Primi interventi sulla Bacheca del SENATO MAGISTRALE 12-4-2003/15-10-2003

Adamus il 27/10/2003, alle ore 12 ha scritto:
I bip selettivi
I bip vengono messi solo su quelle che i censori considerano parole sconvenienti, per un perbenismo ipocrita. Dimenticando che dalle elementari agli Oratori, certe parole sono una regola di liberta' anche fra i bambini. Se fossimo seri, la tv dovrebbe essere solo piena di bip a coprire le assurdità e le balle che racconta. E' molto più osceno un discorso di Costanzo che una litanìa di "cazzi" e "madonne". Per quanto riguarda i nostri figli, la questione potrebbe essere risolta gettando via il televisore.

Temistocle il 25/10/2003, alle ore 19 ha scritto:
"BIP" E IPOCRISIE
Ogni giorno, guardando la televisione, non posso non osservare l'ipocrisia che caratterizza il suo modo di comunicare. A parte le varie situation comedy dove il telespettatore viene indotto al sorriso da quei risolini fuori campo, ciò che mi appare veramente ipocrita sono i "bip" che la regia mette per mascherare quella che normalmente verrebbe definita "parolaccia". Quindi, il "porca puttana" non viene convertito in un bel "porca peripatética" che ci condurrebbe nel Peripato di aristoteliana memoria, ma diviene nel linguaggio corrente, "porca bip". Cosi dicasi, ad esempio, di "puttana Eva", che non viene convertito nel conseguenziale ed induttivo "cornuto Adamo" ma bensi in "bip Eva". Il bip diviene dunque la latrina linguistica delle nostre formali indecenze, il buco nero delle ipocrisie. "Che bip vuoi?", quando senti questa frase ti domandi subito cosa si sia voluto mascherare. Nel caso infatti il "bip" maschera molteplici equivalenze, ed ecco allora che la mente si sente autorizzata a percorrere tutte le probabilità che il caso ci propina. Nella frase infatti potrebbe entrarci: "cazzo", "madonna"..etc. A seconda delle latitudini territoriali, il bip cambia forma. Il problema è che se la frase fosse detta esplicitamente e senza bip, forse passerebbe quasi inosservata, ma dal momento in cui entra l'omissis, tu mentalmente sei indotto a ragionare sull'arcano. Cosi è successo che mio figlio di dieci anni, sentendo in una trasmissione tutti questi "bip", mosso dalla proverbiale curiosità che caratterizza tutti i bambini, iniziasse a chiedermi il perché di tutti quei bip. Voleva sapere cosa nascondessero. Alla tele sentì, tra le tante, "che bip vuoi?". "Babbo cosa voleva dire quel bip?" - chiese. Dopo aver tergiversato un po', spazientito da tanta insistenza dissi: "Vabbé, lo dico pure io a volte, voleva dire che cazzo vuoi, contento!?". Purtroppo successe che mio figlio risentì ulteriormente la frase e, forse per una mal centratura del bip medesimo tra il "che" e il "vuoi" ebbe modo di udire "m...onna". "Babbo! babbo! non ha detto cazzo, ha detto un'altra cosa, finisce per ..nna". E fu cosi che mio figlio, grazie al potere ipocritamente pedagogico di quel "bip", dando sfogo alla sua fervida fantasia, quel giorno mi svuotò tutta la latrina linguistica sul muso. Mia moglie svenne. Ora dovrò trovare un ulteriore omissis che mi mascheri quell'indecente "bip", sinonimo delle peggiori nefandezze che la nostra cultura perbenista ci ha insegnato. Chiedo dunque una mano a voi altri, ai lingiusti, ai dotti delle varie giurisdizioni, che fare? (inframezzo temistocliano)

a.raviola il 15/10/2003, alle ore 18 ha scritto:
LA COSCIENZA E' UN TORNADO
LA COSCIENZA E' UN TORNADO Radici Materiali e Senso Immateriale della Coscienza Umana http://www.psicopolis.com/SINGErgopolis/ar/coscienza.htm Le questioni di cosa è e come funziona la COSCIENZA sono state per molto tempo un terreno inesplorato. Parlare di Coscienza e chiedersi qual è l'apparato cognitivo che rende possibile l'esistenza di un vissuto è stato sostanzialmente appannaggio di studiosi del funzionamento cerebrale, esponenti delle cosiddette neuroscienze cognitive. Solo in tempi recenti, tali questioni hanno appassionato gli eredi della filosofia analitica di stampo anglosassone. La Psicologia, d'altro canto, ha in buona sostanza rinunciato, fin dai suoi albori, a questa sfida, facendone uno scomodo rimosso della disciplina, ritenendo la Coscienza come qualcosa di mistico, di pertinenza dei filosofi e medici.

lars engel il 7/10/2003, alle ore 16 ha scritto:
CGN
un sistema (individuo, gruppo, organizzazione) cerca il cambiamento anche quando raschia il barile; la forma in quel caso spesso è violenta e cruenta. Ne abbiamo testimonianze recenti, nei quali la disperazione mobilita le energie più distruttive di persone e popoli. Forse oggi è l'incapacità collettiva di "vedere" il mondo e dell'individuo di guardarsi dentro che orienta la scelta conservativa o la deriva auto/etero distruttiva. che si sia perso il CGN centro di gravità narrativa.

