Gli Italiani si sono già espressi in merito alla privatizzazione della tv di Stato. Nel 1995, infatti, fra i tredici referendum promossi dai Radicali vi era un quesito che chiedeva l’abrogazione dell’art. 2, comma 2, della legge 6 agosto 1990, n. 223, recante
“Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato”, limitatamente alle parole “a totale partecipazione pubblica”, e dell’art. 1 del decreto legge 19 ottobre 1992, n. 408, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 1992, n. 483, recante “Disposizioni
urgenti in materia di pubblicità radiotelevisiva”. Il quorum venne raggiunto con il 57,4% dei votanti e i favorevoli furono il 55%.
Ma, come per altri referendum il cui risultato non venne “gradito” – si ricordi, ad esempio, quello riguardante l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti – la classe dirigente fece spallucce e non avviò mai il processo di privatizzazione della RAI. Era impossibile, infatti, che la politica accettasse di buon grado il verdetto popolare e rinunciasse alla sua colonia prediletta, nonché ripostiglio di raccomandati e casa di riposo per manager incapaci. (Fonte)