Talent e people show: la tv del risparmio

C’era un tempo in cui la tv faceva spettacoli con attori veri, cantanti veri, ballerini veri. I professionisti facevano gli shows ed i telespettatori li ammiravano. Poi è arrivata la tv del risparmio. Gli spettacoli con professionisti costavano troppo, quindi sono nati i people shows e i talent shows.

Si prendono una decina di disoccupati, meglio se burini e meglio se con qualche fanciulla disinibita; oppure una ventina di minorenni con genitori assatanati; oppure un gruppo di aspiranti artisti; oppure una decina di relitti abbandonati in trasmissioni precedenti e voilà: il gioco (lo show) è fatto. Il vantaggio è che tutti vengono pagati con con una ciotola di riso e la promessa che diventeranno stars. Naturalmente, si risparmia anche sui testi. Non servono scrittori, romazieri, parolieri: gli “attori” si affidano all’ italiano dialettale (perlopiù romanesco) che usano tutti i giorni.

Le storie sono tutte inventate ma vengono spacciate come vere, a differenza di quelle artistiche che sono tutte sostanzialmente vere ma vengono dichiarate come “invenzioni”. Come tutte le storie inventate, si basano su questioni sempre identiche: competizione, gelosia, lotta, peccato, perdono, agnizione. Ma mentre nelle storie d’arte vera le trame narrative si svolgono sempre in scenari diversi, nei talents o people show i contesti sono sempre gli stessi. La gara, con il tormentone sforzo-giudizio-promozione o bocciatura, e strascichi sempre identici Oppure la confessione, con urla, pianti, abbracci. Cambiano le facce ma le frasi sono sempre le stesse. Sono emozionato ma felice di essere qui; la giuria o il pubblico sono meravigliosi; non credevo di farcela; ho coronato il mio sogno (nei Talent shows). Invece nei people shows: ti ho abbandonato o tradito…perdonami; non sei vera…io sono vero!; cerco il padre che mi abbandonato o il fidanzatino di 50 anni fa.