Ektor il 7/10/2003, alle ore 15 ha scritto:
Cambiamento democratico
Il cambiamento puo' solo essere sostenuto quando e' in atto. Un sistema che sta o vuole cambiare puo' essere aiutato, ma nessun sistema puo' essere spinto a cambiare se non vuole. Oggi non esistono sistemi che stanno per o vigliono cambiare. Chi e' come noi deve solo aspettare e studiare, per farsi trovare pronto quando servira'.

zero il 7/10/2003, alle ore 10 ha scritto:
del tempo e della mia stupidità
penso che mi incazzo tanto spesso perchè ho una dannata fretta....vedere che il mondo non cambia perchè gira acefalemente intorno a se stesso e che muta con una velocità lentissima mi fa esasperare, vorrei risultatai più veloci...ma mi sa che non è la strada giusta anche perchè presupponbe che io sappia dove sia giusto andare... e allora mi chiedo: fin dove è giusto spingere, educare muovere, cambiare, e dove sia giusto attendere pazientare? che differenza c'è tra guidare un cambiamennto e manipolarlo? si possono accelerare i processi di cambuiamneto in modo realmente democratico?

Adamus il 6/10/2003, alle ore 12 ha scritto:
Marketing=democrazia
Una volta studiavo che il marketing ha la funzione di democratizzare il mercato...Il che e' vero se pensiamo che senza marketing abbiamo avuto il monoprodotto fascista o stalinista. Se il marketing fosse il Grande Fratello, come mai tanti fallimenti industriali e tanti errori politici?

zero il 6/10/2003, alle ore 10 ha scritto:
markenting...
penso che il marketing tenda a soddisfare le esigenza del consumatore,la tv è un potentissimo strumento di markenting (che si cammuffa da strumento d'informazione), e quindi legittima lo status del suo fruitore. la legittimazione e la non promblematizzazione sono innoqui riflessi della società? o si tratta forse di voluta inazione molto più subdola e decadente di un cattivo big brother? baci! zero

pat il 24/9/2003, alle ore 17 ha scritto:
grandi fratelli
caro zero la tua ipotesi sulla stagnazione mi convince abbastanza. mi sembra altro da quanto sostieni l'esempio della TV: l'infantilizzazione che provoca l'emissione TV della faccia della cuccarini o del culo della marini ben lavora sull'inconscio (ma anche su conscio) depauperato della massa! non vedo un big brother cattivo e malefico, quanto un rispecchiamento collettivo nella stupidità mediatica (con qualche eccezione bonaria.. ad es. report con paolini); d'altronde il terrificante e l'errato fanno parte della debolezza umana (come ben dice adamus). alla prossima!

zero il 24/9/2003, alle ore 12 ha scritto:
regressione
x pat; o siamo in regressione oppure siamo in una fase di stasi e di ripensamento passando da un'epoca ad un'altra......dopo il strigente dominio della ragione e della programazzione si cercano starde alternative, nuove possibili strategie d'azione ed efficaci metodi decisionali (spesso in questa ricerca si regredisce parlando di magico e mitico), penso che questo riguardi però una ristretta elitè culturale, il resto della massa è programmato bloccato dalle credenze che i media ci inculcano (avete mai sentito parlare di tecniche di visualizzazione per programmare il propprio inconscio..bè per me la televisione è un continuo tentativo di programmazione -che si badi bene non è assoluta ma che attechisce facilmente in una società in cui la mollezza è ampiamente diffusa-. concordo anche con adamus il terrificante e l'errato fanno parte della nostra forza umana.

pat il 23/9/2003, alle ore 12 ha scritto:
... e l'uomo?
mi/vi chiedo: è possibile qualificare l'uomo astoricamente e acontestualmente? l'intenzionalità sembra essere ontologicamente umana (?!) ma mi pare appartenere più ai secoli passati che all'oggi dove l'umanità si differenzia dal resto dei viventi piuttosto dalla dipendenza, dall'affidarsi al caso, al lasciarsi andare... che sia in gioco una regressione evolutiva?

Temistocle il 22/9/2003, alle ore 21 ha scritto:
Intenzionalità
Secondo voi la macchina possiede intenzionalità?

