi fa giustamente scandalo l'esistenza di milizie minorili,
ma non sono pochi i nonni che si vantano di essere andati volontari
"al fronte" o "a Salò" o "nei marines",
prima del diciottesimo anno d'età. La spiegazione è
che l'adolescenza è l'età più desiderosa di assoluto.
Droga, alcool e gioco d'azzardo; jumping e sport estremi; sesso con
corde e manette; frullatori giganti nei luna park: sono tutte diverse
gradazioni del sado-masochismo, del bisogno di rasentare la morte
o la sofferenza, della necessità di verificare che si è
vivi malgrado il rischio corso, o grazie al completo dominio su di
sè, sulla natura, sull'altro. Il masochista soffre fisicamente
ma gode del fatto di essere al centro di tutto, sia pure come vittima
sacrificale. Il sadico gode nel dare dolore, ma soffre perchè
sa che il suo godimento dipende dal masochista.
Lo Stato che fa la guerra entra nel corridorio delle sensazioni forti,
col sangue che scorre a fiumi, le bare avvolte nella bandiera, i corpi
che esplodono: qualcosa di orrido e calamitante, come un precipizio
del quale si ha orrore ma dal quale è faticoso staccarsi. La
guerra è quell'evento che migliaia di cittadini (i militari)
passano l'intera vita ad aspettare per avere un ruolo. La guerra è
come il gioco d'azzardo: euforizzante all'inizio, quasi sempre deprimente
alla fine. Come nel gioco d'azzardo nessuno vince mai veramente, nessuno
vince mai una guerra: anche il Paese che vince conta le bare e deve
fare i conti col problema dei reduci.Un sergente che in guerra decideva
ogni giorno della vita e della morte dei commilitoni e dei nemici,
può tornare a casa e fare il commesso di salumeria? Come uno
che ha usato e spacciato droga per anni, può adattarsi a fare
il custode di stabilimento? Emozioni viscerali, rischio, vertigine,
estremo sono i bisogni sadomaso cui la guerra risponde. E' anche per
questo che un Occidente esangue, devitalizzato e sempre meno capace
di sentirsi vivo ha un bisogno continuo di guerre.
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