Adamus il 22/9/2003, alle ore 12 ha scritto:
Libertà
Ogni cosa programmata elimina il diabolico e l'errore, dunque non puo' essere umana. Possiamo rivesciare Dennet e dire che "un se' opportunamente programmato sarebbe un robot". Il libero arbitrio e dunque l'errore distinguono l'umano dal meccanico.

zero il 22/9/2003, alle ore 9 ha scritto:
domande
Che differenza c'è tra sè ed ego? per voi sono la stessa cosa? Esiste un unico centro di conspevolezza del sè? il sè e statico, fisso oppure modificabile mobile, estendibile nello spazio -tempo e adattabile al campo in cui lavoro? gli aggregati psicofisici sono gli unici esistenti e determinanti il senso del sè? -ciao a tutti i senatori - zero

francesca il 21/9/2003, alle ore 12 ha scritto:
Perchè no?
L'ipotesi che una macchina possa essere simile ad un essere umano mi affascina e mi fa tornare alla mente i discorsi sui sentimenti come risultato di "miscele chimiche" che si producono nel cervello umano. In quanto a sensibilità molti uomini oggi sembrano deprivati o, almeno, poco espressivi, omologati, massificati. Le relazioni interpersonali sono di conseguenza superficiali o inesistenti. Questa situazione produce problemi soprattutto per chi si trova in situazioni di difficoltà e di disagio. Forse dei robot coscienti potrebbero offrire un servizio prezioso per chi soffre e alleggerire il peso psicologico ed i sensi di colpa per chi è incapace di scambi.

sub com. Marcos il 8/9/2003, alle ore 18 ha scritto:
il buon governo
In ognuna delle cinque "Chiocciole" che stanno per nascere in territorio ribelle, si lavora a tappe forzate perché tutto sia pronto (come mi ha detto un compagno del comitato: "sarà un po' pronto, non tutto, ma abbastanza"). Con più entusiasmo che saggezza, si costruisce, si dipingono (o ridipingono) le strutture, si ripulisce, si sistema, si riordina. Un costante martellare-segare- vangare-seminare risuona nelle montagne del sudest messicano, con musica di sottofondo che varia da luogo a luogo. Là, per esempio, si sentono "Los Bukis" e "Los Temerarios"; da un'altra parte "Los Tigres del Norte" e "El Dueto Castilo"; più in là "Filiberto Remigio", "Los Nakos", "Gabino Palomares", "Óscar Chávez"; più vicino "Maderas Rebeldes" (un gruppo musicale zapatista che, sorprendentemente, sta facendo scalando la "hit parade" locale - non ho verificato se verso l'alto o verso il basso -). In ogni "Chiocciola" si distingue perfettamente una nuova struttura, la cosiddettata "Casa della Giunta del Buon Governo". Per quanto si riesce a sapere, ci sarà una "Giunta del Buon Governo" in ogni zona e questo rappresenta un sforzo organizzativo delle comunità, non solo per affrontare i problemi dell'autonomia, anche per costruire un ponte più diretto tra loro ed il mondo Quindi: http://www.fzln.org.mx/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=752

Mirco il 2/7/2003, alle ore 19 ha scritto:
partecipate
Cari senatori, proprio perché ritengo che occorre volgere soprattutto al politico lo sguardo primo per giungere ad una autonomia degli operatori dell'immateriale, vi esorto a partecipare alla proposta che ho fatto adesso in bacheca di akkademia. E' certo che non mi faccio grandi illusioni ma, tentar non nuoce e vedo qui una certa dose di partecipazione che invece manca in altri contesti. Caro senatore zero ad esempio, mi farebbe piacere sapere tu che ne pensi e, se ti fa piacere, mandami un tuo contributo. L'appello è rivolto allo stesso modo a tutti i senatori. Assieme, e solo assieme, potremmo volare. (mirco)

zero il 2/7/2003, alle ore 13 ha scritto:
non c'e' nessuno?
dove siete?

zero il 26/6/2003, alle ore 19 ha scritto:
grazie dott.alberto
mi sembra che qui si dorma un po' cosa e' successo?, sono lontano dalla mia postazione consueta (sono all'estero) ma basta entrare in un internet cafe' per tornare a comunicare. trovo effettivamenti interessantie soprattutto concrete le parole del raviola, anche perche´il rapporto tra denero e lavoro immateriale e´difficile da sviluppare ed il dott.raviola mi fornisce una traccia concettuale su cui riflettere, certo ci vorra´un po´di tempo perche´arrivi alle mie conclusioni ma intanto il motere riflessivo e' acceso e questa e´una buona cosa. in particolare una la riflessione: se la via di svilupo della nostra societa`deve passare dalla quantita´alla qualita´per giungere al simbolico mi sembra inevitabile che il punto di partenza siano delle icone viventi, intendo: chi decide di sposare il movimento, la liberta´e la profondita´deve prima di tutto trasformare tutta la sua vita in questa direzione...attimo per attimo la sua vita deve mostrare questa nuova consapevolezza. penso che quest'epoca sia dominata dalla spazialita´da cui consegue la possibilita´e da qui´ la liberta', ma se sediamo profondamente in silenzio e lasciamo che la spazialita´coinvolga tutto il nostro essere scopriamo la luce che la fonte prima della vita...ma questa e´un'altra storia per un'umanita' ancora da venire? (baci a tutti i senatori) ps.:perche´ un rappresentante di egeo non ha risposto alle accuse apparse sul forum, perche' quel messagio e´sparito? (censura?)

pat il 4/6/2003, alle ore 11 ha scritto:
più poveri=più liberi?
leggendo il dibattito, mi sovviene una domanda. siamo certi dell'equivalenza più poveri=più liberi? e dunque più pronti ad insorgere all'impero in vista di un cambiamento planetario? non è che le masse prese per fame giocheranno allla caccia all'uomo, stavolta per mangiarselo? ops... scusate erano molte e non una...le domande.

Adamus il 31/5/2003, alle ore 14 ha scritto:
Piu' o meno
Piu' o meno e' come hai detto. Pero' il mio conto e' più semplice. La globalizzazione si traduce in trasferimenti di imprese e immigrazione dal terzo Mondo: questo significa meno imprese e piu' manodopera in Occidente, nella prima fase. Nella seconda fase questo creera' sviluppo industriale (anche sporco) nel Terzo Mondo, per cui quello che prima compravano in occidente in futuro se lo faranno da soli. All'Occidente restera' la produzione altamente sofisticata, per pochi e pagatissimi lavoratori.Le masse descolarizzate si troveranno con il modesto reddito dei Paesi del Terzo mondo, ma coi costi dei beni di prima necessita' altissimi.

ZERO il 30/5/2003, alle ore 12 ha scritto:
occidente povero
provo a raffigurarmi questo occidente..... cresce la concorrenza dei paesi asiatici, cina india invado il mercato mondiale, gli stati uniti sono al culmine del potere e tentano qualche mossa difensiva (vedi sars contro cina) così facendo aumentano la rigidità del loro sistema, l'europa è paralizzata dal tentativo di tener in accordo voci troppo distanti ed esce lentamente di scena carica della sua retorica. Alcuni paesi dell'africa mostrano un discreto sviluppo e stringono alleanze con i paesi asiatici. i popoli ociidentali impoveriscono lentamente.E qui il colpo di scena ...l'impoveroimento materiale non colpisc il livello minimo di sussistenza ma consente di eliminare bisogni inutili, le piccole isole di conoscenza mentali crescono di potere ....

zero il 29/5/2003, alle ore 15 ha scritto:
perchè?
a livello di sensazione sono d'accordo con te adamus, ma come motivi la tua visione?

Adamus il 29/5/2003, alle ore 14 ha scritto:
Non c'e' limite al fondo
Non credo ci sia un limite alla barbarie. Quello che occorre e' un grande shock....E credo che lo avremo fra 3/4 anni quando la maggioranza degli occidentali si trovera' ad essere povera.

Pitum il 27/5/2003, alle ore 23 ha scritto:
Vosì va il mondo
Sono d'accordo con Pat: la legge sulla privacy serve solo ad imbavagliarci meglio e a prenderci per i fondelli, con tutte qs telecamere.Sono d'accordo anche con Putnam: mi pare che la depressione sia sempre più dilagante e che la diffidenza reciproca non faccia altro che alimentarla. E se diminuiscono le relazioni di faccia non è certo colpa di Internet. Le delusioni conseguenti alle aspettative disattese, agli abbagli che ci fanno credere le persone diverse da quello che sono, ci fanno richiudere su noi stessi limitando le relazioni a quelle più intime. Ma il problema è che anche la cerchia familiare sembra avara da questo punto di vista. Forse occorrerà toccare il fondo per poter ricostruire rapporti più soddisfacenti.

zero il 23/5/2003, alle ore 16 ha scritto:
spazio e tempo.
Per adamus 1-da quello che dici il vuoto esiste eccome! che poi sia riempito con il potere questo è un altro discorso, il vuoto è il generante della possibilità, il generante della possibilità del potere se vuoi....2-il problema del vuoto è strettamente legato alla percezione dello spazio e del tempo, la percezione dello spazio del tempo è strettamente legato alle rigidità delle struttura sociale che opprime la possibilità di libertà di percezione. poichè vuoto=libertà=cambiamento, lo status quo si mobilità per riempirlo tramite il condizionamento percettivo (ecco il senso del simbolo).L'impero ci vuol far credere che il vuoto non esista, ma il vuoto e con esso la nostra libertà al divenire sono un sacrosanto diritto. Un abbraccio forte a tutti voi senatori (z.)

Temistocle il 23/5/2003, alle ore 15 ha scritto:
Potere
Il Potere non ha definizioni, è indicibile. Il Potere si palesa attraverso simboli, attraverso segni e, pretende il riconoscimento. Non esistono definizioni per il Potere ma, una cosa è certa, appena lo si riconosce l'atteggiamento è di deferenza. Il Potere si manifesta attraverso i segni. Un uomo in alta uniforme, la ridondanza dei lustrini, ci svela sovente, ad esempio, la forza del potere, lo si riconosce subito e si prova verso di esso un sentimento di amore/odio. Il Potere esige l'obbedienza, il suddito accetta anche di morire pur di nutrire il suo senso di appartenenza, si muore per la Patria, per la bandiera e, per gli stessi simboli si ammazza. L'obbedienza è cieca forse perché non si ha il coraggio di guardare oltre. La linea di mezzo tra ego e alter è, secondo me, un vuoto di significati ma, si badi bene non di significanti, tant'è che quella "terra di nessuno" offre una possibile via di fuga, una fuga verso l'ignoto. Se non obbedisco, se non accetto di accondiscendere ad esempio all'ordine di ammazzare un mio simile in una guerra, o esperimento la fuga verso l'altro, verso un nuovo ordine ed un nuovo mondo che comunqyue mi rendono possibile una nuova appartenenza, oppure fuggo verso l'ignoto, l'insignificante, verso il brodo fluttuante di segni non ordinati. Il cavallo è, nella terra di nessuno senza briglie, l'es che rifiuta il super-io e, forse inconsciamente tenta di costruirne un altro attingendo nuovi segni e tentando, comunque un nuovo ordine. La paura di riconoscere nell'Altro i segni del Potere è frustrante ma, e qui convengo con Adamus, la relazione con l'altro è di tipo complementare ma anche com-prensiva ed identificatoria. Per rispondere a "pat" invece dirò che, non ostante tutto, io non credo si arrivi a censurare o chiudere contesti tipo il forum, anche perché non credo sia cosi semplice. Poi sarei lieto si possa arrivare ad una netta definizione che discrimini il diritto pubblico da quello privato. Tanto per fare un esempio, se mi faccio una canna in casa, sono soggetto ad una legge differente che se mi facessi una canna guidando. Il privato è sacro. Un abbraccio ai senatori e, se cantina ha da essere, purché ci sia del buon vino.

pat il 22/5/2003, alle ore 12 ha scritto:
big brother alla stazione
proprio oggi ho sentito due news: 1.l'allarme di Rodotà sulla sorveglianza pervasiva esercitata dalle tecnologie sui cittadini in Italia 2.il finanziamento ad un comune per la ristrutturazione e la messa a controllo (con telecamere, chieste a gran voce dal popolo che ha eletto la sinistra al governo della città) dello spazio antistante la stazione ferroviaria. Si sanciscono due cose: 1.il fatto che la privacy non è mai esistita se non come aggancio per rafforzare la chiusura del "campo" individuale" nella difesa dalle possibilità di incontro e socialità. 2. che lo spazio "libero e di incontro" unica vera proprietà dei cosiddetti clandestini, verrà monitorato (pura illusione!) per prevenire atti illegali. La sorveglianza e il controllo sono l'apice desiderato (consapevolmente o meno) dalla politica e dai cittadini nel nostro Paese. Cosa ci toccherà a breve....Senatori: la chiusura di questo forum e l'incontro in una cantina privata?

Adamus il 22/5/2003, alle ore 11 ha scritto:
Vuoto e potere
Come spesso fa, Temistocle offre una bella suggestione con l'immagine della trincea, della frontiera e dello spazio vuoto fra ego e alter, occupato dall'es collettivo. Tuttavia temo che questa visione sia irrealistica: non esistono spazi vuoti. Appena se apre uno, questo viene riempito dal Potere, politico o interpersonale. La politica avvolge ognuno nella gabbia del dominio, l'altro propone continuamente relazioni di tipo servo-padrone.

Temistocle il 17/5/2003, alle ore 21 ha scritto:
Lo "Spazio" di nessuno
In "Soldiers from the War Returning" del 1965, Carrington riportando le considerazioni di un soldato scrive: "In cinquant'anni non sono mai stato capace di liberarmi della Terra di nessuno e del mondo ignoto al di là di essa. Al di qua del reticolato ogni cosa è familiare, ogni uomo è un amico; al di là, oltre il reticolato, c'è solo l'ignoto, il perturbante". Esistono due "campi" con opposte bandiere a cui io e alter, specularmente appartengono ma, questi due campi sono divisi da un non spazio, da un terreno caotico e disordinato. Nei due capi speculari i simboli contrapposti determinano e rendono tangibile il senso di appartenenza, nella terra di nessuno risiede il non essere, l'in-significante. Chi osa oltrepassarlo esperimenta il riconoscimento di altri uomini, uomini come noi, con altri simboli, altre bandiere. Chi oltrepassa l'in-significante vede che il nemico è fatto come noi anzi, è l'in noi. A volte mi pare di scorgere in questo vuoto di significati, ma non di significanti, una sorta di brodo primordiale del simbolico, il terreno selvaggio dell'inconscio comunitario o collettivo a cui, sia io che alter attingono con differenti prospettive semantiche per costruire il fondante senso di un appartenere. Quel terreno di nessuno è una sorta di "es" collettivo. Il moto compiuto dalle due istanze ego/alter, il moto volto ad una speranza di riconoscimento crea un Super io soggettivamente determinato. La terra di nessuno esiste ovviamente pure tra i confini dei campi che delimitano i gruppi. Questo per dare un contributo, offerto dal mio punto di vista, al senatore zero. Un abbraccio a tutti i senatori (temistocle)

zero il 15/5/2003, alle ore 9 ha scritto:
/
dell'intervento di pat.garrett sono attratto irresistibilmente dal segno / più che dall'et o dall'aut, quasi che l'altro sia un 'esca con valore non tanto in se quanto nel movimento che provoca , movimento che ci permette di passare attraverso uno spazio vuoto, sconosciuto, uno scarto di continuità tra me e l'altro che consente la generazione del possibile. L'altro esite per mostrarci lo spazio vuoto /, un linguaggio differente, un terzo dai due che apre alla possibilità dell'essere me o te.

pat. garrett il 14/5/2003, alle ore 14 ha scritto:
et/et
prendiamola pensando et/et e non aut/aut. l'alterità ce la portiamo dentro e forse per questo in essa ci rifugiamo ma anche ne fuggiamo: l'alterità che si sostanzia nell'altro, ci attrae ma ci provoca repulsione (diabolico/divisione). Una quaestio mi nasce: come si evolve l'umanità (psicologicamente, of course) se la dinamica con l'alterità diviene statica? d'altronde le accelerazioni si sono avute nella storia umana quando l'altro (interno ed esterno) si è rifiutato, contestato, demolito... abbracci ai magistri ps sono perfettamente d'accordo con zero (sulla sincerità)

Temistocle il 9/5/2003, alle ore 22 ha scritto:
Inferenza
Secondo Gumperz, il processo di "inferenza" non è altro che un processo interpretativo legato al contesto e quindi alla situazione, per mezzo del quale i partecipanti calcolano le intenzioni dell'interlocutore e basano su queste le loro risposte. Forse ho capito male ma, c'entra qualcosa con la tua "sincerità". A "no" vorrei dire che, è vero non si può lasciare l'Altro, si può però abbandonare il sistema di relazioni che, in quella situazione, ci legano ad un altro.

zero il 9/5/2003, alle ore 17 ha scritto:
opsss. è mio l'intervento intitolato
relatività=zero

RELATIVITà il 9/5/2003, alle ore 16 ha scritto:
DEI BUCHI
LA MIA IDEA DI SINCERITà 1- è RELATIVA (ALLOSPAZIO E AL TEMPO IN CUI ESSA AVVIENE) 2-RELAZIONALE (SI GENERA UNICAMENTO DAL CONTATTO TRA SOGGETTO PERCEPIENTE E SOGGETTO PERCEPITO)3-SOGGETTIVA (L'UNICO ARBITRO E RESPONSABILE è IL SOGETTO CHE SI DEFINISCE NELLA RELAZIONE RELATIVA IN BASE ALLE SUE CAPACITà). NON HA SENSO DIRE SE QUALCUNO è SINCERO O NON SINCERO DA UNA TERZA PARTE, è UNA PERCEZIONE INTERNA DI DISEQUILIBRIO CHE SE AGITA PORTA AD UN MUTAMENTO DEL CAMPO. UN OSSERVATORE ESTERNO POTRà AL MASSIMO RIFERISI, IN UN SECONDO TEMPO, ALL'ANALISI DEI MUTAMENTI DEL CAMPO, SOLO ALLORA SAPRà SE GLI AGENTI SONO STATI SINCERI. (SALUTI Z.)

No il 9/5/2003, alle ore 16 ha scritto:
l'altro ci segue
Mi dispiace ma l'Altro non e' qualcosa che si puo' lasciare: l'altro siamo noi, nel senso che ci portiamo dentro i ricordi, le ferite, le ricchezze, le speranze che gli altri ci hanno infuso. Possiamo scappare dagli altri ma non dall'alterità.

Temistocle il 7/5/2003, alle ore 21 ha scritto:
Varie et..
In un senso molto più generico, mi pare che la "sincerita'" rimandi ad una verità assoluta ed oggettiva ma, esiste una tal verità? E, se in una data situazione, io, soggetto situato, lascio trasparire il mio stato, esso, lo stato che traspare non è in parte o del tutto determinato dalla situazione e dagli attori che mi circondano? E, ancora, se gli attori cambiano, non cambia pure la situazione che avrebbe precedentemente determinato il mio "sincero" smascheramento emozionale? La sincerità dunque, può essere vista come fatto contingente, emergente ma, se io affermo di "essere sincero" se affermo di aver detto "il vero", se assurgiamo il concetto con valenze universalistiche, allora dovremmo per forza rifarci pure ad una "verità assoluta". Almeno questo mi pare di poter credere dopo aver imparato ed appreso dalle vostre riflessioni. Per rispondere invece a "pat gar" (quante cazzo di virgolette metto?). Io non credo che l'Altro si possa ridurre ad un semplice retaggio ideologico, l'Altro, la sua sacralità, credo possano invece essere assunti come parametro che renda chiara l'intelliggibilità dell'IO. L'Altro è fattore di vita ma di contro viene ad essere pure la metafora della morte. E' realmente possibile fuggire dall'Altro? Io non credo. Si può fuggire da uno, ma non dall'Altro, possiamo semmai confinare l'Altro, possiamo ostracizzare l'Altro ma, nella mitologia, questa sorta di fuga dall'Altro, questa sorta di occultamento ipocrita dell'Altro, non manifesta la paranoica fuga dal "nemico"? L'Altro, secondo questa accezione, non è un sintomo paranoico? E, se è la demonizzazione a generare il demonio, l'Altro da cui si vorrebbero prendere le distanze non assomiglia un po al demonio stesso? Personalmente, in molte situazioni sono dovuto fuggire ma, non so se questa strategia sia stata veramente la migliore. Ho sempre pensato di non essere stato capace di restare ma, restare a volte è pesante ed io, a volte, sono stanco. Un abbraccio... "ai senatori un po sballati, ai balordi come me...." (Temi)

pat gar. il 7/5/2003, alle ore 12 ha scritto:
alcune battute
battute: 1. la sacralità dell'Altro (che mi sembra trasparire da alcuni interventi) mi sembra un retaggio ideologico: la fuga dall'altro è talvolta salutare e necessaria 2. la sincerità è una pura e semplice astrazione, se auto attribuita: la misura è solo la percezione che ci restituisce il mondo. 3. la fuga fisica non è possibile! il cambiamento che costi ha oggi in questo spazio/tempo? non mi/ci resta che la chiusura in me/noi stesso/i come deriva dell'alienazione dell'esistere? 4 ... e molti altri, "dissipanti" dubbi... un saluto a TUTTI i senatori

Adamus il 7/5/2003, alle ore 12 ha scritto:
Qualche buco
Caro Zero, plaudo allo sfozo, ma trovo qualche buco. La tua definizione presuppone: 1. la consapevolezza dell'equilibrio 2. la consapevolezza dell'alterazione 3. la disponibilità a comunicare l'alterazione 4. la capacita' di comunicarla Ho il sospetto che nessuno di noi, se questa è la situazione, possa dirsi o essere detto sincero.

zero il 6/5/2003, alle ore 19 ha scritto:
sincerità
essere sinceri per me vuol dire lasciare trasparire le disarmonie che si creano, in un campo spazio temporale, all'interno della mente del corpo e dell'emozionalità di un individuo. Sostanzialmente: mi trovo in una detrminata situazione, l'interazione tra me e altri soggeti altera il mio equilibrio (mentale, corporeo, emozionale)comunicare tale stato di alterazione è essere sinceri. (non so' se sono stato chiaro, non avevo mai riflettuto in termini così puntuali sulla sincerità...ciao z.)

Adamus il 6/5/2003, alle ore 12 ha scritto:
Cosa e' la sincerita'?
Sulla forza il concetto mi e' piu' chiaro, ma sulla sincerita' mi areno: cosa e'?

ZERO il 5/5/2003, alle ore 16 ha scritto:
della fuga e del cambiamento
Torniamo alla necessità di cambiare, se voglio cambiare lo stile divita devo saper agire il cambiamento. L'azione nasce dall'incontro tra soggetto ed oggetto in un determinato spazio e tempo. Da un punto di vista del soggetto conflitto=sincerità, non è tanto la collisione da ricercare quanto la sincerità, la collisione o il conflitto è semplicemente il riflesso della sincerità e dell'azione individuale. tanto più si è sinceri tanto più è possibile confliggere in modo sano tanto più è possibile cambiare. l'altra abiòlità richiesta (sempre da un punto di vista soggettivo) è la fortezza nel divenire,( sono stato sincero, ma ore ora devo essere stabile per affrontare le azioni altrui in modo da trasformarmi e non fuggire o aggredire). sintetizzando: se vogliamo fermare l'impero dobbiamo cambiare il nostro stile di vita, l'attegiamento soggettivo richiesto è quello della sincerità e fortezza da agire in un campo spazio temporale determinato. (un abbraccio al ben tornato guerriero...)

Temistocle il 3/5/2003, alle ore 22 ha scritto:
Alla guerra sono..............
Ho combattuto. Ho combattuto in altri contesti contro il barbaro e, lasciatemelo dire, spartano concetto di "guerra preventiva". Ho combattuto contro coloro i quali legittimano la violenza quale mezzo appropriato per esportare la "domo-crazia" ma, non tengono in nessun conto l'autodeterminazione dei popoli. Ho combattuto ma, haimé!, temo d'aver perso. Temo che la maggior parte delle genti, dopo l'esito, scontato per altro, del conflitto irakeno, abbia trovato dei motivi in più per accreditare il concetto di guerra preventiva. Questo sintomo paranoico che ci induce ad ammazzare l'Altro preventivamente basando il nostro agire su processi intenzionali, delinea la nostra vuotezza e sematicamente descrive la nostra morte. Questa logica mi induce a pensare un uomo immerso nel nulla, in balia di se stesso che, rapportandosi al nulla diviene un nulla perché privo di sensi. Che tristezza, che infinita tristezza quest'uomo. La libertà si dice ma, dobbiamo liberarci da chi o cosa. Quello che so, è che non possiamo permetterci il lusso di liberarci dell'Altro e che la nostra libertà, se non vuol essere bieco libero arbitrio, è libertà di accettare le differenze, libertà di comunicare con l'altro differente, la libertà è coraggio di accettare il conflitto. Con la guerra, l'uomo ammazzerà l'uomo e, in questa equazione surreale a somma zero, l'uomo decreterà la propria fine. Scusate se ho debordato dall'argomento in questione e.... grazie per l'appello voce evocante.

appello il 30/4/2003, alle ore 18 ha scritto:
temistocle dove sei?
temistocle dove sei?

Adamus il 25/4/2003, alle ore 16 ha scritto:
Stile di vita
Credi che le vie di fuga siano due. L'emigrazione in un'isola lontana, o il cambiamento qui ed ora dello stile divita. Ripensando alla famiglia, alla scuola, alla casa, alla lavoro, ai comnsumi: i maggiori strumenti di ricatto dell'Impero. Se riusciamo a liberarci dei vacchi modi di pensare a queste cose, possiamo apirare alla liberta'.

zero il 24/4/2003, alle ore 18 ha scritto:
fughe
torno alle fughe osservando, prima di tutte, la mia risposta,in essa parto dall'assunto che fuggire in senso fisico non sia possibile, e questo mi fa riflettere, suppongo che il grande lavoro mediatico fatto sulla globalizzazione mi porti ad immaginare un modo cmpletamente controllato e in cui non è più possibile nascondersi, isolarsi, sceglier di essere fuori ma questo è realmente cosi'? In ogni modo, almeno per il momento, scielgo di rimaner dentro, ciò che più mi opprime è il peso di una società (colettività di menti) che non hanno scielto di approfondire le potenzialità evolutive che si nascondo in loro, trovo questo rimanr indietro estremamente pesante, una zavorra, tanto più che a causa della totale dipendenza che il nostro tipo di società richiede. Bisogna farsi carico del peso e continuare a portarlo?

pat gar. il 22/4/2003, alle ore 17 ha scritto:
Adamus, il primo che tentò la fuga....
Vie di fuga significa cercare un altrove....ma io oggi fatico a vederlo! Preferisco cercare luoghi di autonomia di pensiero come questo (forum): discutere amabilmente con chi ne ha voglia! Ma provandoci (sullo stimolo della "fuga"): - muoversi, nomadi individui, che incontrano altri individui nomadi (la moltitudine? forse, ma non quella di Negri) - la riduzione della collusività e cioè meno consumi e meno vizi borghesi! - (continua tu...) ...alla prossima! un saluto! pg

zero il 18/4/2003, alle ore 11 ha scritto:
emozione
mi emoziona pensare possibili ed alternative strategie di convivenza, vie di fughe, in una parola possibilità, per "girare la frittata" intuire una via luminisa che ci guidi oltre quello che l'occidente, con meriti e demeriti, ha cristallizato nella scienza, nella filosofia e nel sentir comune....agire e non solo pensare a queste possibilità mostra, almeno per me per me, un'enorme complessità. Una via interessante è quella di aprirci sempre più alle culture altre (oriente ed islam) senza smettere di sviluppare le linee guide di pensiero dell'occidente. Penso che un ruolo fondamentale (come già dice Spaltro) sia da affidare all'arte si ponga come sensibile connettore estitico flessibile e mobile capace di unire e far dialogare scienze più "forti".L'arte unita alla capacità di conflitto possono essere delle interessanti piste da indagare. ciao e grazie

Adamus il 17/4/2003, alle ore 17 ha scritto:
Bravo Pat
Concordo. Ma dovremmo iniziare a domandarci quali vie di fuga abbiamo di fronte al crescente Impero d'Occidente

pat garrett il 16/4/2003, alle ore 11 ha scritto:
capitale materiale o sociale?
rieccoci! a me sembra che in questa guerra ciò che conta sia più il capitale (ismo) umano che quello materiale. l'occupazione della terra mesopotamica è sostanzialmente un'esperimento di biopolitica: soggioghiamo i corpi degli uomini e delle donne irakene alla volontà di potenza dell'immaginario occidentale. la messa in scena del rovesciamento del tiranno in nome della democrazia non è altro che un fenomeno mediatico. l'interesse occidentale (anglo-amerikano, ma dopo il voto di ieri al parlamento, anche italiano)è di creare una grande riserva indiana, senza diritti autoctoni, colma di doveri di gratitudine e devozione. grazie per l'attenzione...

zero il 14/4/2003, alle ore 9 ha scritto:
son contento!
ciao adamus son contento che non siate tutti spariti! non ho scritto poichè non ho ricevuto feedback dopo il mio ultimo intervento, spero comunque che il fuorum si "ripigli" in fretta... anche perchè cominciava ad essere realmente interessante. Sulla guerra ...che dire......finch'è l'uomo non si conoscerà meglio non potrà far altro che inseguire fantasmi ed soprattutto interessi materiali. ciao

Adamus il 12/4/2003, alle ore 2 ha scritto:
Interrogativo
Siamo stati tutti col fiato sospeso per la guerra? Come si spiega altrimenti questo silenzio?

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